Nell’ambito dell’ordinamento giuridico italiano il giudice ordinario ha giurisdizione, di regola, soltanto sui diritti soggettivi, mentre il giudice amministrativo ha giurisdizione, di regola, soltanto sugli interessi legittimi.
La distinzione delle due giurisdizioni, ordinaria e amministrativa, è riconosciuta a livello costituzionale.
Anzitutto, la Costituzione garantisce la tutela delle due situazioni giuridiche soggettive: ex art. 24, co. 1, Cost. (Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi), nonché art. 113, co. 1, Cost. (Tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi). Inoltre, l’art. 103 Cost. dispone che “il Consiglio di Stato e gli altri organi di giustizia amministrativa hanno giurisdizione per la tutela nei confronti della pubica amministrazione degli interessi legittimi e, in particolari materie indicate dalla legge, anche dei diritti soggettivi“.
Pertanto, anche in Costituzione, è possibile affermare che il doppio binario della giurisdizione si basa sulla natura della posizione soggettiva lesa.
Gli interessi superindividuali
Le situazioni giuridiche soggettive possono assumere anche una dimensione super-individuale, cioè possono fare capo a più individui, addirittura ad ampie collettività.
Un importantissimo riferimento normativo di portata generale a favore dei gruppi, delle collettività, dei rapporti solidaristici, è contenuto nell’art. 2 Cost., che riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali.
È nota l’emersione, sempre più consistente negli ultimi anni, di interessi di gruppi e di collettività: quelli rappresentati dai partiti e dai sindacati, quelli rappresentati dagli enti locali, quelli di associazioni di tutela ambientale e di tutela dei consumatori e degli utenti. Sono emersi anche interessi ultra individuali rappresentati da aggregati di difficile collocazione sistematica, quali le associazioni di inquilini e di genitori, i circoli giovanili, i comitati di quartiere, ecc.
Per garantire una tutela appropriata a questi interessi, vengono qualificati come situazioni giuridiche soggettive assimilabili all’interesse legittimo, rendendoli così suscettibili delle medesime forme di tutela giuridica.
In tal senso nell’ambito degli interessi superindividuali, viene posta di regola una sotto distinzione tra interessi diffusi e interessi collettivi.
Gli interessi diffusi
Gli interessi diffusi rappresentano una particolare situazione giuridica soggettiva attiva che si caratterizza per essere comune a tutti i membri della collettività e sono definiti come interessi adespoti in quanto privi di un titolare esclusivo.
Pertanto, tali interessi sono riferibili ad una pluralità indeterminata di soggetti, non costituenti una ben determinata categoria o un gruppo omogeneo, ancora non organizzati (questa caratteristica li differenzia dagli interessi collettivi).
Il fenomeno dell’emersione degli interessi diffusi è collegato principalmente allo sviluppo della civiltà industriale. Si pensi ai beni relativi alla “qualità della vita” lesi dall’inquinamento dell’aria, delle acque, dalle frodi alimentari e farmacologiche, dalla deturpazione del paesaggio.
In ordine agli interessi diffusi il Consiglio di Stato con sentenza del 20 febbraio 2020 ha affermato che la protezione degli interessi diffusi non consentita in via teorica a causa della mancata sussistenza del requisito della differenziazione che tradizionalmente qualifica la posizione giuridica di interesse legittimo, è stata sin dagli anni ’70 assicurata attraverso il riconoscimento dell’esistenza di un interesse legittimo di natura collettiva imputabile ad un ente che, in forza del possesso di alcuni requisiti individuati in via giurisprudenziale (effettiva rappresentatività, finalità statutaria, stabilità e non occasionalità, in taluni casi collegamento con il territorio) diviene idoneo ad assumerne la titolarità.
Gli interessi collettivi
Gli interessi collettivi raffigurano le esigenze e le aspirazioni condivise dai membri di una specifica categoria, gruppo, ordine professionale, o che sono rappresentati da entità pubbliche come Comuni o Province.
L’interesse collettivo fa capo ad un ente esponenziale di un gruppo non occasionale.
Questo gruppo può avere la più varia natura giuridica: da associazioni private riconosciute, cioè dotate di personalità giuridica ad associazioni private non riconosciute, cioè prive di personalità giuridica.
In questa categoria rientrano anche i partiti e i sindacati; tuttavia è sempre un gruppo precisamente individuabile.
La tutela giudiziale degli interessi diffusi e la disciplina della class action
Il D. Lgs. 20-12-2009, n. 198, in materia di ricorso per l’efficienza delle amministrazioni e dei concessionari di servizi pubblici, ha dato una svolta incisiva alla tutela degli interessi diffusi attraverso un’azione collettiva (class action).
Con questa nuova azione si concretizza la soddisfazione della pretesa avanzata da uno o più cittadini al promovimento di un controllo esterno di tipo giudiziale sul rispetto, da parte delle pubbliche amministrazioni, degli standard (di qualità, di economicità, di tempestività) loro imposti.
La legge prevede che sono legittimati ad agire in giudizio nei confronti delle P.A. e dei concessionari di servizi pubblici, i titolari di interessi giuridicamente rilevanti ed omogenei per una pluralità di utenti e consumatori (o le associazioni o comitati dei consumatori a tutela degli interessi del propri associati) in caso di una lesione diretta, concreta ed attuale dei propri interessi derivante dalla:
- violazione di termini o mancata emanazione di atti amministrativi generali obbligatori e non aventi contenuto normativo;
- violazione degli obblighi contenuti nelle carte di servizi ovvero violazione di standard qualitativi ed economici.
L’obiettivo è quello di indurre il soggetto erogatore dell’utilità a comportamenti virtuosi nel suo ciclo di produzione, ma la presente azione lo fa in modo più diretto perché tutela la strumentalità dell’organizzazione amministrativa alla realizzazione del bene pubblico.
La class action non è esperibile verso le autorità amministrative indipendenti, gli organi giurisdizionali, le assemblee legislative e gli altri organi costituzionali nonché la Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Del ricorso, devoluto alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, è data immediatamente notizia sul sito istituzionale dell’amministrazione o del concessionario intimati; il ricorso è altresì comunicato al Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione.
Il ricorso è proponibile solo in seguito a una diffida, da notificare all’amministrazione o al concessionario, ad effettuare gli interventi utili alla soddisfazione degli interessati; qualora l’amministrazione o il concessionario non abbiano provveduto ad eliminare la situazione denunciata nel termine di 90 giorni dalla notifica stessa il ricorso è proponibile entro 1 anno dalla scadenza del termine.
Il ricorso non consente di ottenere il risarcimento del danno (per il quale restano fermi i rimedi ordinari), ma mira a far riconoscere l’inefficienza e l’errore della P.A. agente.