Il nuovo Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza è stato emanato con il D. Lgs. n. 14/2019 del 12 gennaio 2019, ma è entrato concretamente in vigore solo il 15 luglio 2022 (D. Lgs. n. 83/2022). Il ritardo è stato dovuto all’emergenza pandemica e alla necessità di conformarsi alla direttiva europea Insolvency 2017/1132.
Una novità rilevante e rivoluzionaria, ma ancora gli effetti di tali cambiamenti non sono stati appurati.
Il Codice in esame stabilisce chiaramente gli strumenti per la gestione della crisi. Questi includono misure, accordi e procedure progettate per il recupero dell’impresa, o indirizzati alla liquidazione del patrimonio, o delle attività che, su richiesta del debitore, possono essere precedenti alla composizione negoziata della crisi.
È importante anche notare che il codice non si applica alle procedure di amministrazione straordinaria per le grandi imprese insolventi.
In questo articolo di Ripetiamo Diritto individueremo gli aspetti fondamentali della riforma e gli obiettivi principali.
Cos’è il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza?
Ha sostituito la precedente Legge Fallimentare (Regio Decreto n. 267 del 16 marzo 1942). La riforma è incentrata sulla prevenzione e sull’individuazione tempestiva delle cause della crisi, così da gestire adeguatamente il percorso e provare a superarla, nell’ottica della continuità aziendale.
Si cerca anche di tutelare i creditori, come i fornitori e le banche, poiché con la disciplina precedente non era facile rimediare alla crisi, con conseguenze negative anche per tali soggetti.
Sono state semplificate le norme vigenti e sono stati introdotti nuovi strumenti.
Le principali novità
- il termine “fallimento” viene eliminato per essere sostituito con “liquidazione giudiziale”. Nonostante siano mantenuti gli aspetti principali della procedura fallimentare, tale cambiamento sottolinea la necessità di evitare una percezione della procedura in termini negativi;
- sono stati introdotti specifici obblighi di salvaguardia tesi, non solo, a rilevare le crisi aziendali ma anche a promuovere l’adozione di strumenti a vantaggio di processi di ristrutturazione già in fase iniziale;
- vi è l’obbligo per l’impresa di avere adeguati assetti organizzativi tali da individuare in modo (il più possibile anticipato) lo stato di crisi. Si fortificano i sistemi di controllo interno per individuare le difficoltà economico-finanziarie come i debiti verso i fornitori e le banche esposizioni verso banche;
- i creditori pubblici qualificati, come l’Agenzia delle Entrate, e le banche hanno un obbligo di segnalazione all’impresa o alla società nel caso rilevino alcuni segnali di insolvenza;
- viene inserito il nuovo procedimento della composizione negoziata, funzionale nei casi di probabile crisi o insolvenza (accompagnate da un prospetto di risanabilità dell’impresa). L’accesso è accordato a qualsiasi imprenditore commerciale o agricolo, a prescindere dalla dimensione dell’impresa.
I segnali di allarme
Affinché gli organi sociali si attivino per superare una crisi finanziaria devono sussistere alcune situazioni:
- ritardi sui pagamenti degli oneri retributivi (scaduti da almeno 30 giorni e in misura superiore alla metà del totale delle passività mensili)
- passività verso i fornitori (scadute, in questo caso, da almeno 90 giorni in misura superiore alle passività non scadute)
- esposizioni verso le banche o gli intermediari (scadute da oltre 60 giorni per un importo almeno pari al 5% delle esposizioni)
- interessi di mora che attivano i suddetti obblighi di Segnalazione da parte dei creditori pubblici qualificati e delle banche.