Le società di persone
L’art. 2247 c.c. dispone che “Con il contratto di società due o più persone conferiscono
beni e servizi per l’esercizio in comune di un’attività economica allo scopo di dividerne gli utili”. Nell’ampio genere delle società troviamo le società di persone e le società di capitali.
Le società di persone comprendono la società semplice, la società in nome collettivo e la società in accomandita semplice.
La società semplice, disciplinata dagli artt. 2251-2290 c.c., viene utilizzata solo per le attività non commerciali. È un regime residuale.
La società in nome collettivo (artt. 2291-2312 c.c.), invece, viene utilizzata per le attività commerciali e non commerciali. In questa tipologia di società tutti i soci sono solidalmente e illimitatamente responsabili per le obbligazioni sociali e non è ammesso patto contrario (art. 2291 c.c.).
La società in accomandita semplice (artt.2313-2324 c.c.) è caratterizzata dalla presenza di due categorie di soci: gli accomandanti che rispondono limitatamente alla quota conferita in società e gli accomandatari che rispondono solidalmente e illimitatamente per le obbligazioni sociali.
La disciplina dettata per la società semplice viene applicata, a mezzo di specifici rinvii, anche alla s.n.c. e alla s.a.s.. Considerato il carattere residuale di questa categoria essa veniva utilizzata per lo più per le attività agricole; ad oggi, quasi mai in questo settore le parti optano per tale tipo di società preferendo società di capitali o società cooperative. Il legislatore ha dato la possibilità di utilizzare la società semplice anche per la costituzione di una società tra professionisti; nonostante tale novità i risultati sono stati deludenti.
L’atto costitutivo
Il contratto di società semplice “non è soggetto a forme speciali, salvo quelle richieste dalla natura dei beni conferiti” (art. 2251 c.c.). Fino al 1993 non era prevista l’iscrizione nel registro delle imprese della società semplice; successivamente (con la Legge 580 del 1993) viene stabilita la sua iscrizione in una sezione speciale del registro con funzione di pubblicità notizia. Il d.lgs 228 del 2001 ha poi stabilito, e attribuito, la funzione di pubblicità legale con efficacia dichiarativa ex art. 2193 c.c.. Pertanto, le società semplici esercenti attività agricole sono soggette al regime di pubblicità legale con effetti dichiarativi; le società semplici esercenti attività non commerciale e non agricola (quindi le società di liberi professionisti) sono soggette al regime di pubblicità notizia.
La società semplice viene costituita in modo semplice, senza particolari formalismi, e ciò vale anche per la registrazione. Il contratto di società semplice, infatti, può essere concluso anche verbalmente o risultare da comportamenti concludenti (la c.d. società di fatto). Se le parti rimangono in silenzio su alcuni aspetti riguardanti la società il legislatore interviene con delle norme suppletive (artt. 2253, 2257).
Per quanto riguarda le società in nome collettivo l’iscrizione nel registro delle imprese è subordinata a regole di forma (art. 2296 c.c.) e di contenuto (art. 2295 c.c.). L’iscrizione, infatti, è condizione di regolarità della società, ma non di esistenza (come per le società per azioni). L’omessa registrazione comporta che i rapporti tra la società e i terzi siano regolati dalla disciplina della società semplice.
La società in nome collettivo regolare è regolarmente iscritta nel registro delle imprese; quella irregolare non risulta iscritta nel registro delle imprese o perché le parti non hanno redatto l’atto costitutivo (società di fatto) o perché lo hanno redatto ma non lo hanno registrato (società irregolare in senso proprio). In questi due ultimi casi si applicherà il regime della collettiva irregolare.
L’atto costitutivo della s.n.c. viene redatto per atto pubblico o scrittura privata autenticata e contiene:
- il cognome, il nome, il luogo e la data di nascita, il domicilio e la cittadinanza dei soci; la ragione sociale (costituita dal nome di uno o più soci con l’indicazione del rapporto sociale, ex art. 2292, 1 comma c.c.);
- i soci che hanno amministrazione e rappresentanza della società; la sede della società (e le possibili sede secondarie);
- l’oggetto sociale;
- i conferimenti di ciascun socio, le prestazioni a cui sono obbligati i soci d’opera, le norme secondo cui devono essere ripartiti utili e quote di ciascun socio e la durata della società.
Il principio di libertà delle forme per la costituzione della società trova un limite quando sono previste forme speciali per la natura dei beni conferiti. La forma scritta, a pena di nullità, è necessaria quando il conferimento ha per oggetto beni immobili o diritti reali immobiliari. In mancanza sarà nullo il conferimento non il contratto di società (quest’ultima ipotesi si avrà solo quando la partecipazione del socio rivesta carattere essenziale).
2.1 La ragione sociale
Le società di persone vengono individuate grazie alla ragione sociale. Essa ricomprende:
l’eventuale nome della società, il nome di uno o più soci, l’indicazione del rapporto sociale (ovvero, S.n.c. o S.a.s.). A titolo esemplificativo: “Verdi & Rossi S.n.c.”.
La ragione sociale delle società di persone è oggetto di iscrizione nel registro delle imprese . Tale atto serve a rendere il diritto di esclusiva opponibile a terzi; essa rappresenta una vera e propria forma di individuazione tra più società aventi lo stesso nome. Più nel dettaglio, nelle società in nome collettivo la ragione sociale deve contenere il nome di uno, o più soci, indifferentemente, con l’indicazione del rapporto sociale (art. 2292 c.c.); nella società semplice si può omettere di includere i suddetti nominativi.
Società di fatto e società occulta
La società di fatto sussiste quando si costituisce una società per fatti concludenti e non per atto scritto. Questa particolare tipologia di società è regolata dalle norme della società semplice se non esercita attività commerciale; si applicano le norme sulla collettiva irregolare se l’attività è commerciale.
La società di fatto, che esercita attività commerciale, è esposta al fallimento, così come ogni altro imprenditore commerciale. Tale fallimento determina automaticamente il fallimento di tutti i soci, anche di quelli occulti.
Dalla società con soci occulti si differenzia la società occulta.
Tale società è costituita con la volontà dei soci di non rivelarne l’esistenza all’esterno. Allo stesso tempo questa società può essere di fatto. Nella società occulta l’attività di impresa è svolta per conto della società, ma senza spenderne il nome. Quindi esiste nei rapporti interni tra i soci ma non in quelli esterni, in cui si presenta come impresa individuale. Pertanto, lo scopo che le parti vogliono realizzare (a mezzo del patto di non esteriorizzazione) è limitare la responsabilità nei confronti dei terzi; solo il gestore risponde delle obbligazioni di impresa, non la società né gli altri soci.
Dottrina e giurisprudenza, per contrastare questo fenomeno, hanno sostenuto l’invocabilità della responsabilità della società occulta successivamente scoperta. È necessario, però, che i terzi provino l’esistenza del contratto di società a posteriori. Quindi dichiarato il fallimento di un imprenditore individuale esso verrà esteso anche alla società e agli atri soci occulti.
La legge, quindi, tratta allo stesso modo il socio occulto di società palese e le società occulta. Nonostante ciò rimangono due fenomeni distinti. Nel caso di socio occulto di società palese l’attività di impresa è svolta in nome della società e ad essa è certamente imputabile in tutti i suoi effetti. La partecipazione alla società fonda responsabilità e fallimento di soci palesi e occulti. Nel caso di società occulta l’attività di impresa non è svolta in nome della società e gli atti di impresa non sono formalmente ad essa imputabili. Chi opera nei confronti di terzi agisce in nome proprio, anche nell’interesse e per conto della società.
La società apparente
La società apparente è un tipo di società non esistente nei rapporti tra i soci ma esistente all’esterno quando due o più soggetti operino in modo da ingenerare, nei terzi, la convinzione che essi agiscano come soci. I terzi si troveranno nella situazione di incolpevole affidamento circa l’esistenza effettiva della società.
Questa situazione ha creato forti critiche in dottrina e in giurisprudenza.
La partecipazione degli incapaci
I soggetti che partecipano alla società di persone devono essere capaci di agire, in quanto tale atto eccede l’ordinaria amministrazione.
Il minore, l’interdetto e l’inabilitato non possono partecipare ex novo ad una s.n.c.. Possono conservare la partecipazione, con l’autorizzazione del tribunale, che gli pervenga per donazione o successione. In caso di interdizione o inabilitazione sopravvenuta il tribunale può autorizzare la continuazione della partecipazione.
Il minore emancipato può partecipare alla costituzione di una società in nome collettivo o aderirvi in un secondo momento. Lo stesso vale per il beneficiario dell’amministrazione di sostegno.
La partecipazione di società in società di persone
In passato giurisprudenza e dottrina erano contrarie alla partecipazione di società di capitali in società di persone. La questione è stata risolta con l’art. 2361, secondo comma, e 11 duodecies disp.att.cod.civ; si è specificato che: l’assunzione di partecipazioni, comportanti la responsabilità illimitata, deve essere deliberata dall’assemblea (si esclude quindi che una s.p.a. possa partecipare ad una società di fatto); gli amministratori devono dare specifiche informazioni in merito alle partecipazioni; se tutti i soci illimitatamente responsabili di una s.n.c. o di una s.a.s. sono società di capitali, il bilancio delle società di persone deve essere redatto secondo le norme della società per azioni. Inoltre, una società di capitali può essere amministratore di una società di persone.
È ammissibile anche che una società di persone partecipi ad un’altra società di persone, sia in qualità di socio a responsabilità limitata (accomandante) che illimitata.
L’invalidità della società
Considerato che il codice non detta una disciplina in tema di invalidità della società, valgono le norme previste in tema di nullità e annullabilità dei contratti. Sussisterà la nullità quando il contratto è contrario a norme imperative, quando l’oggetto è impossibile o illecito o quando è illecito il motivo determinante. L’annullabilità sussiste, invece, nel caso di consenso viziato per errore, violenza o dolo.
Può essere che l’invalidità colpisca l’intero contratto di società o la singola partecipazione. Quest’ultima ipotesi comporterà la nullità dell’intero contratto solo quando la partecipazione è essenziale.
La dichiarazione di nullità o l’annullamento non creano problemi qualora l’attività della società non sia ancora iniziata. La sentenza avrà effetti ex tunc e le parti saranno liberate dall’obbligo di eseguire i conferimenti promessi, nonché avranno diritto alla restituzione di quelli eseguiti.
Se l’attività sociale è iniziata la situazione è diversa. Questa situazione è definita dal legislatore nell’art. 2332 c.c. con riferimento alle società per azioni. La dichiarazione di invalidità non pregiudica l’efficacia degli atti compiuti in nome della società dopo l’iscrizione nel registro delle imprese. I soci non sono liberati dall’eseguire i conferimenti. Sembra quasi una ipotesi di scioglimento della società ex lege. La nullità, infine, non viene dichiarata se la causa è state eliminata per effetto di una modificazione dell’atto costitutivo.
Nonostante tale norma sia stata scritta per le società per azioni, opinione maggioritaria della dottrina ritiene che la stessa possa applicarsi anche alle società di persone.
I conferimenti
Nelle società di persone, ex art. 2253 c.c., primo comma, “Il socio è obbligato a eseguire i conferimenti determinati nel contratto sociale”. Potrebbe accadere che non venga fatta la determinazione convenzionale da parte del socio (specie ed ammontare) del conferimento. In questo caso, ovvero di silenzio dell’atto costitutivo, interviene la legge con norme suppletive.
Ad esempio, nel silenzio del contratto si presume che tutti i conferimenti vengono eseguiti in denaro (art. 2342 c.c.) e se i conferimenti non sono determinati si presume che i soci siano obbligati a conferire in parti uguali.
Nelle società di persone può essere conferita ogni entità (bene o servizio) suscettibile di valutazione economica ed utile per il conseguimento dell’oggetto sociale (ovvero, qualsiasi prestazione di dare, fare e di non fare). Può essere conferita anche un’azienda.
Qualora dovessero essere conferiti beni in proprietà, e non il denaro, il socio deve garantire i rischi regolati dal contratto di vendita; è il caso della garanzia di evizione e per vizi, ovvero il rischio del perimento per caso fortuito.
Per le cose in godimento si utilizzano le norme sulla locazione. Il bene in godimento resta di proprietà del socio, quindi la società ne può godere ma non disporre. Il socio ha diritto alla restituzione del bene al momento del termine della società nello stato in cui si trova. Se il bene è perito egli avrà diritto al risarcimento del danno.
Se vengono conferiti dei crediti il socio risponde, nei confronti della società, se il debitore non adempie.
Il conferimento, nella società di persone, può essere costituito anche dall’attività lavorativa manuale e intellettuale a favore della società. Tale figura viene individuata come socio d’opera o d’industria. Non è un lavoratore subordinato. Egli corre il rischio di lavorare invano. Particolare posizione la ha in relazione alla liquidazione della società: partecipa solo alla ripartizione dell’attivo.
Patrimonio sociale e capitale sociale
I conferimenti creano il patrimonio iniziale (ovvero l’attivo) della società. I soci non possono servirsi delle cose appartenenti al patrimonio sociale (conferimenti iniziali e ani successivamente acquistati dalla società) per fini estranei alla società. Se il divieto è violato sussiste il risarcimento dei danni e l’esclusione dalla società. Si badi, però che tale divieto è derogabile col consenso di tutti i soci.
Il capitale sociale all’interno di ogni tipo di società svolge una funzione vincolistica (ovvero individua la frazione dell’attivo patrimoniale non divisibile tra i soci) e organizzativa (determinazione dell’utile e della perdita di esercizio).
Nella disciplina della società semplice tuttavia il capitale sociale non è disciplinato. Nella società in nome collettivo c’è una disciplina, quantomeno di base. In tale ultimo caso, infatti, l’atto costitutivo deve indicare i conferimenti dei soci, il valore ad essi attribuito e il modo di valutazione (art. 2295 n. 6) c.c). Non viene però specificata alcuna modalità per la valutazione dei conferimenti, che quindi è rimessa alla libera volontà delle parti.
La partecipazione dei soci agli utili e alle perdite
I soci partecipano agli utili e alle perdite che derivano dalla gestione sociale. Nelle società di persone sussiste una notevole libertà nella determinazione della parte spettante a ciascuno e non è necessario che la ripartizione sia proporzionale ai conferimenti.
Sussiste un solo limite: il divieto di patto leonino, valido per tutte le società a scopo lucrativo. “è nullo il patto con il quale uno o più soci sono esclusi da ogni partecipazione agli utili e alle perdite”, ex art. 2265 c.c.. Inoltre, sono nulli anche i criteri di ripartizione congegnati in modo da determinare la sostanziale esclusione di uno o più soci dalla partecipazione agli utili e alle perdite.
Sono colpite da nullità anche le convenzioni tra soci (patti parasociali) che violino il precetto di cui all’art. 2265 c.c.; si faccia il caso dell’accordo con cui alcuni soci si impegnano a tenere indenni da ogni perdita sociale altri soci.
I criteri legali di ripartizione degli utili sono:
- se il contratto non dispone nulla, le parti che spettano ai soci nei guadagni e nelle perdite si presumono proporzionali ai conferimenti
- se il valore dei conferimenti non è stato determinato le parti si presumono in senso uguale
- se è determinata solo la misura dei guadagni, si presume che la partecipazione alle perdite sia determinata nella stessa misura.
- La determinazione di utili e perdite di ciascun socio può essere anche affidata a un terzo, che opera come arbitratore.
Il socio ha diritto alla partecipazione agli utili dopo l’approvazione del rendiconto (art. 2262 c.c.), predisposto al termine di ogni anno. Nella s.n.c. questo obbligo è correlato alla tenuta delle scritture contabili (art. 2302 c.c.). Ovviamente il documento destinato all’accertamento di utili e perdite è un vero e proprio bilancio di esercizio, redatto in base ai criteri stabiliti dalla disciplina delle società per azioni.
Il bilancio deve essere approvato dai soci amministratori; nonostante il dato legislativo non sia chiaro, si ritiene che l’approvazione debba essere fatta da tutti i soci, compresi quelli che lo hanno predisposto. L’approvazione dello stesso è condizione sufficiente affinché a ciascun socio venga assegnata la sua parte di utili.
Mentre per gli utili si può parlare di ripartizione periodica, per le perdite no. Esse (ovvero le minusvalenze del patrimonio netto rispetto al capitale sociale) incidono direttamente sulla singola partecipazione con la conseguenza che, in sede di liquidazione della società, il socio si vedrà rimborsare una somma inferiore rispetto a quanto originariamente conferito.