negozio giuridico
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Il negozio giuridico

Definizione

Il negozio giuridico è frutto di una elaborazione teorica, delineata dalla dottrina tedesca del XIX secolo; ossia dalla scuola pandettistica, così denominata perché basata sulla rielaborazione della tradizione romanistica, nota attraverso le Pandette giustinianee.

Ciò accadeva attraverso un processo di astrazione dei più frequenti e importanti tipi di atti; istituti come il contratto, il testamento, il matrimonio, enunciano tutti in una loro dichiarazione (unilaterale, bilaterale o plurilaterale) gli effetti giuridici che vogliono conseguire (come l’acquisto della proprietà di una cosa in corrispettivo di un prezzo o il licenziamento di un dipendente).

La volontà manifestata produce effetti giuridici, creando, modificando o estinguendo situazioni giuridiche soggettive; ossia, in base anche a ciò che viene definito dal nostro codice per il contratto, la volontà privata “ha forza di legge tra le parti” (art. 1372 c.c.).

Quindi il negozio giuridico, in base alla dottrina tradizionale, è una “dichiarazione di volontà” con cui vengono enunciati gli effetti perseguiti (il c.d. “intento empirico”) e alla quale l’ordinamento, se la finalità è meritevole di tutela e se risponde ai requisiti fissati dalla legge per le singole figure negoziali, ricollega effetti giuridici.

Il fenomeno negoziale serve per dare autonomia ai privati che possano decidere da sé come regolare i propri interessi, ottenendo dalla legge che gli atti posti in essere siano resi vincolanti ed impegnativi. I privati hanno il potere di creare una regola giuridica dei loro rapporti e produrre modificazioni della situazione giuridica preesistente nei limiti e con le forme prescritte dalla legge.

Anche se il negozio giuridico riveste una certa importanza, il nostro codice civile non gli dedica un’apposita disciplina; nel codice sono regolati, per esempio, il contratto (artt. 1321-1469 c.c.), il testamento (artt. 587-712 c.c.), il matrimonio (artt. 84-142 c.c.) e numerose altre singole figure negoziali, ma non il negozio giuridico in generale.

Al contratto il codice civile dedica una regolamentazione organica ed articolata; l’intero titolo II del libro IV del codice regola, con numerose norme, la “parte generale” del contratto e l’art. 1324 c.c. dispone che “salvo diverse disposizioni di legge, le norme che regolano i contratti si osservano, in quanto compatibili, per gli atti unilaterali tra vivi aventi contenuto patrimoniale”. In questo modo la disciplina dei contratti è tendenzialmente applicabile a tutti gli altri negozi giuridici inter vivos e a contenuto patrimoniale.

Tale disciplina è il cuore dei fenomeni negoziali.

Non è però corretto dedurne una sicura e immediata applicabilità ad ogni altro tipo di negozio, diverso dal contratto; la possibilità di farvi riferimento deve essere vagliata caso per caso.

Anche se il negozio giuridico non è una figura normativa, ha un ruolo centrale nella storia della cultura giuridica ed è utilizzato dagli interpreti; pertanto è necessario illustrarne le classificazioni.

 Classificazioni dei negozi giuridici:

a) in relazione alla struttura soggettiva

Se il negozio giuridico è perfezionato con la dichiarazione di una sola parte si tratta di negozio unilaterale (è il caso del testamento o dell’atto costitutivo di una fondazione).

La nozione di parte non coincide con quella di individuo; per parte s’intende un “centro d’interessi”. Quindi si può avere una parte composta da una pluralità di persone (parte “soggettivamente complessa”). Quindi è unilaterale il negozio con cui più persone conferiscono tutte insieme una procura a vendere un bene di cui abbiano la comproprietà.

Se le dichiarazioni di volontà sono volte a formare la volontà di un organo pluripersonale di una persona giuridica o di una pluralità di individui (come per la deliberazione dell’assemblea di una società per azioni), si ha l’atto collegiale.

Nell’atto collegiale si utilizza il principio di maggioranza; la deliberazione è valida ed efficace anche se è approvata dalla maggioranza, appunto, del collegio.

Anche l’atto complesso è formato da più volontà volte ad un fine comune, ma, a differenza di quanto avviene nell’atto collegiale, queste volontà si fondono così da formarne una sola. Per esempio la dichiarazione dell’inabilitato e del suo curatore.

Quando le dichiarazioni si fondono in una sola, il vizio di una di esse inficia la dichiarazione complessa; per esempio se il curatore di un inabilitato è stato costretto da violenza a consentire all’alienazione di un bene di quest’ultimo, il vizio si riflette sulla validità della dichiarazione della “parte” venditrice (l’inabilitato assistito dal curatore), non potendo attribuirsi autonoma valenza alla dichiarazione del solo inabilitato).

Invece, se la dichiarazione di voto di un soggetto partecipante ad un’assemblea è viziata, non viene travolta automaticamente la deliberazione collegiale; dovrà valutarsi se il voto invalido era determinante per la formazione della maggioranza. Se la maggioranza sussista ugualmente la deliberazione dell’organo collegiale rimane valida (c.d. prova di resistenza).

I negozi giuridici unilaterali sono recettizi, se, per produrre effetto, la dichiarazione negoziale deve essere a conoscenza di una determinata persona, alla quale deve essere comunicata o notificata (art. 1334 c.c.; è il caso della disdetta) e non recettizi, se producono effetto a prescindere dalla comunicazione ad uno specifico destinatario (è il caso del riconoscimento di un figlio nato fuori del matrimonio).

Il negozio plurilaterale, poi, presuppone la partecipazione di (almeno) tre parti, ognuna portatrice di un’autonoma posizione di interesse (è il caso del contratto di società). Non deve essere confuso con il caso, sopra citato, in cui una delle parti di un contratto bilaterale abbia struttura plurisoggettiva; se due coniugi acquistano insieme un appartamento da destinare ad abitazione comune, il contratto di compravendita è bilaterale, pur essendo la parte acquirente formata da due soggetti.

b) in relazione alla funzione

In base alla funzione (o causa) si distinguono i negozi mortis causa (il testamento), i cui effetti presuppongono la morte di una persona, dai negozi inter vivos (come la vendita).

Poi, vi sono i negozi patrimoniali o a contenuto patrimoniale (il contratto è definito dall’art. 1321 c.c. come negozio che incide su un rapporto giuridico patrimoniale tra le parti) e i negozi apatrimoniali (come i negozi di diritto familiare o in generale i negozi personali).

Nei primi si collocano quelli ad attribuzione patrimoniale, che creano uno spostamento di diritti patrimoniali da un soggetto ad un altro (come la vendita e la donazione). Questi si dividono, a loro volta, in negozi di disposizione, che creano un’immediata diminuzione del patrimonio tramite alienazione o mediante rinunzia, e negozi di obbligazione, che danno luogo soltanto alla nascita di un’obbligazione, ancorché possa essere diretta al trasferimento di un diritto (è il caso della vendita di cosa altrui, in cui il venditore si obbliga ad acquistare la cosa dal proprietario, in guisa che il compratore possa diventarne a sua volta automaticamente proprietario: art. 1478, comma 2, c.c.).

I negozi di disposizione possono essere traslativi (se attuano il trasferimento del diritto a favore di altri), traslativo-costitutivi (se costituiscono un diritto reale limitato su di un bene del disponente), e abdicativi.

Vi sono anche negozi volti ad eliminare controversie e dubbi sulla situazione giuridica esistente; si tratta dei negozi di accertamento. L’ammissibilità di tale figura è stata, per lo più in passato, contestata da una parte della dottrina, che considerava la funzione di accertamento di situazioni giuridiche prerogativa degli organi giudiziari; i privati non avrebbero alcun potere di “accertare” la situazione di diritto. Tuttavia, di recente, sono stati superati tali dubbi e ora si ammette che le parti possano validamente chiarire, con un atto di autonomia negoziale, una situazione giuridica incerta. E per il futuro queste si atterranno nei rapporti tra loro alla situazione giuridica convenzionalmente accertata.

Il negozio di accertamento ha effetto retroattivo; l’incertezza viene eliminato ab origine, come se non fosse mai esistito.

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Riferimenti:

  • Torrente, Schlesinger, Manuale di diritto privato, Giuffrè, XXV ed.

Fonti normative:

  • Artt. 84-142 c.c. ;
  • art. 478 c.c. ;
  • artt. 587-712 c.c. ;
  • art. 769 c.c. ;
  • art. 782 c.c. ;
  • art. 798 c.c. ;
  • art. 1014 c.c. ;
  • artt. 1236 e 1237 c.c. ;
  • artt. 1321-1469 c.c. ;
  • art. 1478, comma 2, c.c. ;
  • artt. 1490-1496 c.c. ;
  • art. 1712, comma 2, c.c. ;
  • art. 1803, comma 2, c.c. ;
  • art. 1937 c.c. ;
  • artt. 2901 e 2937 c.c.