La prima formazione sociale nelle quali l’uomo svolge la sua personalità è rappresentata dalla famiglia. Essa riveste particolare importanza nel nostro ordinamento; in effetti costituisce la più antica forma di società naturale, cioè preesistente allo Stato. Dunque la famiglia è il luogo delle manifestazioni primarie delle relazioni umane, quelle tra uomo e donna e tra genitori e figli.
Attraverso la famiglia la società si propaga e continua, non solo dal punto di vista biologico ma anche culturale. È chiaro, quindi, che l’assetto sociale e normativo della famiglia non è assoluto e invariabile, ma, al contrario, risente, nelle varie società ed epoche, delle evoluzioni e dei mutamenti della cultura, della morale e del costume.
Molte, infatti, sono state le trasformazioni che hanno caratterizzato la famiglia: l’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, l’equiparazione tra figli legittimi e naturali, la legge sul divorzio, l’apertura alle unioni civili.
In particolare, in questo nuovo articolo di Ripetiamo Diritto, ci occuperemo della differenza tra famiglia legittima, ovvero fondata sul matrimonio, e famiglia di fatto, fondata invece sulla convivenza more uxorio. Cominciamo a prendere dimestichezza con alcune espressioni latine e, ancora, ci occuperemo di quelli che sono i diritti riconosciuti a questi “modelli” familiari.
Che cos’è la famiglia legittima?
La famiglia legittima è la famiglia che si costituisce a seguito del matrimonio. Se il Codice Civile non definisce la famiglia, la Costituzione si limita ad affermare, ex art. 29, primo comma, che “la Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio”. Questo a conferma di quanto suddetto, ovvero che la famiglia è la prima formazione sociale antecedente allo Stato, con diritti che devono essere da quest’ultimo riconosciuti e tutelati.
Quindi, la famiglia legittima è una formazione sociale che ha a suo fondamento il matrimonio e che presenta i caratteri della esclusività, stabilità e responsabilità.
Elemento fondamentale è, appunto, la celebrazione del matrimonio, inteso sia come atto dal quale ha origine la comunione spirituale e materiale fra i coniugi e da cui derivano i reciproci obblighi di dedizione e sostegno, sia come rapporto che unisce moglie e marito nella realizzazione della vita insieme.
Oggi, la famiglia è una comunità aperta che si modella a seconda della realtà di riferimento, ecco che alla famiglia legittima si affianca la famiglia di fatto. Vediamo insieme di cosa si tratta.
Che cosa si intende per famiglia di fatto?
La famiglia di fatto è la famiglia costituita da persone di sesso diverso che convivono more uxorio, cioè “secondo il costume matrimoniale”. In altri termini, qui niente “fiori d’arancio”, ma una convivenza stabile, un vero e proprio progetto di vita insieme, tra persone diverse nel rispetto dei diritti e doveri coniugali.
Nel corso degli anni il fenomeno ha assunto un’enorme diffusione, per questo, dottrina e giurisprudenza molto hanno dibattuto sulla rilevanza giuridica e sull’inquadramento da dare a questo “modello” familiare, soprattutto perché manca una esplicita e completa regolamentazione dello stesso.
Mancando il matrimonio, che consentirebbe di qualificare giuridicamente questa stabile convivenza, la famiglia di fatto viene ricondotta alle formazioni sociali tutelate dall’art. 2 della Costituzione.
Quattro sono i requisiti necessari affinché si possa parlare di famiglia di fatto:
- convivenza qualificata, cioè volta a realizzare una comunanza di vita materiale e spirituale;
- riconoscimento sociale della coppia come famiglia;
- serietà d’intenti e stabilità della relazione affettiva;
- mancanza di un atto di matrimonio.
Rilevanza giuridica famiglia di fatto, quali aspetti?
Dunque, in ordine alla rilevanza giuridica della famiglia di fatto, dobbiamo considerare tre aspetti:
- tra i conviventi di fatto non sussistono diritti e doveri reciproci alla coabitazione, all’assistenza morale e materiale, alla fedeltà; quanto alla reciproca assistenza materiale, essa è considerata adempimento di un’obbligazione naturale, quindi è giustificata da un dovere morale o sociale;
- riguardo i rapporti tra genitori e figli è dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio (art. 30, comma 1, Costituzione). Tali rapporti sono dunque equiparati a quelli sussistenti nella famiglia legittima;
- secondo la Cassazione, il familiare di fatto ha diritto al risarcimento dei danni morali e materiali nei confronti del terzo che illecitamente abbia cagionato la morte del convivente.
Dal 5 giugno 2016 le coppie non sposate ricevono tutela giuridica e il dovuto riconoscimento. Ci si riferisce, più precisamente, alla legge 76/2016 cd. legge Cirinnà. Le coppie non sposate, hanno, così, potuto definire in modo più dettagliato la loro convivenza contemplando tutti gli aspetti che la riguardano.
Questa legge è importante perché nella famiglia di fatto, mancando un legame matrimoniale, non sussistono i diritti e obblighi reciproci che ritroviamo invece tra marito e moglie, previsti e disciplinati dal Libro I del Codice Civile.
Che diritti ha una coppia di fatto?
La generale diffusione della convivenza ha fatto sì che le relazioni more uxorio raggiungessero, nel corso del tempo, un progressivo riconoscimento giuridico. In effetti, il legislatore con la l. 76/2016 è intervenuto anche per disciplinare in modo più organico le convivenze di fatto.
Bisogna però escludere una completa equiparazione tra coppie conviventi e famiglie legittime.
Secondo la legge Cirinnà sono conviventi di fatto: due persone maggiorenni – dello stesso sesso o di sesso diverso – unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile.
Presupposto necessario affinché la convivenza di fatto produca i suoi effetti e venga riconosciuta e tutelata in quanto tale è che i conviventi decidano di formalizzare tale unione. Questo avverrà attraverso un’autocertificazione in carta libera, presentata presso il Comune di residenza della coppia, nella quale le parti dichiarano di convivere stabilmente sotto lo stesso tetto.
Il Comune, verificate le dichiarazioni delle parti, rilascerà il certificato di residenza e lo stato di famiglia.
Quanto detto fa sì che per l’ordinamento giuridico nasca un nucleo familiare che, indipendentemente dal matrimonio, è reputato meritevole di tutela.
Per quanto riguarda i rapporti patrimoniali tra conviventi, la nuova disciplina si fonda sulla figura del contratto di convivenza.
Tale contratto deve essere stipulato, a pena di nullità, con atto pubblico o scrittura privata con sottoscrizione autenticata da un notaio o da un avvocato che ne attestano la conformità alle norme imperative a all’ordine pubblico ( comma 51 l. 76/2016). Il professionista, entro i successivi dieci giorni, dovrà trasmettere copia dell’atto al comune di residenza dei conviventi per l’iscrizione all’anagrafe (comma 52 l. 76/2016).
Diritti dei conviventi di fatto, cosa dice la legge 76/2016
Alla luce di quanto dispone la legge Cirinnà, di seguito alcuni dei diritti dei conviventi di fatto:
- la possibilità di fare visita al partner in carcere;
- il diritto di visita, assistenza e di accesso alle informazioni personali in caso di malattia o ricovero;
- ciascun convivente di fatto può nominare l’altro come proprio rappresentante in caso di malattia che provochi incapacità di intendere e di volere, per le decisioni in merito alla salute e inoltre in caso di morte, per la donazione di organi, le procedure di trattamento del corpo e le celebrazioni funerarie;
- il diritto, per il convivente di fatto superstite, di abitazione per due anni o per un periodo pari alla durata della convivenza se superiore a due anni, fino ad un massimo di cinque, in caso di morte del proprietario della casa di comune residenza;
- la possibilità di essere nominato tutore, curatore o amministratore di sostegno, se l’altro convivente di fatto viene interdetto o inabilitato;
- gli alimenti, in caso di cessazione della convivenza di fatto, per il convivente che versi in stato di bisogno e non sia in grado di provvedere al proprio mantenimento.
Però, il convivente di fatto non gode di alcun diritto successorio ex lege. Di conseguenza, il convivente che voglia garantire al partner diritti successori dovrà provvedere mediante testamento, ovviamente nel rispetto dei diritti riservati ai legittimari.