Nel panorama giuridico italiano, l’archiviazione rappresenta un nodo procedurale di fondamentale importanza nel processo penale. Questo meccanismo consente di filtrare le notizie di reato e di determinare quelle meritevoli di approfondimento investigativo o di prosecuzione giudiziaria.
La riforma Orlando del 2017 e la successiva riforma Cartabia del 2022 hanno introdotto modifiche significative, volte a snellire e rendere più efficiente il procedimento di archiviazione, garantendo la tutela dei diritti fondamentali degli individui coinvolti e attuando un’evoluzione verso un sistema che privilegia la qualità delle azioni penali piuttosto che la loro quantità.
Queste riforme incarnano un avanzamento significativo verso l’efficienza e l’equità del sistema giudiziario, assicurando che solo i casi con un fondamento probatorio solido e convincente procedano verso il dibattimento, riducendo così il rischio di processi ingiustificati e onerosi per l’imputato e per la collettività.
Questo articolo esamina l’evoluzione dell’archiviazione alla luce delle recenti riforme, offrendo una visione tecnica dell’argomento.
Premessa
Il pubblico ministero formula una richiesta di archiviazione quando ritiene che non vi siano elementi per esercitare l’azione penale. Tale richiesta è sottoposta al controllo del giudice per le indagini preliminari. Di regola, il controllo è effettuato senza udienza (controllo de plano) e la forma della decisione è un decreto; diversamente, ove vi sia stato un previo contraddittorio, la forma della decisione è un’ordinanza.
Infatti, il controllo del giudice diventa penetrante e dà luogo a un contraddittorio in due casi: quando non accoglie la richiesta di archiviazione o quando la persona offesa presenta opposizione alla richiesta di archiviazione.
L’istituto dell’archiviazione adempie a tre funzioni:
- consente al pubblico ministero di operare una selezione dei procedimenti per non sovraccaricare l’udienza preliminare;
- realizza il controllo del giudice sul corretto adempimento dell’obbligo di esercitare l’azione penale da parte del pubblico ministero;
- riconosce alla persona offesa dal reato il diritto di far controllare dal giudice in una udienza in camera di consiglio le ragioni di un’eventuale inerzia del pubblico ministero.
Il ruolo del pubblico ministero
Con la legge Orlando e successivamente con la riforma Cartabia, si è assistito a un cambiamento: il nuovo criterio adottato è quello della “ragionevole previsione di condanna”. Questo approccio implica un’analisi più rigorosa delle prove disponibili e mira a ridurre il numero di processi che si concludono con un’assoluzione in primo grado, fenomeno interpretato come un indicatore di inefficienza del sistema.
Nello specifico, l’archiviazione può sussistere:
- quando la notizia di reato risulta priva di fondamento o non è supportata da elementi probatori sufficienti;
- se manca una condizione di procedibilità, se il fatto non costituisce reato secondo la legge o se il reato si è estinto;
- quando l’autore del reato rimane sconosciuto;
- se il reato è di lieve entità e non abituale.
Il pubblico ministero deve valutare gli elementi raccolti durante le indagini applicando la regola di giudizio dell’al di là del ragionevole dubbio che verrebbe utilizzata in sede dibattimentale. In altre parole, egli deve valutare se le prove acquisite durante le indagini preliminari sono tali da non permettere una previsione ragionevole di condanna o l’applicazione di misure di sicurezza, esclusa la confisca.
Il p.m. è tenuto a presentare richiesta di archiviazione, come già specificato, al giudice per le indagini preliminari, allegando il fascicolo contenente la notizia di reato, i documenti relativi alle indagini attuate e i verbali degli atti eseguiti davanti al g.i.p. Inoltre, notifica l’avviso della richiesta di archiviazione alla persona offesa, a meno che questi non abbia rimesso la querela.
L’opposizione
La persona offesa, una volta che ha ricevuto il suddetto avviso, può visionare e fare copia degli atti del processo per valutare la possibilità di proporre una motivata opposizione e richiedere la prosecuzione delle indagini.
Essa deve essere presentata entro il termine di 20 giorni, aumentato a 30 nei casi di delitti commessi con violenza alla persona o di furto con strappo o in abitazione e diminuito a 10 se si tratta di archiviazione per particolare tenuità del fatto.
Se i termini (ordinatori) non sono scaduti l’opposizione deve essere presentata presso la segreteria del p.m., che provvederà a trasmetterla alla cancelleria del g.i.p.; diversamente l’opposizione deve essere presentata direttamente presso suddetta cancelleria.
I possibili epiloghi
Qualora l’opposizione sia ritenuta inammissibile e la notizia di reato infondata, il giudice emette decreto motivato di archiviazione, restituendo gli atti al p.m.;
se l’opposizione viene accolta il giudice fissa udienza in camera di consiglio, di cui viene dato avviso al p.m., all’indagato, alla persona offesa e al procuratore generale. Il giudice deciderà se disporre l’archiviazione del procedimento con ordinanza, se ordinare lo sviluppo di indagini suppletive (individuando un termine per il loro compimento) o se imporre l’esercizio dell’azione penale entro 10 giorni.
Se non viene presentata opposizione, il giudice, nel caso ritenga fondata l’archiviazione, accoglierà la stessa con decreto motivato, restituendo gli atti al p.m. e il provvedimento verrà notificato all’indagato sottoposto a misura di custodia cautelare, così da consentire una possibile richiesta di riparazione per ingiusta detenzione.
Qualora il giudice decida di non accogliere la richiesta di archiviazione fisserà, entro tre mesi, una udienza in camera di consiglio, con avviso di p.m., indagato, persona offesa e procuratore generale, così che questi possano presentare memorie fino a cinque giorni prima dell’udienza, prendere visione ed estrarre copia degli atti, oppure essere sentiti in udienza.
Il giudice deciderà se indicare ulteriori indagini e un termine per il compimento al p.m., se disporre l’archiviazione o che il p.m. formuli l’imputazione entro 10 giorni.
Ai sensi dell’art. 410 bis c.p.p. si può proporre reclamo, come forma di controllo di legalità del provvedimento di archiviazione.