Nozioni introduttive. Il contratto come atto di autonomia dei privati
Il contratto è un istituto centrale del diritto privato e rappresenta la principale figura di negozio giuridico. Secondo l’art. 1321 c.c., è l’accordo tra due o più parti per costituire, regolare o estinguere un rapporto giuridico patrimoniale. La norma evidenzia l’essenza del contratto come accordo, incontro di volontà volto a produrre un effetto giuridico.
Il contratto è il principale strumento attraverso il quale i privati regolano i loro interessi patrimoniali. Tramite esso, è possibile acquistare beni, ottenere servizi, disporre temporaneamente di un bene o di una somma di denaro, offrire beni e servizi in cambio di un corrispettivo in denaro, oppure compiere o ricevere una liberalità come la donazione. In questo modo, esso diventa lo strumento chiave per l’operatività degli scambi sul mercato, rivestendo un ruolo fondamentale nel sistema economico.
Dal punto di vista giuridico, il contratto realizza gli interessi delle parti mediante la produzione di effetti giuridici, ossia costituendo, regolando o estinguendo rapporti patrimoniali. Tali effetti possono riguardare sia diritti reali (trasferimento della proprietà, costituzione di una servitù), sia rapporti obbligatori (nel contratto di lavoro subordinato, il lavoratore ha l’obbligo di prestare la propria attività e il datore di lavoro quello di corrispondere una retribuzione).
L’ampia gamma di applicazioni del contratto ne evidenzia il ruolo come strumento di espressione dell’autonomia privata.
Il contratto occupa quindi un ruolo cardine nel diritto dei privati, consentendo ai singoli di gestire i propri interessi materiali attraverso atti che producono effetti nel loro patrimonio giuridico.
Tuttavia, tale libertà non è incondizionata e sconfinata. Anzitutto il contratto deve produrre effetti giuridicamente rilevanti, presentando i presupposti richiesti dall’ordinamento per la sua validità. Se un accordo viola una norma imperativa o difetta di un requisito di forma, per esempio è concluso verbalmente, mentre la legge richiede la forma scritta, è nullo, e non produce alcun effetto.
Fenomenologicamente, il contratto è un negozio, ossia una manifestazione di volontà. Inoltre, essendo un accordo, richiede il consenso di almeno due soggetti, i quali devono volere la produzione di determinati effetti giuridici (ad es. nella vendita il venditore deve voler trasferire la proprietà della cosa, a fronte del corrispettivo del prezzo e il compratore deve voler acquistare quel bene, impegnandosi a pagare il prezzo).
Non tutti gli accordi sono contratti. La legge riserva la qualificazione di contratto, con le relative conseguenze giuridiche, ad un accordo che risponda a precise caratteristiche.
L’ordinamento conosce, peraltro, una pluralità di altre figure di accordi, bi- o plurilaterali. Per questa ragione il legislatore impiega, non sempre con assoluto rigore, termini differenti per indicare le diverse tipologie di intese tra privati, riservando la definizione specifica di contratto agli accordi che rispondono ai requisiti stabiliti dagli artt. 1321 e 1325 c.c.
Sempre dal punto di vista terminologico, non si deve confondere il contratto in senso proprio, cioè l’accordo tra le parti, con il contratto nel senso di documento contrattuale, ovvero la carta sulla quale il contratto e scritto e che costituisce prova delle dichiarazioni delle parti (ma un contratto può essere concluso anche verbalmente), e con il rapporto contrattuale, che attiene agli effetti giuridici prodotti dal contratto (nel senso di accordo).
Centralità sistematica della disciplina legale del contratto
Il contratto è un negozio giuridico, così come molte altre figure del tutto eterogenee per struttura, funzione e oggetto come il matrimonio, il testamento o la rinuncia a un diritto. Il codice civile non disciplina direttamente il negozio giuridico, ma prevede una normativa ampia per i “contratti in generale” (artt. 1321 ss. c.c.), che funge da riferimento per altri negozi giuridici, salvo disposizioni specifiche per i singoli negozi.
L’importanza paradigmatica della disciplina contrattuale è ribadita dall’art. 1324 c.c., secondo cui, “salvo diverse disposizioni di legge, le norme che regolano i contratti si osservano, in quanto compatibili, per gli atti unilaterali tra vivi aventi contenuto patrimoniale”.
Come già evidenziato, il contratto è espressione della libertà delle parti nella gestione dei propri diritti, purché disponibili e di natura patrimoniale. Questa manifestazione di libertà prende il nome di autonomia.
L’autonomia contrattuale è descritta dall’art. 1322 c.c. La disposizione si articola su due livelli.
Il primo comma riguarda la libertà delle parti di determinare il contenuto del contratto, cioè le clausole che regolano il loro rapporto, naturalmente nei limiti imposti dalla legge. Ciò consente loro di stabilire, per esempio, elementi come il prezzo della cosa venduta, le modalità di esecuzione della prestazione, il tempo dell’esecuzione, le garanzie offerte e gli obblighi assunti. Tuttavia, questa autonomia incontra alcune restrizioni, come nel caso dell’orario di lavoro, che non può superare determinati limiti. L’assetto concreto dell’accordo deriva dal risultato delle trattative, dalla maggiore o minore abilità o potere contrattuale delle parti, nonché dal loro interesse alla realizzazione dell’affare.
Il secondo livello dell’autonomia riguarda il “tipo” contrattuale, ossia un modello di contratto con caratteristiche specifiche, finalizzato a realizzare una determinata operazione economica.
La disciplina del contratto nel codice civile si articola in due parti: il Titolo II del Libro IV, dedicato ai “contratti in generale”, che raccoglie le norme applicabili a tutti i contratti indipendentemente dalle loro peculiarità, e il Titolo III, dedicato ai “singoli contratti”, che descrive e disciplina un ampio numero di “tipi” contrattuali, quali la vendita, la locazione, l’appalto, il deposito (artt. 1470 e ss. c.c.).
In quelle norme si trova lo specifico regime normativo di ciascun modello contrattuale, ossia le regole che ricevono applicazione in ragione delle peculiari caratteristiche dell’operazione economica che un certo contratto intende attuare.
L’autonomia delle parti non si limita alla libertà di determinare le specifiche condizioni del contratto che concludono. Infatti, esse non sono obbligate ad adottare i modelli previsti dal codice (contratti “nominati”), ma possono anche stipulare contratti che non rientrano tra quelli dotati di una disciplina specifica, ossia i contratti “atipici” o “innominati”. Si tratta di schemi contrattuali non contemplati dalla legge, che le parti elaborano perché li considerano più adatti alle loro esigenze. Questi contratti possono raggiungere un’ampia diffusione nella prassi e, pur essendo privi di una regolamentazione normativa specifica, vengono definiti “socialmente tipici”, poiché largamente adottati in conformità ai modelli diffusi gli operatori. Esempi significativi sono il contratto di leasing e quello di sponsorizzazione, nati dalla creatività degli operatori commerciali. Alcuni contratti atipici sono poi divenuti oggetto di apposita disciplina normativa, come il franchising. Per essere validi ed efficaci, i contratti atipici devono perseguire interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico (art. 1322, comma 2, c.c.).
La creazione di nuovi modelli contrattuali risponde dunque alla necessità di realizzare operazioni economiche specifiche. Tuttavia la loro regolamentazione può risultare complessa, richiedendo l’applicazione delle norme sul contratto in generale e, estensivamente o analogicamente, la disciplina prevista per i contratti tipici.
Negli ultimi decenni sono state avviate numerose iniziative volte ad elaborare principi e criteri “uniformi” o generali di disciplina del contratto di rilievo sovranazionale.
Elementi essenziali del contratto
L’art. 1325 c.c. stabilisce gli elementi essenziali del contratto:
- l’accordo delle parti;
- la causa;
- l’oggetto;
- la forma, quando è richiesta ad substantiam actus, e cioè per la validità del contratto.
La norma si limita a enunciare gli elementi strutturali del contratto, qualificandoli come “requisiti”, ovvero caratteristiche essenziali affinché una concreta manifestazione di volontà delle parti possa essere qualificata come contratto.
Classificazione dei contratti
Di seguito le più importanti classificazioni dei contratti:
- contratti tipici o nominati e contratti atipici o innominati: i primi hanno una disciplina specifica prevista dal legislatore, i secondi no;
- contratti bilaterali e plurilaterali: i primi coinvolgono due parti, mentre i secondi possono avere più partecipanti (ad es. il contratto costitutivo di una società o di un’associazione). Nei contratti plurilaterali, il vizio che colpisce la partecipazione di una delle parti non determina necessariamente la nullità dell’intero contratto, a differenza di quanto avviene inevitabilmente nei contratti bilaterali. È necessario tuttavia distinguere se la partecipazione viziata debba essere considerata “essenziale” per le altre parti: nel caso affermativo, l’intero contratto ne risente, mentre in caso contrario, la nullità riguarda esclusivamente la partecipazione inficiata;
- contratti a prestazioni corrispettive o sinallagmatici e contratti con obbligazioni a carico di una sola parte: I primi sono contratti in cui le attribuzioni patrimoniali rispettivamente a carico di ciascuna parte e a vantaggio della controparte sono legate da un nesso di reciprocità o sinallagma e perciò tendono a realizzare uno scambio tra prestazioni. Questo nesso di reciprocità spiega la comune sorte delle prestazioni corrispettive, nel senso che, ad es., se è illecita o fin dall’origine impossibile la prestazione a carico di una parte ne risulta invalidato l’intero contratto (sinallagma genetico), così come se non viene adempiuta o diventa impossibile una prestazione non è più dovuta neppure la controprestazione (sinallagma funzionale). Esempi, invece, di contratti con obbligazioni a carico di una parte sola sono la fideiussione, il deposito gratuito, il comodato. Sono poi chiamati bilaterali imperfetti quei contratti con obbligazioni a carico di una parte sola, dai quali unicamente in via eventuale possono scaturire obbligazioni anche a carico della controparte;
- contratti a titolo oneroso e contratti a titolo gratuito;
- contratti di scambio e contratti associativi: nei primi la prestazione di ciascuna parte è a vantaggio della controparte, mentre nei contratti associativi la prestazione di ciascuno è diretta al conseguimento di uno scopo comune;
- contratti commutativi e contratti aleatori: nei primi le prestazioni dovute sono certe, nei secondi vi è incertezza sui reciproci sacrifici delle parti. Ai contratti aleatori non si applicano i rimedi della rescissione per lesione o della risoluzione per eccessiva onerosità (artt. 1448, comma 4, e 1469 c.c.). Occorre precisare che ogni contratto, anche se non rientra tecnicamente tra quelli aleatori, comporta comunque un certo livello di rischio economico, definito “alea normale”;
- contratti ad esecuzione istantanea e contratti di durata: nei primi la prestazione è concentrata in un dato momento, nei secondi è continuativa o si ripete periodicamente. Nei contratti di durata un evento sopravvenuto che impedisca l’ulteriore efficacia del contratto non pregiudica le prestazioni per le quali lo scambio si è già realizzato. I contratti ad esecuzione istantanea possono essere ad esecuzione immediata o ad esecuzione differita. Anche ai contratti ad esecuzione differita, oltre che ai contratti di durata, si applica il rimedio della risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta (art. 1467 c.c.);
- contratti a forma libera e contratti a forma vincolata o contratti solenni;
- contratti consensuali e contratti reali: nei primi, che sono la maggioranza, il semplice consenso o accordo delle parti è sufficiente per il loro perfezionamento, nei secondi è necessaria altresì la consegna del bene (ad es. mutuo, comodato, deposito, pegno);
- contratti a efficacia reale e contratti a efficacia obbligatoria: i primi realizzano automaticamente, con il solo consenso, il trasferimento, la costituzione, la modifica o l’estinzione di un diritto reale, come nel caso della vendita di un bene, che comporta il trasferimento della proprietà. Al contrario, i contratti ad efficacia obbligatoria non realizzano automaticamente il risultato perseguito, ma obbligano le parti ad attuarlo.