provvedimenti del giudice
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I provvedimenti del giudice

I provvedimenti del giudice

Le forme di provvedimenti giudiziali sono la sentenza, l’ordinanza e il decreto. L’art. 131 c.p.c. specifica che “la legge prescrive in quali casi il giudice pronuncia sentenza, ordinanza o decreto”. In mancanza di specifiche previsioni di forma “i provvedimenti sono dati in qualsiasi forma idonea al raggiungimento del loro scopo”.

Occorre considerare quali sono i contenuti della sentenza, dell’ordinanza e del decreto, così da rapportarli alla funzione e quindi allo scopo da raggiungere.
La sentenza è il principale dei provvedimenti. I poteri del giudice trovano massima esposizione proprio in tale atto. Tale atto reca l’intestazione “Repubblica italiana” ed è pronunciata “In nome del popolo italiano”. I requisiti formali sono: l’indicazione del giudice, delle parti del processo, delle conclusioni finali formulate dalle parti, delle ragioni di fatto e di diritto della decisione (cioè la motivazione, ovvero la concisa esposizione dei fatti rilevanti della causa e delle ragioni giuridiche della decisione anche con riferimento a precedenti conformi), il dispositivo (cioè la sintetica e specifica deliberazione del giudice in relazione alla domanda e all’oggetto del contendere), la data della deliberazione, la sottoscrizione del giudice.

I provvedimenti in forma di sentenza sono irretrattabile nel senso che non sono mai né revocabili o modificabili da parte dell’organo che li ha emanati.
Le forme delle ordinanze e del decreto individuano provvedimenti attraverso cui il giudice regola, dirige e coordina lo svolgimento della procedura. Tali provvedimenti svolgono una funzione ordinatoria. Essi esprimono il potere di direzione e controllo del processo, sono soggetti a revoca o a modifica.
Il decreto è una figura di provvedimento reso, generalmente, senza necessità di previa instaurazione del contraddittorio, alcune volte invece è dato sentite le parti; può essere pronunciato d’ufficio o su istanza di parte (anche verbale). Inoltre, viene dato anche oralmente e trascritto nel processo verbale di udienza; se è pronunciato sul ricorso è scritto in calce al medesimo.

Il decreto non è motivato (salvo che la motivazione sia prescritta dalla legge) ed è sottoscritto dal giudice.
L’ordinanza è un provvedimento in corso di processo, previo contraddittorio delle parti. Può essere pronunciata in udienza o fuori dall’udienza. L’ordinanza pronunciata in udienza si ritiene conosciuta dalle parti presenti, quella fuori udienza sono comunicate alle parti dalla cancelleria.

La tipologia delle sentenze di merito

Le sentenze di merito, che accolgono la domanda, vengono classificate in tre distinte categorie che riflettono il rapporto tra petitum (chiesto) e decisum (deciso): sentenza di mero accertamento o meramente dichiarativa, sentenza di condanna e sentenza costitutiva.
Le sentenze di mero accertamento o meramente dichiarative sono atipiche e corrispondono alla domanda di dichiarare la sussistenza di una data situazione di diritto. L’accoglimento consiste nella dichiarazione della (pre)esistenza del diritto vantato e dei correlativi obblighi della controparte o nella (pre)inesistenza di una pretesa altrui. Tramite tali sentenze l’organo della giurisdizione verifica la sussistenza e la conformazione dei rapporti giuridici sottoposti a giudizio. La loro funzione è quindi esclusivamente quella di accertare cioè di eliminare l’incertezza che provoca la domanda giudiziale; esempio tipico delle sentenze di accertamento riguarda la servitù.

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La sentenza di condanna è quella che accoglie la domanda e in più sussiste un elemento ulteriore rispetto a quella dichiarativa. Accade che il titolare del diritto non si limiti a chiedere il riconoscimento del proprio diritto ma agisca per condanna: chiede, cioè, che il convenuto venga condannato a pagare una somma o a consegnare un bene.
Qui il dispositivo della sentenza contiene due elementi distinti: l’accertamento del diritto e il comando al convenuto di pagare. Il comando della condanna apre la strada alla cosiddetta esecuzione forzata, il soccombente che non vuole adeguarsi all’accertamento subisce l’intervento degli organi volti ad attuare il soddisfacimento del diritto indipendentemente dalla sua volontà. La sentenza di condanna è la più diffusa tra le sentenze di accoglimento.

La sentenza cosiddetta costitutiva non si limita ad accettare la realtà giuridica preesistente dichiarandola come realmente è, bensì essa stessa crea, modifica o estingue rapporti giuridici sostanziali. Tali sentenze sono tipiche, quindi stabilite espressamente dalla legge. Nei casi previsti dalla legge l’autorità giurisdizionale può istituire, modificare o estinguere rapporti giuridici con effetto tra le parti, loro eredi e loro aventi causa.

Esempio di tali sentenze riguarda un eventuale passaggio coattivo, il proprietario che è circondato dal fondo o da altri fondi altrui non ha uscita sulla via pubblica e ha diritto di avere il passaggio sul fondo vicino per poter uscire dal suo fondo. Sarà, dunque, la sentenza del giudice a creare il diritto di passaggio. Il potere di costituire, modificare o estinguere di tali sentenze è limitato ai casi previsti dalla legge. Per la sentenza dichiarativa non c’è bisogno di previsione legale.

Possono coesistere una domanda di costituzione integrata con una domanda di condanna. Le combinazioni sono varie: sentenza di mero accertamento, accertamento più condanna, sentenza costitutiva, sentenza costitutiva di più condanna.

Condanna civile e tutela esecutiva

La specificità della sentenza di condanna sta nel fatto che l’inadempimento dell’obbligato legittimi il creditore a perseguire gli effetti della prestazione contro la volontà del debitore e in sua sostituzione. La sentenza esecutiva è la sentenza di condanna che legittima il creditore a reagire all’inadempimento del debitore grazie all’esecuzione forzata. Se l’obbligato non adempie spontaneamente si potrà ugualmente attivare l’effetto pratico dell’adempimento attraverso la sostituzione della persona dell’obbligato. Non sempre però la sostituzione è possibile poiché esistono le c.d. posizioni infungibili. Quindi accanto al processo di cognizione ritroviamo anche un processo di esecuzione.

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Fonti normative:

  • Codice di procedura civile: art. 131