Il tema della cittadinanza europea, oltre ad essere un tema molto dibattuto, è domanda ricorrente dell’esame di diritto dell’UE.
Spesso su questo istituto si ha un po’ di confusione. Il team di Ripetiamo diritto ha deciso di approfondirlo e di esaminarne gli aspetti più rilevanti. Se cerchi un riassunto sulla cittadinanza europea, salva il nostro articolo.
La cittadinanza europea, quale status comune a tutti i cittadini degli Stati membri, si aggiunge (non si sostituisce) alla cittadinanza nazionale, arricchendola di propri specifici diritti.
Essa è oggi contenuta nel TUE e ribadita nel TFUE. I Trattati non fissano criteri autonomi di attribuzione della cittadinanza EU, ma operano un rinvio alle norme sulla cittadinanza dei singoli Stati per stabilire chi è cittadino dell’Unione. Il TUE precisa che è tale chiunque abbia la cittadinanza di uno Stato membro.
In linea col carattere aggiuntivo e non sostitutivo della cittadinanza EU rispetto a quella nazionale, il possesso della prima deriva automaticamente dal solo fatto di essere cittadino di uno Stato membro. E si resta cittadini dell’Unione fintanto che si conserva la cittadinanza dello Stato membro.
Il ruolo della Corte di Giustizia
La Corte di Giustizia ha specificato che la competenza degli Stati dell’UE in tema di cittadinanza deve esercitarsi nell’osservanza del diritto dell’Unione; l’attribuzione o la privazione della cittadinanza non può violare tale diritto. Ad esempio non è possibile revocare la cittadinanza a un individuo quando tale revoca rappresenta una violazione di un diritto fondamentale tutelato nell’ordinamento dell’Unione.
Una normativa interna che dichiarasse la perdita della cittadinanza per motivi razziali, non sarebbe conforme al diritto dell’Unione; quindi, incapace di privare quel soggetto dello status di cittadino dell’UE. E ancora, la legislazione di uno Stato membro non può negare la cittadinanza conferita da un altro Stato membro o mettere limiti agli effetti dell’attribuzione stessa.
Inoltre, con la sentenza Zambrano i giudici europei specificano che i diritti connessi alla cittadinanza europea abbiano una dimensione autonoma rispetto all’effettivo esercizio di una libertà economica prevista dal Trattato. La Corte ha, infatti, affermato che uno Stato membro non può rigettare il permesso di soggiorno ad un cittadino di uno Stato terzo che abbia a proprio carico i figli minori, in possesso, questi ultimi, della cittadinanza dello stesso Stato membro. Un eventuale diniego avrebbe la conseguenza di comandare anche ai minori di dover lasciare il territorio dell’Ue, con l’impossibilità di godere dei diritti attribuiti dallo status di cittadini europei.
I diritti e i doveri del cittadino europeo
Il TFUE (art. 20) precisa che i cittadini dell’Unione godono dei diritti e sono soggetti ai doveri previsti nei Trattati, individuando poi un nucleo essenziale di diritti caratterizzanti tale status:
- quello di entrata e residenza in ogni Stato, esercitandovi se del caso l’elettorato attivo e passivo nelle elezioni comunali ed EU;
- la protezione diplomatica e consolare al di fuori del territorio dell’Unione anche da parte di Stati diversi dal proprio;
- il diritto di petizione al Parlamento EU, quello di denuncia al Mediatore EU e quello di rivolgersi alle istituzioni e agli organi consultivi dell’Unione in una delle lingue ufficiali dell’Unione e di vedersi rispondere nella stessa lingua.
La maggior parte di tali diritti scaturisce dall’essere semplicemente cittadini di uno Stato membro.
La cittadinanza europea non realizza un allargamento ratione personae dei Trattati o dei beneficiari dei diritti attribuiti dal diritto dell’Unione. Di sicuro, però, la formalizzazione della cittadinanza europea, intesa come status fondamentale dei cittadini degli Stati membri, ha un valore simbolico che tende a incrementare quella coscienza civica europea, prima del tutto sconosciuta.
I diritti relativi alla cittadinanza europea sono invocabili solo qualora il soggetto si trovi in una situazione di rilevanza per l’Unione e non puramente interna; la cittadinanza dell’UE non amplia gli effetti del Trattato a situazioni nazionali che non abbiano un riferimento al diritto comunitario.
L‘art. 20 TFUE non fa una elencazione tassativa di tali diritti; infatti gli stessi sono suscettibili di ampliamento. Il Consiglio può adottare all’unanimità, in base ad una procedura legislativa speciale e previa approvazione del Parlamento, disposizioni volte a completare i diritti elencati.
I diritti più rilevanti
- Diritto di libera circolazione e di soggiorno nel territorio degli Stati membri (art. 21 TFUE). Tale diritto si ricava già dalle norme del Trattato in materia di libera circolazione delle persone, ma solo con riferimento ai lavoratori subordinati e ai lavoratori autonomi nell’ambito del diritto di stabilimento. Ad oggi, invece, l’esercizio di tale diritto è svincolato dallo svolgimento di un’attività economica, ma discende direttamente dallo status di cittadino europeo. È possibile farlo valere in qualsiasi contesto, se pur con le limitazioni generali previste dai Trattati e dal diritto derivato (come l’ordine pubblico, la pubblica sicurezza e la sanità pubblica).
- Diritto di elettorato alle elezioni amministrative e del Parlamento europeo. L’art. 22 TFUE dà ad ogni cittadino europeo il diritto di elettorato attivo e passivo alle elezioni comunali nello Stato membro di residenza alle stesse condizioni dei cittadini di detto Stato. Tale diritto è conseguenza, o un completamento, del diritto di libera circolazione; quest’ultimo avrebbe potuto incontrare ostacoli se lo spostamento da uno Stato membro a un altro avesse determinato l’impossibilità di partecipare alle elezioni comunali nello Stato di residenza.
- Diritto di petizione. Ogni cittadino dell’Unione può proporre una petizione al Parlamento europeo su qualsiasi ambito che riguardi il campo di azione dell’UE. Tale diritto non è attribuito solo ai cittadini europei, ma anche ad ogni persona fisica o giuridica che risieda o abbia la sede sociale in uno Stato membro.
- Diritto di ricorrere al Mediatore europeo. I cittadini dell’Unione (ma anche, come anzidetto, ogni persona fisica o giuridica residente o avente la sede sociale in uno Stato membro) può rivolgere al Mediatore una denuncia in cui evidenzi di essere stato leso dalla cattiva amministrazione europea.