fonti del diritto
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Le fonti del diritto

Ulteriori fonti e leggi rinforzate

Nel nostro ordinamento ci sono moltissime fonti. Ve ne sono alcune emanate con la forma propria degli atti del potere esecutivo (decreti-legge e decreti legislativi) che hanno la stessa efficacia della legge formale; altre (come i regolamenti parlamentari) a cui Costituzione riserva la disciplina dell’organizzazione e dell’esercizio delle funzioni delle assemblee legislative. In merito alla competenza legislativa la fonte statale e quella regionale concorrono a disciplinare le materie secondo un criterio di separazione delle competenze (la prima stabilisce i principi fondamentali, la seconda regola la materia entro i limiti dei suddetti principi).

Inoltre, talune fonti si distinguono dalle altre di pari grado perché sono sottratte all’abrogazione mediante referendum, hanno cioè una forza (o efficacia formale) potenziata, mentre, di converso, la fonte individuata nel referendum abrogativo ha, rispetto alle stesse leggi, una forza depotenziata.

Un esempio di “legge rinforzata” è dato dalle leggi di amnistia e di indulto che, a norma dell’art. 79 Cost., devono essere deliberate con la maggioranza qualificata dei componenti di ciascuna Camera.

Per cui, ad essere rinforzata non è tanto la fonte-atto quanto il momento partecipativo.

L’interpretazione dei testi normativi

La distinzione tra fonte del diritto (intesa come: testo, disposizione o formula linguistica espressa) e norma giuridica pone il problema dell’interpretazione. Bisogna trarre la norma dalla fonte, mediante un procedimento che cerca di individuare il significato della norma nel contesto dell’ordinamento giuridico. Solo chi ha la conoscenza tecnica del diritto potrà operare questa operazione di interpretazione.

L’interpretazione va intesa sia come operazione che mira a conoscere la norma, sia come operazione volta ad applicare la norma alla fattispecie concreta. Si pensi ad un’interpretazione effettuata dall’avvocato o da uno studioso del diritto o a quella continua svolta dal giudice che deve risolvere una controversia.

L’interpretazione non può essere mai arbitraria, essa deve poi essere coerente con il sistema in cui è inserita la norma. Proprio per questo motivo questa operazione deve svolgersi secondo regole ben stabilite. L’art. 12 comma 1, Disposizioni sulla legge in generale, stabilisce che “nell’applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore”. Anche tale norma deve essere interpretata: l’interprete di un testo normativo deve tener conto del significato grammaticale delle parole non considerate isolatamente, ma nella loro connessione sintattica (interpretazione letterale), nonché dell’intenzione del legislatore (c.d. mens legis). Per individuare la volontà del legislatore può essere utile procedere ad un esame dei lavori preparatori alla stesura delle norme stesse.

È necessaria anche una interpretazione sistematica. La norma deve essere considerata non isolatamente, bensì nel sistema unitario dell’ordinamento, così da considerare le sue connessioni con altre norme.

Il significato della norma, poi, può essere esteso a più ipotesi (interpretazione estensiva) o a un numero ristretto di esse (interpretazione restrittiva).

L’interpretazione, inoltre, può essere adeguatrice. Occorrerà interpretare il testo della norma in riferimento ai principi dell’ordinamento giuridico. Qui gioca un ruolo fondamentale la Corte Costituzionale che, con le sue sentenze, opera una interpretazione delle norme in virtù dei principi costituzionali.

Può anche accadere che il testo normativo sia sottoposto ad una interpretazione evolutiva, ovvero che lo stesso sia interpretato con riferimento al trascorrere del tempo e ai mutamenti sociali.

L’interpretazione compiuta da un giudice non vincola quello successivo se non quando la Corte di Cassazione, accogliendo un ricorso per violazione di legge o falsa applicazione del diritto, enunci il principio a cui il giudice del rinvio dovrà uniformarsi.

Proprio perché un testo normativo può ricevere diverse interpretazioni, il legislatore può intervenire per chiarire e precisare con legge, o con un atto ad essa equiparato, il significato del testo. In tal modo gli interpreti ne sono vincolati anche retroattivamente. Tale operazione viene definita autentica e in merito ai suoi contorni è intervenuta la Corte Costituzionale specificando che l’interpretazione autentica non può inficiare le sentenze passate in giudicato.

Secondo l’art. 12, comma 2, delle Preleggi, “se una controversia non può essere decisa con una precisa disposizione, si ha riguardo alle disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe; se il caso rimane ancora dubbio si decide secondo i principi generali dell’ordinamento giuridico dello Stato”. Spetterà all’interprete procedere ad una interpretazione analogica. La prima tipologia è l’analogia legis e sussiste quando c’è similitudine tra le due fattispecie; qualora questo processo non dovesse essere sufficiente si procede all’analogia iuris. In tale ultimo caso si ricorre ai principi generali dell’ordinamento per interpretare una fattispecie concreta che non ha alcuna norma di riferimento. I principi sono quelli che presiedono l’intero ordinamento giuridico statale e non già settori o parti dello stesso. Questi sono desumibili da norme scritte e dal modo di essere dello Stato. Si faccia l’esempio del principio di eguaglianza.

L’interpretazione analogica non è consentita in materia penale né quando si tratta di norme eccezionali.

L’interpretazione delle disposizioni costituzionali

L’interpretazione delle disposizioni costituzionali assume particolare importanza per la natura stessa di tali disposizioni nelle quali è presente una più elevata carica di politicità, dato che esse valgono ad esprimere i valori e i fini politici ritenuti fondamentali dalla comunità che si è organizzata in Stato. Si tenga conto, infatti, che molti concetti costituzionali fanno riferimento a un dato momento storico, come: “l’utilità sociale” o “il fine sociale”. Proprio per questo l’interpretazione è affidata alla Corte Costituzionale, in grado di cogliere il significato della costituzione formale e di adattarlo alla costituzione materiale.

Anche altri soggetti sono chiamati a interpretare la Costituzione: i cittadini, il legislatore, i pubblici amministratori ecc. Questo perché le norme costituzionali si rivolgono a tutto il corpo sociale. Tale interpretazione può essere influenzata da vari settori, come quello politico.

L’operato della Corte Costituzionale si concentra solo su atti primari, ovvero leggi statali e regionali.

L’efficacia delle norme nel tempo e nello spazio

In riferimento al tempo l’art. 11 delle Preleggi dispone che “la legge non dispone che per l’avvenire: essa non ha effetto retroattivo”. Ne consegue, pertanto, che una norma non può essere applicata a situazioni di fatto o a rapporti giuridici sorti e conclusi anteriormente alla sua entrata in vigore. A ragione di ciò, l’art. 73, comma 3, specifica che “le leggi sono pubblicate subito dopo la promulgazione ed entrano in vigore il quindicesimo giorno successivo alla loro pubblicazione, salvo che le leggi stesse stabiliscano un termine diverso”.

L’irretroattività della legge è stata prevista nella Costituzione (art. 25, secondo comma) limitatamente al diritto penale “nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso”.

La legge spiega i suoi effetti sino a quando una legge successiva o una fonte di pari grado (decreto legge o decreto legislativo) non la abroghi. L’abrogazione può essere espressa o tacita. È espressa quando la legge successiva disponga espressamente che una legge precedente è abrogata; è tacita quando la nuova disposizione è incompatibile con quella anteriore.

L’abrogazione può essere totale o parziale e può avvenire anche con un referendum (art. 75 Cost.); in tal caso sarà sempre espressa.

Ci sono poi leggi a termine, che fissano esse stesse la durata della loro efficacia, ad esempio la legge di bilancio. Ancora, ci sono leggi che rimangono in vigore in virtù di una particolare situazione, come quelle emanate in stato di guerra.

La disapplicazione di una legge, invece, si ha quando la Corte Costituzionale ne dichiari la illegittimità costituzionale. La norma cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione. Spetterà poi al Parlamento, o al Consiglio regionale interessato, emanare una nuova legge che contenga norme in armonia con la Costituzione.

In relazione all’ambito spaziale vale il principio della territorialità della legge. Le norme hanno efficacia nell’ambito territoriale entro il quale lo Stato esercita la sua sovranità. Questo principio, però, non è l’unico; ci sono situazioni che nascono in un altro Stato ma vengono disciplinate in un altro e situazioni che nascono nel nostro ordinamento ma vengono disciplinati da altri Stati. Il primo caso si ha quando l’ordinamento italiano rinvia a quello straniero, il secondo quando è l’ordinamento straniero a rinviare al nostro.

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Riferimenti:

  • Temistocle Martines, Diritto Costituzionale. Quindicesima edizione, Giuffrè 2020.

Fonti normative:

  • artt. 4, 10, 11, 24, 25, 36, 38, 39, 70, 72, 73, 75, 78, 79, 92, 97, 102, 117, 134, 137, 138 Cost.;
  • art. 1 c.c.;
  • l. n. 246 del 2005;
  • artt. 4, 8, 11, 12, 15 Disposizioni sulla legge in generale;
  • Corte cost., sentenza del 2014, n. 238;
  • Trattato di Maastricht del 1992;
  • Trattato di Lisbona del 2007.