Nel panorama giuridico la distinzione tra diritto soggettivo e interesse legittimo si rivela fondamentale per comprendere la portata della tutela offerta dall’ordinamento ai cittadini.
La principale differenza tra il diritto soggettivo e l’interesse legittimo risiede nella natura autonoma del primo, al quale lo Stato garantisce una protezione generalmente completa e immediata; l’interesse legittimo, invece, è intrinsecamente connesso all’attuazione del potere amministrativo.
Nonostante la distinzione teorica, nella pratica si assiste spesso a un intreccio tra tali situazioni giuridiche soggettive, con circostanze in cui la tutela dell’una sembra pregiudicare quella dell’altra. Pertanto, il dibattito giuridico si concentra sulla ricerca di un equilibrio dinamico, che permetta la coesistenza armonica di entrambe le figure, senza sacrificare la protezione dell’individuo né l’ordine pubblico.
Questo articolo di Ripetiamo Diritto si propone di esplorare la natura, le classificazioni e le evoluzioni di tali concetti giuridici, accennando anche alla storica sentenza n. 500 del 1999 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, che ha segnato una svolta significativa nella giurisprudenza italiana.
Diritto soggettivo: natura e tutela
Il diritto soggettivo viene tradizionalmente definito come il potere, riconosciuto e garantito dall’ordinamento giuridico, di agire per il soddisfacimento di un proprio interesse.
Si tratta di un potere esigibile nei confronti di tutti, che trova la sua massima espressione nel diritto di proprietà, considerato diritto soggettivo (assoluto) per eccellenza. Il proprietario di un bene, infatti, ha il diritto di usarne, goderne e disporne liberamente e può agire contro chiunque violi questo suo diritto.
Il diritto soggettivo, dunque, è caratterizzato da una forte connotazione di protezione dell’interesse individuale ed è diretto a garantire al titolare un potere esclusivo sull’oggetto del diritto stesso.
L’esercizio di tale diritto, anche se può tradursi in una frustrazione o in un danno agli interessi altrui, non obbliga il titolare a indennizzare le parti lese per i danni subiti a seguito di un esercizio del diritto stesso che possa qualificarsi come appropriato.
Tuttavia, serve precisare che, talune norme vietano l’esercizio improprio delle prerogative che la legge concede al titolare di un diritto soggettivo. Più precisamente, si verifica l’abuso quando il titolare del diritto si avvale delle facoltà e dei poteri che gli sono accordati per perseguire obiettivi estranei, che superano i confini dell’interesse legittimamente tutelato dalla normativa vigente.
La tutela dei diritti soggettivi, di norma, ricade sotto la competenza del giudice ordinario; solo in situazioni specificatamente previste la competenza spetta al giudice amministrativo.
Tipologie di diritti soggettivi
I diritti soggettivi si suddividono in:
- assoluti: rivolti verso tutti i consociati, sui quali incombe un generale obbligo negativo di non turbare e non violare il diritto. Inoltre, il titolare può esercitare il suo diritto senza che occorra la cooperazione di altri.
Se sono proprietario di un bene ho il potere di escludere tutti gli altri dalla facoltà di godimento e di disposizione dello stesso. In questo caso il mio diritto soggettivo si sostanzia in una pretesa rivolta verso tutti i membri della collettività, i quali saranno tenuti a non intralciare o impedire l’esercizio del mio diritto.
- Relativi: impongono a uno o più soggetti determinati di fare o non fare qualche cosa. Essi, quindi, assicurano al titolare un potere che può far valere solo nei confronti di soggetti individuati, la cui collaborazione è dunque fondamentale per la realizzazione del diritto.
Se decido di vendere il mio bene il mio diritto a ricevere il pagamento del prezzo potrà essere vantato solo nei confronti dell’acquirente; il suo comportamento è dunque indispensabile affinché io possa realizzare il mio interesse a conseguire il prezzo di vendita.
Ovviamente la soddisfazione materiale dell’interesse sotteso al diritto può essere spontanea o coattiva; in quest’ultimo caso servirà valersi dei mezzi di coercizione messi a disposizione dall’ordinamento.
Per completezza, bisogna aggiungere che, la categoria dei diritti assoluti comprende i diritti reali, i diritti della personalità e la maggior parte dei diritti di famiglia; mentre la categoria dei diritti relativi comprende prima di tutto i diritti di credito.
Interesse legittimo: evoluzione e protezione
L’interesse legittimo è un concetto più ampio che attiene ai rapporti tra cittadini e pubblici poteri. Riguarda gli interessi di un individuo che non costituiscono un diritto soggettivo, ma sono comunque meritevoli di protezione.
L’interesse legittimo può derivare da situazioni personali, professionali o sociali. Il diritto di accesso ai concorsi pubblici rappresenta un interesse legittimo, implicando l’aspettativa che l’Amministrazione Pubblica gestisca il processo selettivo con equità e integrità, un cittadino potrebbe avere un interesse legittimo al corretto funzionamento di un servizio pubblico.
Il concetto di interesse legittimo, dunque, si riferisce all’ambito delle aspettative giuridicamente tutelate in relazione all’operato della Pubblica Amministrazione.
Tale interesse non costituisce un diritto incondizionato di rivendicare prestazioni specifiche, bensì conferisce il diritto di assicurarsi che le determinazioni amministrative non pregiudichino gli interessi personali e siano conformi all’interesse collettivo, che la Pubblica Amministrazione è tenuta a salvaguardare. Pertanto, si configura come un interesse affinché l’attività amministrativa venga esercitata con la massima correttezza procedurale.
Il concetto di interesse legittimo è stato formalmente introdotto nel nostro ordinamento con l’istituzione della IV sezione del Consiglio di Stato, ma è specificamente menzionato anche in tre articoli della Costituzione italiana (24, 103 e 113) che mirano a garantire la piena dignità e protezione di tali interessi, in origine sprovvisti di tutela.
Tuttavia, nessuna di queste disposizioni, né altre norme, forniscono una definizione esplicita di interesse legittimo.
Tipologie di interessi legittimi
L’interesse legittimo è un concetto giuridico che ha subito varie elaborazioni dottrinali nel corso del tempo; tuttavia, è la Corte di Cassazione a fornirne una definizione autorevole e condivisa.
Nella nota sentenza n. 500 del 1999 si legge: “L’interesse legittimo va inteso come la posizione di vantaggio riservata ad un soggetto in relazione ad un bene della vita oggetto di un provvedimento amministrativo e consistente nell’attribuzione a tale soggetto di poteri idonei ad influire sul corretto esercizio del potere, in modo da rendere possibile la realizzazione dell’interesse al bene. In altri termini, l’interesse legittimo emerge nel momento in cui l’interesse del privato ad ottenere o a conservare un bene della vita viene a confronto con il potere amministrativo, e cioè con il potere della P.A. di soddisfare l’interesse o di sacrificarlo”.
La principale distinzione tra interessi legittimi attiene alla loro funzione. Esistono, in particolare, interessi legittimi:
- pretensivi: si riferiscono alla richiesta di un privato affinché l’Amministrazione adotti un provvedimento specifico o si comporti in un modo particolare (ad es. la richiesta di un permesso di costruire);
- oppositivi: riconoscono al privato di opporsi all’attuazione di atti e comportamenti da parte della Pubblica Amministrazione potenzialmente dannosi per la propria sfera giuridica (ad es. l’opposizione ad un esproprio).
E’ possibile ottenere il risarcimento per gli interessi legittimi lesi?
Anche la violazione di un interesse legittimo può dar luogo al risarcimento del danno previsto dall’articolo 2043 del codice civile. Questa interpretazione è stata consolidata dalla sentenza n. 500/1999 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione che ha smantellato la barriera della irrisarcibilità del danno da provvedimento illegittimo.
Le Sezioni Unite hanno stabilito che la violazione di un interesse legittimo, così come la violazione di un diritto soggettivo o di qualsiasi altro interesse tutelato dalla legge, è suscettibile di rientrare nell’ambito della responsabilità extracontrattuale ai soli effetti di classificare il danno come ingiusto.
Più precisamente, la lesione di un interesse legittimo può dar luogo a responsabilità extracontrattuale e risarcimento del danno, purché l’attività illegittima della P.A. abbia determinato la violazione dell’interesse al bene della vita al quale l’interesse legittimo si connette.
In altri termini, per ottenere il risarcimento ai sensi dell’articolo 2043 del codice civile, non basta la semplice violazione di un interesse legittimo, ma è necessario anche che tale attività illecita e colpevole da parte della Pubblica Amministrazione leda un interesse collegato a un bene della vita considerato meritevole di protezione dal nostro ordinamento.
La sentenza in esame ha certamente rappresentato una svolta nella giurisprudenza amministrativa, riconoscendo la risarcibilità dell’interesse legittimo e attenuando la netta distinzione precedentemente esistente con i diritti soggettivi.