Dipinto barva che naviga in acque mosse
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L’alto mare e la libertà di navigazione

Il regime dell’alto mare e dei fondi marini internazionali

Ai sensi dell’art.1 della Convenzione di Ginevra sull’alto mare, costituiscono alto mare “tutte le parti del mare non comprese nel mare territoriale o nelle acque interne di uno Stato”. Questa definizione va oggi rivista alla luce dei nuovi istituti della ZEE e delle acque arcipelagiche.
Le disposizioni sull’alto mare si applicano a tutte le parti del mare che non siano ricomprese nella ZEE, nelle acque interne o territoriali e nelle acque arcipelagiche.
L’alto mare inizia a partire dal limite esterno della ZEE. Nel caso in cui lo Stato non abbia proclamato ZEE, le acque dell’alto mare sono poste al di là del mare territoriale.
L’alto mare è aperto a tutti gli Stati e non si può pretendere di assoggettare alcuna parte alla propria sovranità. Ogni Stato è libero di utilizzarlo e specificatamente ha libertà: di navigazione, di pesca, di posa di cavi e condotti sottomarini, di sorvolo, di costruire isole artificiali e di ricerca scientifica.

Tali libertà sono esercitate nel rispetto del godimento che ogni altro Stato della comunità internazionale deve avere.
Ogni Stato, sia costiero sia privo di litorale, ha diritto di far navigare in alto mare navi battenti la propria bandiera. Le condizioni cui è subordinata l’attribuzione della bandiera sono determinate liberamente da ciascuno Stato; tuttavia, la Convenzione di Ginevra e quella delle Nazioni Unite stabiliscono che debba esistere un legame sostanziale fra lo Stato e la nave che batte la sua bandiera. Alcuni Stati, fra cui l’Italia, richiedono l’esistenza di un collegamento effettivo tra nave e comunità, altri accordano facilmente la propria nazionalità alle navi, dando luogo al fenomeno delle bandiere ombra: la nave non è sotto l’effettivo controllo dello Stato della bandiera ed elude gli standard di sicurezza e le norme generalmente in uso di tutela del lavoro degli equipaggi.
Nel 1986 è stata adottata una Convenzione sulle condizioni di registrazione delle navi che si propone l’obiettivo di rafforzare il legame tra nave e Stato della bandiera. Essa ha avuto scarso seguito. È corretto affermare che lo Stato che omette di esercitare i controlli sulle proprie navi commette un illecito internazionale.

In alto mare le navi sono soggette alla giurisdizione esclusiva dello Stato della bandiera; pertanto la nave deve avere una sola nazionalità: la nave che batta la bandiera di due o più Stati è assimilata alla nave priva di nazionalità, per cui non può invocare la protezione di alcuno Stato.
Il suolo e sottosuolo marino siti oltre il limite esterno della piattaforma continentale e le risorse ivi esistenti non sono più assoggettati al regime dell’alto mare e al principio di libertà; sono stati proclamati patrimonio comune dell’umanità. L’utilizzazione dei fondi marini deve avvenire a fini pacifici e l’esplorazione e lo sfruttamento nel rispetto e nell’interesse dell’umanità intera, tenendo conto dei paesi in via di sviluppo. Dovrà essere assicurata un’equa ripartizione tra tutti gli Stati dei proventi delle attività di utilizzazione economica dei fondi marini internazionali.
I fondi marini al di là della giurisdizione nazionale vengono denominati “area”: la colonna d’acqua sovrastante l’area è soggetta al principio della libertà dell’alto mare e quindi possono esercitarsi le attività di pesca.

Le zone di ricerca e soccorso

La Convenzione sul diritto del mare impone l’obbligo di prestare soccorso a chi si trova in pericolo, principio di fondamentale importanza visti i noti eventi collegati al traffico illegale di migranti via mare, specialmente nel Mediterraneo. Tale obbligo non è assoluto, è condizionato dalla circostanza che siano messi a repentaglio la nave soccorritrice, il suo equipaggio e i passeggeri. Il comandante deve procedere velocemente al soccorso delle persone in pericolo, sempre che ci si possa aspettare da lui tale iniziativa. Si dovrà tener conto di tutte le circostanze del caso che rientreranno nella valutazione del comandante, tenuto conto che il principio di buona fede ne limita la discrezionalità. Il soccorso deve essere prestato anche in caso di collisione. È promossa una zona di ricerca e soccorso con un servizio ad hoc e permanente. Talvolta gli Stati istituiscono zone di ricerca e salvataggio molto ampie (Malta ne ha istituito una che si sovrappone a quella italiana).

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Le eccezioni al principio di libertà di navigazione in alto mare

La regola per cui in alto mare le navi sono sottoposte alla esclusiva giurisdizione dello Stato bandiera è assoluta per le navi da guerra; le stesse sono immuni dalla giurisdizione di ogni Stato diverso da quello della bandiera. Per le navi private il diritto internazionale prevede ipotesi di intervento. La prima ipotesi riguarda la pirateria: la norma che la prevede è di diritto consuetudinario. Il pirata esplica la sua attività in alto mare, al di fuori del controllo statale, per cui si è inteso proteggere la sicurezza dei traffici marittimi dando a qualsiasi Stato il potere di reprimere un’attività criminosa che finirebbe per mettere in pericolo il principio di libertà di navigazione. Ogni Stato, in alto mare, può catturare una nave pirata.

Tale potere non spetta se la nave pirata si rifugia nelle acque territoriali altrui: in tal caso dovrà intervenire lo Stato costiero; in caso di sua incapacità, perché ad es. versa in situazioni di anarchia, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite può autorizzare gli Stati ad intervenire nelle acque territoriali altrui.
Guardie armate, militari o civili possono essere imbarcati su navi mercantili; non sono però abilitate a dare la caccia ai pirati e possono esercitare solo il diritto di legittima difesa qualora la nave venga attaccata.
Gli atti di pirateria sono atti illegittimi di violenza, detenzione o depradazione commessi per fini privati dall’equipaggio o dai passeggeri di una nave contro un’altra nave in alto mare o contro persone o beni che si trovino a bordo.

Tali atti possono essere compiuti solo da navi private, non da guerra. Devono essere coinvolte almeno due navi. La norma sulla pirateria è stata estesa anche agli aeromobili. Gli atti di terrorismo commessi per fini politici, difficilmente ricadono sotto la fattispecie di pirateria. Non sono atti di pirateria neanche le azioni di protesta violenta compiute in alto mare da navi di associazioni ambientalista contro altre navi.
Le navi da guerra di uno Stato straniero possono abbordare in alto mare e sottoporre a visita la nave sospetta di essere dedita alla tratta degli schiavi. Non spetta però un diritto di cattura che compete solo allo Stato della bandiera.

Lo Stato costiero può inseguire e catturare in alto mare le navi straniere che abbiano violato le sue legge in zone sottoposte alla propria giurisdizione. L’inseguimento ha inizio quando la nave straniera si trova nelle acque interne o territoriali dello Stato costiero, oppure nella sua zona contigua, ZEE o acque sovrastanti la piattaforma continentale. Può essere esercitato dallo Stato solo per violazioni di particolari diritti, ad es. per attività di pesca nella ZEE non consentite. Deve essere continuo e, nel caso di interruzione, per temporanea avaria della nave inseguitrice, esso non può essere lecitamente ripreso.

Il diritto di visita può essere esercitato da una nave da guerra anche nei confronti di una nave priva di nazionalità o nei confronti di una nave che, pur navigando sotto bandiera straniera, abbia in realtà la stessa nazionalità della nave da guerra.
Una norma consuetudinaria ha specificato che lo Stato costiero può prendere anche nei confronti di navi straniere le misure necessarie per prevenire o eliminare i pericoli di inquinamento derivanti da un incidente marittimo. La Convenzione del 1982 consente misure di autorità su navi straniere in alto mare anche nelle ipotesi in cui queste siano impiegate per trasmissioni non autorizzate (trasmissioni radiofoniche o televisive diffuse verso il grande pubblico in violazione delle regole internazionali).

Tale potere è attribuite allo Stato bandiera, allo Stato di cui i responsabili abbiano la nazionalità e agli Stati nei quali le trasmissioni sono ricevute.
Tra le eccezioni alla libertà dell’alto mare è l’istituto della “presenza costruttiva” che si realizza quando una nave ancorata al largo (nave madre) si serva di battelli che fanno la spola tra la nave stessa e la terraferma per mettere in atto traffici illeciti. In tal caso lo Stato costiero può visitare la nave in alto mare e prendere misure repressive. Altre fattispecie sono delineate in altre convenzioni multilaterali.

La Convenzione del 1982 dispone l’obbligo di cooperazione tra gli Stati per la repressione del traffico di stupefacenti. La Convenzione di Vienna del 1988 non accorda il potere di arrestare una nave straniera in alto mare, senza il consenso dello Stato della bandiera. Però è stabilito un meccanismo per facilitare il consenso poiché gli Stati parti sono obbligati a designare un’autorità competente a ricevere e decidere sulle richieste di autorizzazione a fermare una nave.
In merito al terrorismo marittimo non è prevista alcuna norma circa il diritto di arrestare una nave straniera in potere di un gruppo terrorista, però l’emendamento della Convenzione del 1988 istituisce forme di cooperazione tra gli Stati allo scopo di arrestare una nave sospetta di essere adibita alla commissione di atti di terrorismo. La nave sospetta può essere abbordata e perquisita con il consenso dello Stato bandiera ed è previsto un meccanismo per facilitare il consenso.

La zona di identificazione aerea

La libertà di sorvolo trova applicazione nello spazio aereo sopra l’alto mare e nello spazio atmosferico sovrastante la ZEE. Tale spazio è aperto alla libera utilizzazione degli aerei civili e militari di tutti gli Stati. Si è concretizzata la prassi di istituire presso le proprie coste le zone di identificazione aerea (Stati Uniti e Canada) che si estendono per decine di miglia nello spazio aereo sovrastante l’alto mare o la ZEE dello Stato costiero.

Gli Stati costieri richiedono agli aerei che entrano in tali zone, e che si dirigono verso il loro territorio, di farsi identificare e di fornire informazioni relative al volo. La notevole estensione può essere giustificata dalle elevate velocità oggi raggiunte da taluni tipi di aeromobili. Queste zone con finalità di sicurezza, non vanno confuse con le regioni per le informazioni di volo (FIR) istituite dalla Convenzione sull’aviazione civile internazionale. Sono zone di ripartizione e controllo del traffico aereo di natura civile che si estendono anche allo spazio aereo internazionale.

Gli aerei devono comunicare allo Stato costiero, che controlla la FIR, tutte le informazioni richieste. I servizi resi per il controllo del traffico aereo sono a titolo oneroso. Tali procedure non si applicano agli aerei militari, che non sono tenuti a comunicare il loro piano di volo.

Gli stati arcipelago

Lo Stato arcipelago è costituito da uno o più arcipelaghi ed eventualmente da altre isole. Per arcipelago si intende un gruppo di isole le quali hanno, le une con le altre, rapporti così stretti da formare un tutto geografico, economico o politico, o che storicamente sono considerate tali. Non rientrano nello speciale regime gli arcipelaghi appartenenti a Stati formati da territori anche non insulari (Isole Azzorre). Gli Stati arcipelago possono tracciare linee di basse rette (linee di base arcipelagiche) che congiungono i punti estremi delle isole o degli scogli emergenti dell’arcipelago.

La chiusura è ammissibile purché il tracciato delle linee rette includa al suo interno le isole principali dell’arcipelago e la proporzione tra le acque racchiuse dalle linee e la superficie terrestre sia tra 1:1 e 9:1. Uno Stato che si proclami Stato arcipelago guadagna vaste aree marine. Le zone di mare all’interno di tali rette sono assoggettate alla sovranità dello Stato. In queste vige il diritto di passaggio inoffensivo e in relazioni a particolari rotte, corrispondenti a quelle utilizzate normalmente per la navigazione internazionale, si applica il diritto di passaggio arcipelagico, il quale è assimilabile al diritto di passaggio in transito attraverso gli stretti: esso comprende il diritto di navigazione e di sorvolo senza impedimento.

Lo Stato arcipelagico può designare i corridoi di navigazione e le rotte aeree per le quali vale il passaggio arcipelagico; qualora non vi provveda il diritto di passaggio si applica alle rotte normalmente utilizzate per la navigazione internazionale. Il regime dettato per gli Stati arcipelago è riconosciuto dal diritto internazionale generale.

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Fonti normative:

  • Convenzione di Ginevra del 1958
  • legge 189/2002
  • legge 61/2006
  • Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 1982
  • Convenzione sulle condizioni di registrazione delle navi del 1986
  • Convenzione di Vienna del 1988