diritto pubblico e diritto privato. norme cogenti e derogabili
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Diritto pubblico e diritto privato. Norme cogenti e norme derogabili

Diritto pubblico e diritto privato

Una distinzione tradizionale e fondamentale è quella tra diritto pubblico e diritto privato.

Il primo definisce l’organizzazione dello Stato e degli altri enti pubblici, specifica la loro azione nell’interesse della collettività e impone ai cittadini un comportamento a cui sono tenuti per rispettare la vita collettiva.

Tale diritto riguarda l’esplicazione di pubblici poteri: individua gli organi competenti al loro esercizio, le modalità, la posizione e le tutele dei privati di fronte agli atti di esercizio di poteri pubblici. Si articola nel diritto costituzionale, amministrativo (che regola organizzazione, attività e procedimenti della Pubblica Amministrazione), penale, tributario, ecc.

Il diritto privato, d’altra parte, delinea le relazioni interindividuali, sia dei singoli che degli enti privati (come le società) e lascia alla iniziativa personale l’attuazione delle disposizioni e l’esercizio dei diritti che ne scaturiscono.

Esso è quella parte dell’ordinamento che ha delle norme attraverso cui il singolo, individuo o ente, non si viene a trovare in situazioni di soggezione di fronte ad un potere pubblico, che è dotato di strumenti di supremazia, ma opera su un piano di eguaglianza con gli altri soggetti.

La linea di demarcazione tra diritto pubblico e diritto privato è variabile; lo Stato può avocare a sé le funzioni prima lasciate ai privati (come la scuola, gli ospedali) e può sanzionare penalmente comportamenti un tempo considerati di mero interesse privato (ad es. mettendo limiti all’azione delle imprese).

La contrapposizione, oltre che variabile, è anche spesso incerta; alcuni enti pubblici (come le banche e le assicurazioni) possono svolgere attività di diritto privato in concorrenza con aziende private; per altro verso alcuni soggetti privati possono essere concessionari di servizi pubblici (come le ferrovie). Infine, lo Stato o altri enti pubblici possono avere il controllo di società di diritto privato come azionisti di maggioranza.

Quindi, non tutto ciò che riguarda soggetti pubblici, beni pubblici, attività pubbliche, appartiene al diritto pubblico; i soggetti pubblici possono operare anche iure privatorum (come una Università statale che stipula un contratto di locazione di diritto privato per assicurarsi la disponibilità di maggiori spazi). Anche sui beni pubblici possono talvolta crearsi rapporti di diritto privato (un Comune può concedere a privati l’uso di una propria sala).

E ancora, gli enti pubblici possono perseguire finalità di pubblico interesse (come l’erogazione di energia e la raccolta dei rifiuti) per il tramite di società per azioni di diritto privato, sia con la partecipazione di altri enti pubblici, sia unitamente a soggetti privati (c.d. società miste).

Infine, po’ accadere che uno stesso fatto è disciplinato sia da norme di diritto privato che da norme di diritto pubblico: l’investimento di un pedone fa scattare sia la responsabilità penale per lesioni colpose (art. 590 c.p.), sia quella amministrativa (es.: sospensione della patente di guida), sia la sanzione civile del risarcimento del danno (art. 2043 c.c.).

Con riferimento a tutte queste situazioni la tradizionale bipartizione diventerebbe priva di significato.

 Norme cogenti e norme derogabili

Le norme di diritto privato si distinguono in derogabili (o dispositive) e inderogabili (o cogenti).

Sono inderogabili o cogenti le norme la cui applicazione è imposta dall’ordinamento a prescindere dalla volontà dei singoli; derogabili o dispositive le norme la cui applicazione può essere evitata attraverso un accordo degli interessati.

Vi sono poi le norme suppletive, destinate a trovare applicazione solo qualora i soggetti privati non abbiano disciplinato un aspetto del loro rapporti tra loro. Si tratta di una lacuna cui la legge sopperisce disciplinando ciò che i privati hanno lasciato privo di regolamentazione. Ad esempio, l’art. 1193, comma 1, c.c. attribuisce al debitore, che abbia più debiti nei confronti del creditore, la facoltà di dichiarare, quando paga, quale debito intende soddisfare. Qualora non proceda in tal senso interviene in via suppletiva la legge; l’art. 1193, comma 2, infatti, dispone a quale dei debiti deve essere imputato il pagamento eseguito dal debitore, proprio qualora questi non specifichi nulla.

Se non viene rispettata una norma inderogabile spetta al singolo, il cui diritto soggettivo sia stato leso, chiedere adeguata tutela, poiché non è compito degli organi pubblici far rispettare norme di diritto privato realizzando gli interessi dei singoli.

Quindi se un lavoratore subordinato abbia previamente rinunciato all’aumento di retribuzione per le ore di lavoro straordinario, la rinuncia non è valida; l’aumento gli spetta in base a una norma cogente (art. 2108 c.c.). Però solo l’interessato può decidere se denunciare l’invalidità dell’accordo e pretendere la maggior retribuzione.

Il carattere cogente di una norma risulta spesso dalla sua formulazione (es. art. 147 c.c., secondo cui “il matrimonio impone ad ambedue i coniugi l’obbligo di mantenere, istruire, educare e assistere moralmente i figli”), oppure dalla previsione della nullità dell’atto compiuto in violazione di una norma (es. l’art. 1350 c.c. impone, a pena di nullità, che gli atti di trasferimento della proprietà di beni immobili siano fatti per iscritto).

Le norme dispositive, invece, trovano applicazione solo quando le parti di un rapporto non abbiano statuito in modo diverso. Quindi tale norma si differenzia dalle cogenti perché queste trovano applicazione sempre e non possono essere derogate dalle parti.

Non sempre vi sono elementi letterali sufficientemente precisi per stabilire se una norma sia imperativa o dispositiva; in questi casi bisogna indagare quale sia la reale “essenza” della norma o la volontà del legislatore.

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Riferimenti:

  • Torrente, Schlesinger, Manuale di diritto privato, Giuffrè, XXV ed.

Fonti normative:

  • Art. 590 c.p.;
  • artt. 147, 1350, 1193, 2043, 2108 c.c.