Il codice civile, anche se vi sono varie leggi speciali distaccate da questo, ha un ruolo fondamentale nel diritto privato.
Particolare rilevanza, tra le leggi ordinarie dello Stato, la assumono i “codici “; ossia il codice civile, il codice penale, il codice di procedura civile, il codice di procedura penale e il codice della navigazione.
L’espressione “codice” in origine indicava genericamente un libro cucito sul dorso (codex), ma, in realtà, ha molti significati. Inizialmente si intendeva una raccolta di materiali normativi come è appunto accaduto per il Codex inserito nel Corpus iuris civilis di Giustiniano, che raccoglieva una serie di Constitutiones imperiali.
Successivamente, il Codice veniva individuato non più come una “raccolta” di leggi precedenti (compilatio), ma una legge del tutto nuova, che si caratterizzi per l’organicità (poiché è uno strumento normativo atto a disciplinare un intero settore dell’esperienza giuridica), per la sistematicità (ovvero il coordinamento logico del materiale delle singole regole, definizioni, istituti), per l’universalità e l’eguaglianza (in quanto il codice civile si rivolge in modo uguale a tutti i consociati, tramite la sua funzione unificatrice degli statuti giuridici delle diverse classi sociali).
In considerazione della sua funzione innovatrice e uniformatrice il codice implica l’abrogazione di tutto il diritto precedente vigente nella materia codificata e l’accentramento della disciplina su tutto il territorio contemplato, così da agevolare l’univocità delle soluzioni e la facilità nel reperimento e nella consultazione del materiale normativo.
Se una legge viene qualificata come “codice” significa che il legislatore ha voluto dare a quella materia un assetto organico e non precario, quindi tendenzialmente di lungo periodo, ovvero un complesso di princìpi e regole costanti, chiare e coerenti.
Nella storia giuridica moderna il Codice è divenuto importante in considerazione del movimento a favore della codificazione, sia in campo costituzionale (è il caso delle “Dichiarazioni dei diritti dell’uomo” approvate in Francia nel periodo della Rivoluzione, oppure della Costituzione federale americana del 1787, fino alle lotte politiche negli Stati italiani preunitari per avere una costituzione o “Statuto”), sia nel campo del diritto privato.
In questo specifico ambito il Medioevo aveva lasciato una situazione complessa, con molte fonti normative, tra cui il diritto romano, il diritto canonico, i diritti locali a cui corrispondeva una disordinata pluralità di giurisdizioni, ovvero organismi investiti del potere di applicare le leggi (ius dicere). Questo creava una forte incertezza e un certo arbitrio.
Quindi era necessario eliminare la vecchia confusione tramite leggi organiche, caratterizzate da semplicità, chiarezza, uniformità, certezza, razionalità. Un tale intento era spinto dall’aspirazione di inserire norme da considerare addirittura universali ed eterne, perché dettate dalla “ragione”. Infatti, l’idea di codice è storicamente legata all’illuminismo e quindi alla fiducia nella capacità dell’uomo di costruire un sistema normativo organico e ordinato, nonché privo di contraddizioni e lacune.
Tuttora nei Paesi di “diritto scritto”, come quelli dell’Europa continentale, il codice civile, sebbene abbia perduto molto del suo valore ideologico, ha un ruolo centrale nel diritto privato: regolando i soggetti (persone fisiche e giuridiche), i beni e i diritti sulle cose (in particolare, la proprietà), l’attività (e quindi, il contratto), nonché i princìpi fondamentali sulla responsabilità civile.
Anche se il codice non ha pretese esaustive della disciplina riguardante i rapporti tra privati, è un elemento di integrazione e supporto di qualsiasi altra legge (che è “speciale”, ossia “di specie”, rispetto al codice, perché solo il codice è l’unica legge a carattere generale).
Il primo grande codice di diritto privato dell’età moderna è stato il “Codice civile dei francesi” (detto anche “Codice napoleonico”) emanato nel 1804 e sorto nel clima culturale della Rivoluzione francese; per tale motivo si favorì la diffusione dei princìpi dell’eguaglianza tra i cittadini, il primato del diritto di proprietà (nel sistema feudale la proprietà terriera era gravata da diritti del sovrano e dei ceti nobiliari), il principio della libertà dei commerci e delle attività economiche tra i privati.
Il codice Napoleone, sia per il modello della società che rispecchiava, sia per la raffinatezza tecnica e il rigore logico, ha avuto molto successo, tanto da essere stato integralmente adottato in vari paesi e da essere tuttora vigente in Francia, sia pur attraverso numerosi adattamenti.
In Italia la vita dei codici, compreso il codice civile, è stata travagliata. In primo luogo si ebbero i codici degli Stati preunitari; non autentici “codici”, nel senso sopra descritto, ma semplici raccolte di legislazione preesistente. Dopo l’unificazione del Regno d’Italia fu emanato il codice civile del 1865 (in larga parte ispirato al codice francese), insieme al separato codice di commercio. Quest’ultimo fu sostituito nel 1882 da un nuovo codice di commercio; ma già nel 1938 vennero emanati singoli libri di un nuovo codice civile, promulgato nel 1942, e nel quale fu inserito (all’ultimo momento e con poca coordinazione) anche il codice di commercio, per la cui sostituzione i lavori preparatori erano stati invece condotti separatamente.
Tale codice veniva emanato durante una grande guerra e quindi alla vigilia di inevitabili e profondi mutamenti sociali; nel dopoguerra, difatti, sono stati numerosi i settori in cui sono state emanate leggi che hanno profondamente modificato il tessuto originario del codice (come la riforma del diritto di famiglia e le rilevanti modifiche in tema di lavoro subordinato, locazioni e società commerciali).
L’ideologia fascista, ancora al potere (anche se presto la dittatura sarebbe caduta) non ha lasciato tracce significative nel codice, poiché tale testo è stato il frutto di idee di studiosi liberali e borghesi e perciò sostanzialmente indifferenti alle concezioni ufficiali del fascismo. Si può così spiegare, anche così, “la tenuta” del codice, che appare ancora idoneo a svolgere la sua funzione di documento centrale nella regolamentazione dei rapporti tra privati.
Il codice non esaurisce il sistema del diritto civile. Vi sono, infatti, i princìpi dettati con la Costituzione del 1948, che, sebbene successiva al codice di soli pochi anni, è più sensibile alle esigenze di perequazione sociale, di elevazione dei ceti meno abbienti, di partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese (art. 3, comma 2, Cost.). Inoltre, di considerevole importanza è la legislazione speciale, che non è solo un completamento del codice, ma un settore variegato e complesso.
Sarà l’interprete che dovrà sforzarsi di dare ai frammenti sparsi dell’ordinamento sistematicità e coerenza.
Anche i codici, essendo approvati con leggi ordinarie, sono sottoposti al controllo di legittimità della Corte costituzionale e possono essere sempre modificati o anche, in tutto o in parte, abrogati da leggi ordinarie successive; spesso le modifiche vengono effettuate con la tecnica della “Novella”, ossia sostituendo direttamente il testo di un articolo, ferma la numerazione originaria. È il caso degli artt. 143-145, il cui testo attuale, diverso da quello originario, è stato introdotto dalla riforma del diritto di famiglia del 1975, ovvero aggiungendo articoli nuovi.