caratteri e funzioni del diritto penale
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Caratteristiche e funzioni del diritto penale

Caratteristiche del diritto penale

Il diritto penale è la branca del diritto pubblico che disciplina i fatti che costituiscono reato.

Per reato si intende ogni fatto umano alla cui realizzazione la legge riconnette sanzioni penali.

Costituiscono sanzioni penali nell’ordinamento vigente:

  • la pena
  • le misure di sicurezza.

Entrambe tendono al duplice obiettivo:

  • di difendere la società dal delitto
  • di risocializzare il delinquente.

Nei moderni ordinamenti il reato ruota attorno a tre principi cardine:

  • principio di materialità: non può esserci reato se la volontà criminosa non si materializza in un comportamento esterno;
  • principio di necessaria lesività o offensività: ai fini della sussistenza di un reato è necessario che il comportamento incriminato leda o ponga in pericolo beni giuridici. Pertanto, non basta la realizzazione di un comportamento materiale;
  • principio di colpevolezza: un fatto materiale lesivo di beni giuridici, può essere penalmente attribuito all’autore solo a condizione che gli si possa muovere un rimprovero per averlo commesso.

La necessità di ricorrere al diritto penale come strumento di tutela si spiega sulla base del fatto che i mezzi di protezione predisposti dagli altri settori dell’ordinamento non risultano sempre idonei a prevenire la commissione di fatti socialmente dannosi. Il ricorso alla sanzione penale per eccellenza (ovvero quella detentiva), infatti, ha una capacità unica di prevenzione del reato.

La sanzione penale ha diverse funzioni:

  • preventiva: si distingue tra prevenzione generale (la minaccia della sanzione distoglie la generalità dei consociati dal commettere reati) e prevenzione speciale (la concreta inflizione della pena mira ad impedire che il singolo autore del reato ne commetta di ulteriori);
  • di protezione dei beni giuridici: considerati, in ragione della loro importanza, meritevoli della massima protezione.

Proprio perché il diritto penale si avvale dell’inflizione delle sanzioni più drastiche, legislatore e giudice devono “utilizzarlo” in modo ponderato, vale a dire circoscritto alla salvaguardia dei beni fondamentali della vita in comune. In questo senso si discorre di diritto penale come extrema ratio.

Funzioni di tutela del diritto penale: la protezione dei beni giuridici

La definizione del concetto di bene giuridico è complessa.

Di recente la dottrina pone l’accento sul carattere dinamico del bene giuridico. Il bene giuridico non equivale semplicemente ad una cosa o a un interesse dotato di valore in sé stesso; nella realtà i beni giuridici esistono soltanto se e nella misura in cui sono “in funzione”, cioè generano effetti utili nella vita sociale. In quest’ottica assurge a bene giuridico soltanto quell’interesse idoneo a realizzare un determinato scopo utile per il sistema sociale. Resta comunque difficile individuarli.

L’idea della protezione dei beni giuridici quale funzione del diritto penale ha ascendenza illuministica. Nel Settecento, per la prima volta, si manifesta l’idea che il diritto penale non debba avere come scopo la realizzazione di una giustizia ultraterrena, quanto piuttosto la garanzia di una convivenza pacifica e la conseguente tutela di quegli interessi che ne sono le basi. Questa visione circoscrive il ricorso al diritto penale solo ai casi di stretta necessità; quando invece si tratta di beni o interessi di dubbia consistenza, il ricorso alla sanzione punitiva sarebbe sproporzionato per eccesso e, quindi, dovrebbero piuttosto intervenire tecniche di tutela di carattere extra-penale.

Teorie sui beni giuridici

La paternità del concetto di bene giuridico è attribuita al giurista tedesco Birnbaum. Egli inquadrava il reato come una violazione di un diritto soggettivo. In base a quest’ultima, restavano infatti esclusi dalla tutela beni di particolare rango non riconducibili al paradigma del diritto soggettivo.

Però l’originaria teorizzazione del bene giuridico da parte di Birnbaum era particolarmente inclusiva e finiva col riconoscere un catalogo più ampio di legittimi oggetti della tutela penale (ad esempio anche la moralità pubblica e il sentimento religioso).

La preoccupazione di dare al bene giuridico una definizione tale da limitare la potestà punitiva dello Stato, emerge a fine Ottocento. Von Liszt propone quindi un concetto materiale di bene giuridico fondato su interessi preesistenti alla valutazione del legislatore, come tali idonei a garantire la corrispondenza tra realtà sociale e disciplina normativa.

Il contenuto antisociale dell’illecito prescinde dalla valutazione del legislatore.

Arturo Rocco prova avversione per i tentativi di prospettare nozioni pregiuridiche o materiali di bene giuridico; egli ritiene che la determinazione del concetto di bene giuridico non può prescindere dalle valutazioni normative già compiute dal legislatore, per cui il concetto di bene finisce col coincidere con l’oggetto di tutela di una norma penale già emanata.

La concezione di bene giuridico diviene formale e finisce per spogliarsi di ogni referente pregiuridico, ciò significa che la teoria del bene perde ogni funzione critica di limite al potere punitivo dello Stato. Essa rinuncia a ricercare contenuti materiali o ideali, tali da poter essere assunti a criteri potenzialmente vincolanti per le scelte di tutela compiute dal legislatore.

Il processo di formalizzazione viene portato alle estreme conseguenze da nuovi orientamenti come la concezione metodologica, originariamente elaborata dalla dottrina tedesca negli anni Trenta e riproposta nella dottrina italiana in anni ancora recenti. Essa conferma l’indifferenza per il sostrato materiale del bene giuridico e contesta inoltre il ruolo centrale del bene giuridico nella configurazione della fattispecie incriminatrice, sottolineando come assumano una importanza non minore altri elementi come le modalità della condotta aggressiva, le caratteristiche dell’elemento soggettivo, i motivi per delinquere.

Questa concezione finisce con l’identificare il bene giuridico oggetto di protezione con la ratio legis, cioè lo scopo della norma penale, identificabile attraverso un’attenta attività interpretativa. Dunque bene giuridico non è la realtà preesistente alla norma, ma si riduce al risultato di una interpretazione di scopo. Qualsiasi motivazione liberamente assunta dal legislatore basta quindi a giustificare la protezione penale stessa.

L’orientamento nazionalsocialista cancella la teoria del bene giuridico. Al centro del reato assurge la violazione del dovere di fedeltà nei confronti dello Stato etico. Il diritto penale viene rivisto come strumento volto a garantire il rispetto da parte dei cittadini dell’obbligo di fedeltà allo Stato, impersonato dal Fuhrer.

Il criterio che consente di determinare la dannosità criminale dei comportamenti punibili diventa il “sano sentimento popolare”: c’è in questo senso una tendenza a confondere la sfera del diritto con quella dell’etica.

Antolisei sostiene che il diritto penale non dovrebbe limitarsi alla conservazione dei beni preesistenti, ma dovrebbe modificare la coscienza del popolo allo scopo di conseguire determinate finalità nazionali. Tale assunto propone una concezione “propulsiva” del diritto penale nel contesto di un’ideologia autoritaria di ispirazione illiberale, incompatibile con i principi dell’odierno Stato democratico.

L’idea della protezione di beni giuridici come obiettivo del diritto penale si riafferma in Italia e Germania tra gli anni Sessanta e Settanta, con la riaffermazione degli ordinamenti liberaldemocratici. Il diritto penale deve essere laico. Si attaccano tutte quelle fattispecie che tradiscono un’impostazione di tipo etico, come omosessualità e blasfemia. Assurge a bene giuridico soltanto l’entità materiale concretamente ledibile.

Si tratta di un criterio troppo generico, incapace di orientare in una selezione certa degli oggetti tutelabili. Di qui l’esigenza di elaborarne altri.

…e l’intervento della Costituzione

Per la dottrina successiva, nuovo riferimento nella scelta di ciò che può legittimamente costituire reato diviene la Costituzione. Nasce così la teoria costituzionalmente orientata del bene giuridico, che persegue l’obiettivo di elaborare un concetto di bene giuridico che preesista alla valutazione del legislatore ordinario.

Questa teoria muove da una rilettura delle norme costituzionali in materia penale:

  • il principio di riserva di legge (art 25, 1 comma);
  • il principio della responsabilità personale in materia penale (art 27, 1 comma);
  • la funzione rieducativa della pena (art 27, 3 comma);
  • il carattere inviolabile della libertà personale (art 13), che riprova come l’uso della coercizione penale vada limitato ai soli casi in cui il ricorso alla restrizione sia inevitabile.

Il ricorso alla pena è giustificato solo se volto a tutelare beni socialmente apprezzabili dotati di rilevanza costituzionale.

Possono beneficiare di tutela penale anche i beni che sono solo implicitamente riconosciuti dalla Costituzione, ma rientrano nel sistema di valori delineato dalla Stessa (come la pietà verso i defunti) o beni la cui tutela è prodromica alla tutela di beni costituzionalmente rilevanti.

Risulta di conseguenza ammissibile la tutela di beni di nuova emersione (come la tutela dell’ambiente).

In ogni caso va precisato che i beni costituzionalmente rilevanti possono ma non devono essere puniti penalmente. La scelta del se e come punire spetta poi in ultima analisi al legislatore e risulta poi condizionata da ulteriori fattori, quali il criterio di sussidiarietà e il criterio di meritevolezza della pena.

La teoria costituzionalmente orientata del bene giuridico non trova completa rispondenza nel nostro ordinamento. Non sempre le fattispecie esistenti sono poste a tutela di un bene sufficientemente definito e non sempre le tecniche di tutela adottate sono conformi ai principi costituzionali.

Esistono infatti figure di reati cosiddetti “senza bene giuridico” o “senza vittima”. Sono una categoria di illeciti penali nei quali non è riscontrabile la tutela di un interesse o valore preesistente all’intervento del legislatore penale. Si tratta di una categoria generalissima in cui vengono accomunati tipi di reato che sollevano però problematiche non omogenee:

  • reati attinenti alla sfera etica: è controverso se il diritto penale debba salvaguardare valori concernenti la sfera etica la cui violazione non comporti tangibili danni sociali, diversi dall’offesa alla morale corrente (es. pornografia);
  • reati omissivi propri, che consistono nell’inosservanza di un obbligo di condotta e che presentano spesso problemi relativi all’individuazione del bene giuridico tutelato, specie quando finalizzati a promuovere l’acquisizione di un bene futuro non ancora venuto ad esistenza, invece che a salvaguardare un interesse preesistente.

Vi sono poi teorie incriminatrici costituzionalmente dubbie; sollevano problemi di costituzionalità le seguenti tipologie di reato:

  • reati di sospetto: fattispecie che dissente maggiormente dal principio di offensività. Riguardano comportamenti di per sé non lesivi né pericolosi, la cui repressione ha una giustificazione accentuatamente preventiva (poiché fa solo presumere una successiva commissione di reato). Ne sono un esempio il possesso ingiustificato di chiavi alterate o grimaldelli;
  • reati ostativi, che riguardano condotte prodromiche rispetto alla realizzazione dei comportamenti che effettivamente ledono o pongono in pericolo il bene protetto. Si parla di delitti-ostacolo in quanto funzione della norma è di frapporre un impedimento al compimento dei fatti concretamente offensivi (es. possesso di sostanze stupefacenti quale momento prodromico dello spaccio);
  • reati di pericolo presunto (in senso stretto), puniscono fatti che secondo una regola di esperienza è presumibile provochino una messa in pericolo del bene protetto. Può tuttavia accadere in questi casi che si puniscano fatti concretamente non pericolosi;
  • delitti di attentato: figura di reato tipica del diritto penale politico, colpisce gli atti preparatori di condotte destinate ad offendere interessi attinenti alla personalità dello Stato;
  • reati a dolo specifico con condotta neutra, che riguardano condotte di per sé non costituenti reato o anzi addirittura riferibili all’esercizio di un diritto, che assumono rilevanza penale se accompagnate da un fine specifico (es. associazione a fine di eversione).

La teoria costituzionalmente orientata del bene giuridico ha una funzione direttiva, suggerendo al legislatore dei criteri, come il fine di circoscrivere l’area del penalmente rilevante.

Gli orientamenti teorici più recenti tendono a ridimensionare il ruolo del bene giuridico.

Welzel sostiene che la tutela dei beni giuridici sia solo un fine indiretto del diritto penale, il cui obiettivo primario è formare i cittadini da un punto di vista etico-sociale, predisponendoli all’osservanza delle leggi (la protezione dei beni giuridici sarebbe un obiettivo indiretto, incluso nello scopo primario).

Nuovi contributi vengono dal campo della sociologia.

Amelung ad esempio ha riproposto la teoria sociologica, dottrina della dannosità sociale di ascendenza illuministica, definendo il reato come fenomeno che ostacola il funzionamento del sistema sociale. Il reato come un fatto socialmente dannoso, più che un fatto lesivo di un bene giuridico.

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Riferimenti:

  • Giovanni Fiandaca, Enzo Musco, Diritto penale Parte generale, Zanichelli ottava edizione.

Fonti normative:

  • artt. 13, 25, 27,  Cost.