Persona umana, soggetto e capacità giuridica
Ogni essere umano è un soggetto di diritto.
La capacità giuridica (art. 1 c.c.c) è l’idoneità di tale soggetto di essere titolare di diritti e doveri e, più in generale, di situazioni giuridiche soggettive. Essa si acquista al momento della nascita, non è rinunciabile, né può essere perduta. Cessa solo con la morte.
Mentre la capacità giuridica si acquista con la nascita della persona, la soggettività giuridica si acquista ancora prima della nascita. Tant’è che il soggetto non ancora nato può ricevere in donazione alcuni beni.
La personalità, invece, è il valore che l’ordinamento riconosce alla persona (art. 2 Cost) e tutela, anche in questo caso, prima della nascita.
Nascita ed esistenza
Abbiamo già accennato che la capacità giuridica si acquista con la nascita, ovvero con il distacco del feto dal grembo materno, si perde con la morte.
I concepiti sono capaci a succedere e a ricever per donazione. Persino, il nascituro non concepito può ricevere per donazione e succedere. Si discorre, infatti, di capacità giuridica prenatale; il concepito avrà una capacità giuridica provvisoria che acquisterà i caratteri della definitività al momento della nascita.
Residenza, domicilio e dimora (art. 43 c.c.)
Questi tre istituti sono strettamente collegati alla persona fisica.
Il domicilio è il luogo in cui la persona stabilisce la sede dei suoi affari; pertanto, esso è costituito da un elemento intenzionale (mantenere in un luogo la sede principale dei propri interessi) e da un elemento materiale (la persona effettivamente ha lì il centro delle sue relazioni).
La scelta del domicilio è libera.
Il domicilio legale è quello del minore, non lo sceglie quest’ultimo ma è il luogo di residenza della famiglia.
La residenza è il luogo nel quale la persona ha la dimora abituale, ovvero stabilisce una permanenza stabile e duratura. Questa abitualità non viene veno se il soggetto si assenta per un determinato periodo.
Grazie alla residenza si individuano il luogo dove contrarre matrimonio e il foro dove incardinare una causa. La residenza si presume fino a prova contraria.
La dimora è il luogo in cui il soggetto dimora temporaneamente e occasionalmente.
Scomparsa (art. 48 c.c.), assenza (art. 49 c.c.) e morte presunta (art. 58 c.c.)
L’allontanamento del soggetto determina la possibilità di nominare un curatore che ne faccia le veci. Tale situazione viene definita scomparsa.
Il tribunale dichiara l’assenza, su istanza degli eredi, se non si hanno notizie del soggetto da oltre due anni. La conseguenza più importante è l’immissione nel possesso dei beni dell’assente di coloro che sarebbero stati i suoi eredi.
Nell’ipotesi in cui il soggetto torni i possessori devono restituire i beni.
Se il soggetto non da notizie per almeno dieci anni si avrà la dichiarazione di morte presunta. La richiesta viene fatta dalle stesse persone che fanno la richiesta di assenza. Tale dichiarazione equivale a quella della morte naturale. In tal caso i soggetti che erano nel possesso temporaneo diventano proprietari. Il coniuge può contrarre nuovo matrimonio.
Qualora, anche in tal caso, il soggetto dovesse tornare rientrerà nel possesso dei beni.
Morte e commorienza
La morte è la cessazione irreversibile di tutte le funzioni dell’encefalo.
La morte simultanea di più persone si identifica come commorienza; la legge considera tali soggetti morti nello stesso momento se non è possibile capire quando è morta una e quando è morta l’altra.
Capacità di agire (art. 2 c.c.)
La capacità di agire è l’idoneità del soggetto a svolgere attività giuridica, ossia a esercitare diritti e obblighi. Tale capacità può essere esclusa o limitata. In tali casi si parlerà di interdizione, inabilitazione e amministrazione di sostegno. Altra è invece l’interdizione legale, ovvero la condanna successiva a reato.
La capacità di agire, normalmente, si acquista a 18 anni.
Se la legge pone la possibilità di compiere degli atti prima degli anni 18, la capacità giuridica è speciale. È il caso del minore lavoratore. Per determinare il momento in cui il minore può avere capacità speciale è necessario considerare la sua capacità di discernimento, ovvero le sue capacità soggettive e le sue capacità di scelta.
Minore età: dalla potestà alla responsabilità genitoriale
Non si parla più di patria potestà, né di potestà dei genitori ma di responsabilità genitoriale. Trattasi di un ufficio di diritto civile che prevede una serie di doveri-poteri: educazione, istruzione, custodia e obbligo di mantenimento.
Con l’avanzare dell’età diminuiscono i poteri doveri dei genitori verso il figlio. Occorre, però, capire quando il minore raggiunga quella maturità e quella capacità di discernimento tale per cui tali comportamenti possano dirsi diminuiti.
Tutela e curatela dei minori
La tutela dei minori sussiste quando manchi o non sia esercitabile la responsabilità genitoriale (è il caso della morte o della scomparsa del genitore). L’istituto è ispirato ai principi di doverosità e gratuità. Competente e a nominare il tutore è il giudice tutelare presso il tribunale del circondario del minore. Il giudice prima di nominarlo deve sentire il minore che abbia compiuto 12 anni o di età inferiore se ha capacità discernimento. Il tutore deve giurare fedeltà e diligenza e gestisce gli interessi del minore.
Il protutore può essere nominato solo se è necessario e anche lui è chiamato a tutelare gli interessi del minore. Deve curare la persona e amministrare i suoi beni, deve provvedere all’educazione ma non al mantenimento. Senza l’autorizzazione del tribunale non può compiere alcuni atti come per esempio la vendita di alcuni beni.
L’emancipazione legale riguarda i minori ed è un provvedimento del giudice in base al quale i minori che abbiano compiuto 16 anni possono contrarre matrimonio. I genitori perdono la rappresentanza legale del minore. Il compimento della maggiore età la fa cessare. Il minore emancipato può compiere gli atti che non eccedono l’ordinaria amministrazione. Infatti, per gli atti di straordinaria amministrazione verrà nominato un curatore. Quindi la capacità di agire del minore è integrata dal curatore.
Protezione delle persone prive di autonomia
La persona con menomazione psichica o fisica, ma non infermo di mente, può essere affiancato da un amministratore di sostegno. Nella nomina di questo soggetto, fatta con decreto del giudice, sono indicati gli atti che il soggetto con menomazione deve compiere con l’amministratore. Per gli atti non indicati il soggetto conserva la capacità.
Gli atti compiuti violando gli interessi del beneficiario sono annullabili; quindi devono essere fatti tenendo conto delle volontà del beneficiario.
Assumono un ruolo marginale gli istituti di interdizione e inabilitazione che determinano la perdita totale o parziale della capacità di agire. Quindi l’infermo di mente può essere sottoposto a un provvedimento di interdizione o inabilitazione.
L’infermità è una alterazione delle facoltà mentali tale da non far provvedere a sé stesso il soggetto; essa deve essere abituale e non deve essere prevista la guarigione.
L’interdizione fa sì che il soggetto non possa compiere atti giuridici, né agire in giudizio.
L’inabilitazione risponde all’esigenza di evitare che il soggetto ponga in essere atti lesivi del suo patrimonio, sono sufficienti perturbamenti psichici, non tanto gravi da far procedere con l’interdizione.
La prodigalità è, invece, l’attitudine a sperperare il patrimonio, per cui il soggetto potrebbe aver bisogno di un tutore.
Gli atti compiuti dall’interdetto senza assistenza sono annullabili.
Incapacità di intendere e volere
La capacità di intendere e di volere, a differenza della precedente, consiste nella effettiva volontà del soggetto di compiere l’atto. Quindi ci sarà incapacità quando sussiste una alterazione momentanea della psiche.
Sia per l’incapacità legale sia per quella naturale il rimedio è l’annullamento dell’atto posto in essere.