
ENTI NON TERRITORIALI, CHE ASPIRANO A DIVENIRE ORGANIZZAZIONE DI GOVERNO DI UNA COMUNITA’ TERRITORIALE
Governi in esilio
L’istituto dei governi in esilio ha avuto rilevanza nel secondo conflitto mondiale, quando diversi governi di Stati occupati dalla Germania (Belgio e Olanda) si rifugiarono nel Regno Unito. Perché ci sia un governo in esilio, è necessario che ci sia uno Stato disposto ad ospitare tale ente e a permettergli di esercitare le sue funzioni. Nonostante sia sprovvisto di stabilità, il governo in esilio ha comunque una sua rilevanza internazionale.
Ciò si verifica nel caso di occupazione di Stato nel corso di una guerra (occupatio bellica), la quale non estingue la personalità dello Stato occupato. Alcuni ammettono che possa formarsi un governo in esilio anche in ipotesi di mutamento rivoluzionario di governo all’interno di uno Stato. Tale opinione risulta però essere minoritaria in dottrina.
Il governo in esilio opera come una sorta di ente fiduciario del popolo da esso rappresentato: opinione conforme alla luce del principio di autodeterminazione dei popoli.
Tale governo può esigere l’adempimento di accordi a favore della popolazione per cui opera. La fine del fenomeno bellico comporterà l’estinzione della figura in esame. Secondo alcuni, o questa si integra come organizzazione centrale dello Stato da cui proviene, oppure si estingue. Questa affermazione non è però più sostenibile, in quanto deve essere confrontata col principio di disconoscimento di situazioni, conseguenza del ricorso alla forza armata in violazione del diritto internazionale e con quello di autodeterminazione dei popoli.
Comitati nazionali all’estero
Il fenomeno della costituzione dei suddetti comitati ha assunto rilievo nella Prima Guerra Mondiale con il riconoscimento da parte di Francia, Italia e Regno Unito dei Comitati Nazionali Cecoslovacco e Polacco. Sono enti che assumono gli interessi di una comunità nazionale che aspira a governare in futuro, attualmente soggetta ad un potere statale.
L’esistenza del Comitato presuppone necessariamente che vi sia uno Stato, in guerra con lo Stato, che attualmente governa la comunità nazionale di cui il Comitato è espressione, disposto ad ospitarli; altrimenti lo Stato ospitante violerebbe la norma sul non intervento e nello stesso tempo il Comitato non avrebbe rilevanza internazionale. Si richiede che al Comitato stesso sia consentito l’esercizio di funzioni di governo sui connazionali all’estero e una rilevanza sul piano militare, nel senso che abbia a disposizione proprie forze armate.
L’esistenza di un conflitto all’interno dello Stato al quale il Comitato si oppone è condizione necessaria affinché il Comitato stesso riceva l’attribuzione di ruolo sul piano delle relazioni internazionali (es. possono intrattenere relazioni diplomatiche), poiché il conflitto è una manifestazione della c.d. “crisi di effettività” dello Stato.
La figura del Comitato oggi ha perso di importanza e per certi versi appare assorbita da quella del movimento di liberazione nazionale.
Movimento di liberazione nazionale
Il movimento di liberazione nazionale è un ente organizzato rappresentativo di un popolo in lotta per l’autodeterminazione. Non mancano esempi in cui gli stessi siano riusciti a conseguire un controllo effettivo su una porzione di territorio e su una comunità.
La rilevanza internazionale degli stessi non è legata al principio di effettività, come per gli insorti, ma trova il suo fondamento nel principio di autodeterminazione dei popoli, in quanto lo stesso è ente rappresentativo di un popolo soggetto a dominio coloniale o razzista. La figura ha avuto rilevanza con la decolonizzazione violenta degli anni ’60. Essi prendono parte ai lavori di organizzazione internazionale e partecipano a conferenze internazionali.
L’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) è stata presente, senza diritto di voto, in tutte le conferenze internazionali convocate sotto gli auspici dell’ONU. Tali movimenti hanno capacità di concludere accordi riguardo lo svolgimento delle ostilità contro il governo costituito o in merito alla costituzione del futuro Stato: significativi gli accordi presi dalla OLP con i vari stati arabi per regolare la presenza sul territorio di questi delle forze armate palestinesi. Il campo in cui si manifesta la loro rilevanza internazionale è quello relativo alla lotta armata che essi conducono per realizzare il diritto all’autodeterminazione (guerre di liberazione nazionale).
Nei rapporti tra governo costituito e popolo in lotta per l’autodeterminazione si è affermata, sul piano consuetudinario, la regola per cui il governo costituito non può usare la forza per privare il popolo del diritto all’autodeterminazione. Gli stati terzi, in una guerra di liberazione nazionale, non possono intervenire a favore del governo costituito; né possono intervenire con le armi né sotto forma di assistenza (fornitura di materiale bellico). L’Assemblea Generale ha disposto il diritto di ricevere assistenza dagli stati terzi nel corso di una guerra di liberazione nazionale a favore dei popoli sotto dominazione coloniale, razzista o straniera (diritto di resistenza).
Delicato è il problema dell’applicabilità delle regole del diritto di guerra. Secondo la Convenzione di Ginevra del 1949, le lotte per l’autodeterminazione sarebbero conflitti armati internazionali, equiparate quindi a conflitti tra Stati. In tal caso i membri del movimento devono essere considerati come legittimi combattenti e, qualora catturati, come prigionieri di guerra. La disposizione, però, è di mero diritto convenzionale, per cui non vincola gli Stati che non sono parte del Protocollo addizionale alla Convenzione di Ginevra varato nel 1977.
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ENTI NON TERRITORIALI
Santa Sede
Accanto alle prime due tipologie, partecipano alla vita internazionale altri enti di varia natura con caratteristiche peculiari. Sin dalle origini della moderna comunità degli Stati è riconosciuta la personalità di diritto internazionale della Santa Sede, quale suprema autorità della Chiesa cattolica. Tale personalità non è venuta meno neanche con l’estinzione dello Stato Pontificio e il sorgere dello Stato della Città del Vaticano, periodo nel quale furono persi tutti i domini territoriali.
Ha il potere di concludere accordi internazionali, definiti Concordati, che hanno ad oggetto il trattamento alla religione cattolica e al clero. Ha lo status di osservatore presso le Nazioni Unite e il Consiglio d’Europa, partecipa ai lavori di organizzazione internazionale e prende parte a conferenze internazionali. Intrattiene relazioni diplomatiche con la maggior parte degli Stati. I rapporti tra Italia e Santa Sede sono disciplinati dai Patti Lateranensi, formati da un trattato che regola i rapporti politici tra i due enti, da una convenzione finanziaria e da un concordato.
Con il trattato l’Italia ha riconosciuto la sovranità della Santa Sede sulla Città del Vaticano.
La Città del Vaticano assume lo status di neutralità permanente; il trattato dispone norme sulla protezione del Pontefice e in materia di cooperazione internazionale.
La Santa Sede rimarrà estranea ai conflitti territoriali tra Stati e ai congressi indetti per tale effetto, a meno che le parti contendenti facciano appello concorde alla sua missione di pace. La Santa Sede prestò infatti la sua opera di mediazione per risolvere la controversia territoriale tra Argentina e Cile sul Canale di Beagle.
Nel 1984 la Santa Sede e l’Italia stipularono un accordo comportante modifiche al Concordato Lateranense. La Santa Sede è esente da giurisdizione italiana; gli enti centrali della Chiesa non hanno alcuna ingerenza da parte dello Stato italiano. La Santa Sede deve essere distinta dalla Città del Vaticano, che ha invece un dominio territoriale: il collegamento è dato dal fatto che il Sommo Pontefice è autorità centrale sia della Santa Sede che della Città del Vaticano. Dei trattati che presuppongono la sovranità su un territorio è parte lo Stato della Città del Vaticano e non la Santa Sede.
Ordine di Malta
Esso ha esercitato in epoche remote autorità di governo su diversi territori. Si stabilì a Gerusalemme per poi trasferirsi a San Giovanni d’Acri e poi a Rodi. Col passare degli anni perse ogni suo dominio territoriale. Ciononostante esso intrattiene relazioni diplomatiche con vari stati, relazioni che sono aumentate dopo la fine della guerra fredda e la dissoluzione dell’Unione Sovietica. Nel 1994 l’Ordine è stato ammesso come osservatore presso l’Assemblea Generale dell’Onu. Rilevanti sono le funzioni di carattere umanitario che svolge sia in tempo di pace che in tempo di guerra.
L’Ordine può emettere passaporti.
In alcuni Stati gli è garantita l’immunità dalla giurisdizione civile, e anche la giurisprudenza italiana è orientata in questo senso. Nel 2003 è entrato in vigore un accordo tra l’Italia e l’Ordine in materia sanitaria. Nonostante la sua attiva partecipazione internazionale, autorevole dottrina nega allo stesso la qualità di soggetto di diritto internazionale, e vi è chi lo assimila ad una organizzazione non-governativa. Tra le motivazioni poste alla base di questo filone vi è il difetto di indipendenza dell’Ordine dalla Santa Sede. Secondo altri sarebbe persona giuridica internazionale solo nei confronti dei soggetti che lo riconoscono. L’Ordine ha sede a Roma.
Comitato Internazionale della Croce Rossa
È associazione di diritto privato ai sensi del diritto svizzero e ha sede a Ginevra. È un ente umanitario che promuove i principi fondamentali dell’istituzione della Croce Rossa. Ha indipendenza politica, confessionale ed economica. Svolge funzioni di rilevo nei conflitti armati quale organizzazione umanitaria. Allo stesso è stato riconosciuto lo status di Osservatore presso l’ONU.
Organizzazioni internazionali
Con tale termine si fa riferimento ad associazioni tra Stati, aventi propri organi. Hanno un legame indissolubile con gli Stati. Nascono per volontà degli Stati, espressa nel cosiddetto trattato istitutivo, e si estinguono qualora si affermi una volontà contraria.
Non sono enti originari come gli Stati sovrani indipendenti, ma enti derivati. Attualmente opera un numero consistente di organizzazioni internazionali, sia a carattere universale (ONU) sia a carattere regionali (Consiglio d’Europa, Unione Africana). La loro struttura è tripartita: c’è un’Assemblea in cui sono rappresentati tutti gli stati membri, un Consiglio Esecutivo di cui sono membri solo alcuni Stati, e un Segretario Generale che agisce nell’interesse esclusivo dell’organizzazione. I primi due sono organi collegiali, il terzo è individuale. Vi sono però organizzazioni più complesse come l’ONU e l’UE.
Gli organi principali dell’ONU sono: l’Assemblea Generale, composta da tutti gli stati membri; il Consiglio di Sicurezza, composto da 15 membri, di cui 5 permanenti con diritto di veto: Cina, Francia, Regno Unito, Federazione Russa e Stati Uniti e altri 10 eletti a rotazione dall’Assemblea Generale; il Consiglio Economico e Sociale, il Consiglio di Amministrazione Fiduciaria; la Corte Internazionale di Giustizia composta da 15 giudici che durano in carica 9 anni; il Segretariato con a capo il Segretario Generale. L’atto costitutivo dell’ONU è il trattato internazionale.
Non sono organizzazioni internazionali gli enti costituiti in virtù del diritto interno di uno Stato: Organizzazione per la Sicurezza e Cooperazione in Europa (OSCE) di cui sono membri gli stati europei nonché USA, Canada e Repubbliche dell’Asia Centrale. L’organizzazione si fonda su documenti adottati dagli Stati partecipanti che non hanno un valore giuridicamente rilevante, ma sono solo degli impegni politici. L’OSCE ha una struttura molto complessa e versa ora in uno stato di profonda crisi.
Gli Stati diventano membri di tali organizzazioni con la procedura di ammissione: la domanda deve essere accettata con delibera da parte degli Organi dell’organizzazione che valutano la capacità dello Stato candidato di adempiere agli obblighi connessi alla qualità di membro.
Ad esempio, nel caso di uno Stato che abbia presentato domanda di ammissione alle Nazioni Unite, decide l’Assemblea Generale che delibera su proposta del Consiglio di Sicurezza. Uno Stato può essere sospeso o espulso: sono misure sanzionatorie irrogate nel caso di violazione degli obblighi disposti dallo Statuto.
Le procedure di voto si distinguono in consensus, unanimità, maggioranza semplice o maggioranza qualificata. Il primo è l’assenza di qualsiasi obiezione formulata dal rappresentante di uno Stato. Quando un atto è adottato per consensus non ha luogo una votazione formale: il Presidente constata che non esiste alcuna obiezione. Uno Stato può, prima dell’adozione o dopo, manifestare le proprie riserve circa il contenuto della delibera, senza però opporsi alla sua adozione.
Il consensus è un metodo che protegge le minoranze i cui interessi sarebbero lesi da un voto maggioritario. È frutto di un’estenuante trattativa e mediazione.
Nell’unanimità è richiesto il voto positivo di tutti i membri, a differenza del primo comporta una manifestazione di volontà.
Quando è richiesta la maggioranza semplice l’atto è adottato con il 50%+1 dei voti degli Stati componenti l’organo. Dipende dallo Statuto dell’organizzazione se si debbano computare nel quorum tutti gli Stati membri o solo i presenti e votanti.
La maggioranza qualificata può essere di 2/3, come per le decisioni dell’Assemblea Generale su questioni importanti. Ulteriore modalità della maggioranza qualificata è costituita dalla ponderazione dei voti: ciascuno Stato dispone di un numero di voti in proporzione alle quote versate al FMI (Fondo Monetario Internazionale).
Hanno capacità di concludere accordi e il diritto di proteggere i propri funzionari che si trovano su un determinato territorio statale.
La loro personalità internazionale è stata affermata con riferimento all’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). A detta della Corte Internazionale di Giustizia, si tratta di enti aventi struttura permanente che perseguono fini distinti da quelli degli Stati membri, però, a differenza degli Stati membri, non hanno competenza generale. Di conseguenza hanno limitata capacità internazionale.
Mentre la personalità internazionale ha per oggetto situazioni giuridiche derivanti da norme internazionali, la personalità di diritto interno implica che l’organizzazione, negli ordinamenti degli Stati parti del trattato costitutivo, gode della capacità giuridica necessaria per lo svolgimento delle sue funzioni (può alienare o acquistare beni immobili).
Le Organizzazioni internazionali, a differenza degli Stati, non hanno un territorio e di conseguenza non hanno sovranità territoriale, ed esercitano le loro funzioni tramite un apparato istituzionale che ha sede in uno Stato membro con cui stipulano un accordo di sede.
Gli enti esaminati non sono da confondere con le organizzazioni non governative (ONG), associazioni private a carattere transnazionale, il cui atto costitutivo è fondato sull’ordinamento interno di due o più Stati.
Fungono da gruppi di pressione per le svariate materie e hanno talvolta uno Statuto di osservatore presso le organizzazioni internazionali. Possono presentare memorie scritte ai tribunali.
ENTI PARTECIPANTI OCCASIONALMENTE ALLA VITA DI RELAZIONE INTERNAZIONALE
Individuo
Nonostante opinioni contrarie, è difficile ammettere la personalità internazionale dell’individuo: non è partecipe di nessuna delle tre funzioni essenziali dell’ordinamento giuridico, ad esclusione di una limitata capacità per quanto riguarda l’accertamento del diritto, relativamente ai trattati che proteggono i diritti umani. Vengono in rilievo due categorie di norme: quelle in materia di protezione di diritto dell’uomo e quelle relative ai crimini internazionali.
Le prime si rivolgono agli Stati obbligati ad accordare determinati diritti agli individui; le seconde non impongono direttamente doveri agli individui, ma obbligano gli Stati a dettare, nell’ordinamento nazionale, norme incriminatrici e punire determinati comportamenti lesivi.
L’individuo è considerato responsabile di un crimine anche quando il fatto non sia considerato tale dalla legge penale interna.
È questa l’opinione del tribunale di Norimberga, il quale affermò che gli individui hanno doveri che vanno al di là degli obblighi di obbedienza imposti dallo Stato. Qualora ci sia discrasia tra ordinamento internazionale ed ordinamento interno (un fatto è previsto come crimine dall’ordinamento internazionale, ma non è punibile dall’ordinamento interno), la norma di origine internazionale deve comunque essere applicata all’interno dell’ordinamento nazionale. Tale ricostruzione è confermata nel Patto delle Nazioni Unite del 1966.
L’individuo può mettere in moto il procedimento per far valere una violazione del Patto dinanzi al Comitato dei Diritti dell’Uomo.
La procedura si conclude con una constatazione che non ha carattere obbligatorio. Più incisiva è la procedura dinanzi la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU): in questo caso si emana una sentenza, atto giuridicamente vincolante. Nell’Unione Europea l’individuo è titolare di diritti ed obblighi, ed è legittimato a presentare ricorso dinanzi al Tribunale e alla Corte di Giustizia europei.
Quanto detto per l’individuo vale anche per le persone giuridiche. I trattati bilaterali in materia di investimento possono attribuire determinati diritti alle imprese, ad es. per il rimpatrio degli utili. In realtà i rapporti giuridici intercorrono tra Stato nazionale dell’impresa e Stato ospitante.
FONTI NORMATIVE:
Convenzione di Montevideo
Convenzione di Ginevra del 1949
Convenzione di Ginevra del 1977
Patti Lateranensi del 1929
Concordato di Villa Madama del 1984
Cedu
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