I poteri
Il giudice istruttore designato è investito di tutta l’istruzione della causa. Esso fissa le udienze successive e i termini entro i quali le parti devono compiere gli atti processuali. Nei casi in cui il tribunale decida in formazione collegiale i poteri del giudice istruttore sono limitati alla fase istruttoria, compiuta la quale il potere decisorio passa al collegio.
Tale magistrato esercita tutti i poteri intesi al più sollecito e leale svolgimento del procedimento, articolo 175 c.p.c.. Si tratta quindi di un organo dotato di ampi poteri discrezionali finalizzati alla corretta attuazione del principio del giusto processo. È evidente la connessione tra l’esigenza di sollecito e leale svolgimento del procedimento e il dovere di lealtà e di proibità imposto alle parti; i provvedimenti hanno la forma dell’ordinanza, salvo che la legge disponga altrimenti.
Di fatto le disposizioni di semplice meccanica processuale, ad esempio la fissazione di udienze successive o di termini, assumono la forma di decreto, che viene inserito senza particolari solennità di forma nel verbale di udienza
Regime generale delle ordinanze del Giudice istruttore.
Le ordinanze pronunciate in udienza si ritengono conosciute dalle parti presenti o da quelle che dovevano comparire, quelle pronunciate fuori dall’udienza sono comunicate a cura del cancelliere entro i 3 giorni successivi all’udienza stessa.
Le ordinanze sono diverse a seconda che vengono pronunciate in udienza o fuori udienza. Se pronunciate in udienza verranno inserite nel verbale, altrimenti l’ordinanza verrà contenuta in autonomo documento.
Sulle domande e sulle eccezioni delle parti il giudice istruttore, sentite le parti e le loro ragioni, dà in udienza i provvedimenti opportuni, ma può anche riservarsi di pronunciarsi entro i 5 giorni successivi. Questa è la cosiddetta riserva di pronuncia del provvedimento. Riservarsi significa scegliere di decidere in un momento successivo. Sarà poi rilevante la data della comunicazione, così da mettere in moto gli eventuali termini per impugnare o contestare quel provvedimento.
Le ordinanze, comunque motivate, non possono mai pregiudicare la decisione della causa. Possono essere sempre modificate o revocate dal giudice che le ha pronunciate, a differenza della sentenza che una volta pronunciata diviene irretrattabile.
Su istanza della parte interessata o anche d’ufficio il giudice istruttore potrà ritornare su quanto deciso e revocare l’ordinanza o modificarne in parte il contenuto. Il potere di revocare o modificare la propria ordinanza manca però nei casi previsti dall’articolo 177 comma 3 c.p.c. secondo cui non sono né revocabile né modificabili: le ordinanze pronunciate su accordo delle parti, eventualmente sono revocabili solo se c’è un nuovo accordo tra le parti stesse, le ordinanze dichiarate espressamente non impugnabili dalla legge e le ordinanze per le quali la legge predispone uno specifico mezzo di reclamo.
Si tratta di un caso residuale nell’ordinamento perché ormai l’unica ipotesi speciale di mezzo di reclamo nel processo di cognizione contro ordinanza del giudice istruttore è quella del reclamo del collegio contro l’ordinanza dell’istruttore che dichiara l’estinzione del processo.
L’ordinanza istruttoria non sopravvive all’estinzione del processo; le ordinanze hanno funzione regolatoria della procedura ma vi sono alcune ordinanze che hanno invece contenuto decisorio in quanto decidono sul rapporto sostanziale dedotto in giudizio anticipando la decisione di merito.