La società semplice e la società in nome collettivo – Parte 2

diritto commerciale soci

1. La responsabilità dei soci per le obbligazioni sociali

Nella società semplice e nella società in nome collettivo per le obbligazioni sociali risponde la società col proprio patrimonio sociale; infatti, i creditori della società possono far valere i loro diritti sul patrimonio sociale (art. 2267, 1 comma, c.c.). Quanto specificato è la garanzia primaria di chi concede credito alla società; ma non l’unica, poiché per le obbligazioni sociali rispondono personalmente e illimitatamente anche i singoli soci.

Nella società semplice la responsabilità personale di tutti i soci è principio dispositivo, parzialmente derogabile. L’art. 2267 c.c. dispone che: in tale società

per le obbligazioni sociali rispondono inoltre personalmente e solidalmente i soci che hanno agito in nome e per conto della società e, salvo patto contrario, gli altri soci”.

Per questi ultimi, quindi, la responsabilità può essere esclusa o limitata da apposito patto sociale. Non può essere esclusa, in nessun caso, la responsabilità di tutti i soci.
Nelle s.n.c. la responsabilità illimitata e solidale di tutti i soci è inderogabile. Il patto contrario non ha effetto verso i terzi.

In entrambe le tipologie di società “chi entra a far parte della società già costituita risponde con gli altri soci per le obbligazioni sociali anteriori all’acquisto della qualità di socio” (art. 2269 c.c.).
Lo scioglimento parziale del rapporto sociale per morte, recesso ed esclusione e per cessione della quota non fa venir meno la responsabilità personale del socio per le obbligazioni anteriori al verificarsi di tali eventi. Il socio uscente non è responsabile per le obbligazioni sorte successivamente. Tale scioglimento deve essere portato a conoscenza dei terzi con mezzi idonei.

Nella società semplice e nella società in nome collettivo i creditori sociali hanno possibilità di soddisfarsi su due patrimoni; le responsabilità dei soci e della società, però, non sono sullo stesso piano. I soci sono responsabili in solido tra loro, ma in via sussidiaria rispetto alla società, poiché godono del beneficio di preventiva escussione del patrimonio sociale (art. 2268 e 2304 c.c.). Quindi i creditori sociali devono soddisfarsi prima sul patrimonio della società prima di aggredire il patrimonio personale dei soci.

Nella società semplice il creditore può rivolgersi direttamente al singolo socio illimitatamente responsabile e sarà questi a invocare la preventiva escussione del patrimonio sociale indicando, ex art 2268 c.c., i beni sui quali il creditore può soddisfarsi. Quindi il beneficio di escussione opera in via eccezionale e il socio è tenuto a pagare se non prova che nel patrimonio sociale esistono beni non solo sufficienti ma agevolmente aggredibili dal creditore istante. Questa disciplina si applica anche alla collettiva irregolare.
Nella società collettiva regolare, invece, il beneficio di escussione opera automaticamente. Anche se la società è in liquidazione i creditori sociali non possono pretendere il pagamento dai singoli soci, se non dopo l’escussione del patrimonio sociale, ex art. 2304 c.c.. Ricorrendone le condizioni il creditore può chiedere a ciascun socio il pagamento integrale del proprio credito e il socio pagante potrà fare azione di regresso verso gli altri soci (dopo aver agito in regresso verso la società stessa per l’intero debito).

Invece, il patrimonio della società è insensibile rispetto alle obbligazioni personali dei soci e non è tangibile da tali creditori. Ciò, però, non significa che il creditore non abbia alcuna tutela. Il creditore personale del socio può far valere i suoi diritti sugli utili spettanti al socio suo debitore, nonché può compiere atti conservativi sulla quota allo stesso spettante nella liquidazione della società (art. 2270 c.c.).
Nella società semplice e in quella collettiva irregolare il creditore può chiedere la liquidazione della quota del suo debitore, provando che gli altri beni del debitore sono insufficiente a soddisfare i suoi crediti.
Nella società in nome collettivo regolare il creditore particolare del socio, finché dura la società, non può richiedere la liquidazione della quota del socio debitore (art. 2305 c.c.), neanche se prova che i beni del suo debitore non sono sufficienti a soddisfarlo.

2. Modelli legali e modelli statutari

Il modello di organizzazione della società semplice e della società in nome collettivo è molto scarno:

  • ogni socio, illimitatamente responsabile, ha il potere di amministrazione e rappresentanza
  • per modificare il contratto sociale è necessario il consenso di tutti i soci
  • Tali principi, come già in parte anticipato, possono essere modificati dai soci.

3. L’amministrazione della società

Il potere di amministrazione della società consiste nel compiere tutti gli atti che rientrano nell’oggetto sociale.

Ogni socio illimitatamente responsabile è amministratore della società (art. 2257 c.c.). L’atto costitutivo può tuttavia prevedere che l’amministrazione sia affidata solo ad alcuni di essi, contrapponendo così i soci amministratori ai soci non amministratori.
Se l’amministrazione spetta a più soci e il contratto sociale nulla dispone si applica il regime della amministrazione disgiuntiva (art. 2257 c.c.). Ciascun socio amministratore può compiere atti che rientrano nell’oggetto sociale, senza essere tenuto a chiedere il consenso o il parere degli altri soci amministratori. Questo ampio potere è temperato del diritto di opposizione di ciascun socio, che deve essere sviluppato prima che l’operazione sia compiuta.

Eventuali contrasti tra amministratori possono essere decisi da arbitratori che possono dare delle indicazioni vincolanti.
Dal momento che l’amministrazione disgiuntiva può creare situazioni in cui il socio adotti decisioni non proficue per la società, il legislatore prevede la possibilità dell’amministrazione congiuntiva. Essa deve essere espressamente convenuta ed è necessario il consenso di tutti i soci amministratori per il compimento di operazioni sociali (sempre che lo statuto non prevede la maggioranza). Questa rigidità viene temperata dal potere di agire individualmente dato ad ogni socio quando vi è urgenza di evitare danno alla società.

4. Amministrazione e rappresentanza

Gli amministratori hanno anche il potere di firma, ovvero la rappresentanza. Tale potere consiste nell’agire nei confronti di terzi in nome della società, dando luogo all’acquisto di diritti e all’assunzione di obbligazioni da parte della stessa. Esso non è un potere di gestione, che è il potere di decidere il compimento degli atti sociali; inoltre mentre quest’ultimo riguarda l’attività amministrativa interna, il potere di rappresentanza riguarda l’attività amministrativa esterna.

La rappresentanza può essere congiunta o disgiunta. Tale potere riguarda sia gli atti di ordinaria amministrazione che quelli di straordinaria amministrazione.
Inoltre, la rappresentanza oltre ad essere sostanziale può essere anche procedurale. La società può agire in giudizio (rappresentanza processuale attiva) o essere convenuta (rappresenta processuale passiva).
L’atto costitutivo può prevedere anche la dissociazione tra potere di gestione e di rappresentanza.
Le limitazioni del potere di rappresentanza sono opponibili nella s.n.c. regolare ai terzi tramite lo strumento della pubblicità legale. In quella irregolare, mancando la registrazione, si presume che ogni socio abbia la rappresentanza. Nella società semplice le limitazioni sono sempre opponibili ai terzi.

5. I soci amministratori

Ogni socio è amministratore; ma lo statuto può derogare a tale regola.
I soci amministratori sono nominati nell’atto costitutivo o con atto separato da questo. Quindi la revoca di un amministratore nominato nell’atto costitutivo comporta una modifica dello stesso, che deve essere fatta all’unanimità (se non è convenuto diversamente). L’amministratore nominato per atto separato, invece, è revocabile secondo le norme del mandato.

In ogni caso la revoca per giusta causa può essere chiesta giudizialmente da ciascun socio.
La qualità di amministratore va comunque tenuta sempre distinta da quella di socio (art. 2257 c.c.). Infatti il rapporto di amministrazione è fonte di diritti, poteri, obblighi e responsabilità distinti da quelli del socio.
Le regole applicabili al rapporto di amministrazione sono quelle del mandato. L’amministratore compie, infatti, tutti gli atti rientranti nell’oggetto sociale. Da tali poteri sono esclusi quelli che riguardano il cambiamento dell’oggetto sociale.

Nella s.n.c. gli amministratori tengono le scritture contabili e redigono il bilancio di esercizio (art. 2302 c.c.) e provvedono all’iscrizione nel registro delle imprese.
Gli amministratori sono responsabili verso la società e possono essere chiamati a rispondere dei danni verso la stessa. Essi sono responsabili, nonostante il silenzio legislativo, anche verso i soci.
I soci amministratori avranno diritto a un compenso per il loro ufficio, sia se nominati nell’atto costitutivo che in un atto separato.

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6. I soci non amministratori

La legge riconosce ai soci esclusi dall’amministrazione ampi e penetranti poteri di informazione e controllo. Il socio non amministratore ha:

  • il diritto di avere dagli amministratori notizie dello svolgimento degli affari sociali,
  • il diritto di consultare i documenti relativi all’amministrazione e tutte le scritture contabili della società,
  • il diritto di ottenere un rendiconto degli affari sociali.

7. Il divieto di concorrenza

Nella società in nome collettivo, e non nella società semplice, incombe l’obbligo, per i soci amministratori e non, di non esercitare per proprio conto o altrui un’attività concorrente con quella della società e di non partecipare come socio illimitatamente responsabile ad una società concorrente (art. 2301 c.c.).

La norma vuole proteggere la società dal danno che le deriverebbe dall’attività concorrenziale diretta o indiretta del socio.

Il divieto non impedisce al socio di partecipare come socio limitatamente responsabile in un’altra società concorrente di persone o capitali.

8. Le modificazioni dell’atto costitutivo

Nella società semplice e nella società in nome collettivo il contratto sociale può essere modificato solo con il consenso di tutti i soci, se non viene convenuto diversamente (art. 2252 c.c.). Quindi, in mancanza di diversa pattuizione si dà piena tutela al socio che vuole mantenere inalterate le condizioni.

Fra le modificazioni del contratto sociale rientrano i mutamenti nella composizione della compagine sociale. Considerato il rapporto fiduciario (intuitu personae) che intercorre tra i soci è necessario il consenso di tutti i soci per il trasferimento della quota sociale. In mancanza l’atto non produce effetti né per la società né per i soci. Il consenso al trasferimento della quota può essere dato anche in via preventiva; si può prevedere una clausola all’interno dell’atto costitutivo che stabilisce la libera trasferibilità fra vivi della quota e/o la continuazione della società con gli eredi del socio defunto.

Nella società in nome collettivo le modificazioni dello statuto sono soggette a pubblicità legale e finché non sono iscritte nel registro delle imprese non sono opponibili ai terzi. Lo stesso vale per le società semplici.

Nella collettiva irregolare le modifiche devono essere portate a conoscenza dei terzi con i mezzi necessari.

Anche se la regola è l’unanimità, si può prevedere anche la maggioranza.

9. Metodo collegiale e principio maggioritario

Il consenso di tutti i soci è espressamente richiesto dal legislatore per le modifiche dell’atto costitutivo (art. 2252 c.c.). Anche il principio maggioritario è espressamente previsto, ad esempio, per la soluzione di conflitti tra amministratori nel caso di amministrazione disgiunta (la maggioranza si calcola per quote di interesse).

Lo stesso vale per l’esclusione del socio calcolata per teste. Ci sono poi altre norme che non specificano se la decisione debba essere presa a maggioranza o all’unanimità (è il caso dell’approvazione del bilancio di esercizio nella collettiva, esonero dall’obbligo di concorrenza). Se non è previsto nulla nello statuto per questi particolari casi l’art. 2252 c.c. dispone che il consenso di tutti i soci è necessario, salvo diverso accordo, quando la decisione tocca le basi organizzative, legali o convenzionali, della società. È il caso della revoca del socio amministratore. La regola della maggioranza verrà applicata, nel silenzio dell’atto costitutivo, quando si tratti di decisioni che attengono alla gestione dell’impresa comune (come l’approvazione del bilancio). Dopo la riforma del 2003 si è estesa la regola della maggioranza anche nei casi di trasformazione, fusione e scissione. Queste tre situazioni modificano profondamente l’assetto societario; pertanto sono tre eccezioni.

Per quanto riguarda l’utilizzo del metodo collegiale o assembleare il legislatore nulla dispone. Pertanto, parte della dottrina ritiene che il metodo assembleare nella società di persone sia superfluo. Per le decisioni all’unanimità basterebbe l’accordo di tutti i soci comunque raggiunto; per le decisioni a maggioranza non è necessario consultare tutti i soci in quanto le decisioni a maggioranza verrebbero prese all’insaputa della minoranza.

Altri giuristi si oppongono a questa conclusione. Sostengono, infatti, che il metodo collegiale è utilizzato ampiamente nel diritto privato; è il caso della comunione e dell’associazione. Inoltre, la riforma del 2003 ha specificato che nella società a responsabilità limitata il metodo collegiale non è più derogabile; pertanto, non si comprende come nelle società di persone debba utilizzarsi un metodo più rigoroso.

10. Scioglimento del singolo rapporto e scioglimento della società

Il singolo socio può cessare di far parte della società per morte, recesso o esclusione. Il principio di fondo che opera su queste vicende è la conservazione del vincolo societario. Infatti in questi casi non si determina lo scioglimento della società ma la ridefinizione dei rapporti patrimoniali attraverso la liquidazione della quota sociale. Ciò viene applicato anche quando rimane un unico socio; infatti, secondo il legislatore è sì necessario che la pluralità venga costituita, ma nel termine di sei mesi.


Sintesi di “Diritto Commerciale – Vol. II: Diritto delle società” – G.F. Campobasso, UTET

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