Il rapporto giuridico
Le relazioni umane possono essere di vario tipo, ma non tutte hanno rilevanza giuridica. Il rapporto giuridico è la relazione tra due soggetti regolata dall’ordinamento giuridico.
Una relazione di amicizia, per esempio, si colloca tra i rapporti sociali, ma è giuridicamente irrilevante; una relazione sentimentale tra due persone è in sé priva di significato per il diritto, tuttavia se queste decidono di sposarsi il rapporto che ne deriva è disciplinato dal diritto e sorgono una serie di effetti giuridici (quali i reciproci diritti e doveri dei coniugi; i diritti successori ecc.).
In un rapporto giuridico il soggetto attivo è colui al quale l’ordinamento giuridico attribuisce un potere o diritto soggettivo, come ad esempio il diritto di esigere un pagamento. Il soggetto passivo, invece, è colui che ha un dovere, come quello di effettuare un pagamento.
Quando si vuole fare riferimento alle persone tra le quali intercorre un rapporto giuridico si utilizza il termine “parti”. Al contrario, il termine “terzo” indica colui che è estraneo a un determinato rapporto giuridico, esistente tra altre persone.
In generale un rapporto giuridico non produce effetti né a favore né a danno di terzi, salvo esplicite eccezioni. Tuttavia la legge spesso deve regolare la posizione dei terzi rispetto a un determinato rapporto, poiché anche gli interessi degli estranei possono essere indirettamente influenzati dalle vicende del rapporto stesso. Ad esempio, se Tizio vende un bene a Caio e Caio lo rivende a Sempronio, l’invalidità della prima vendita può influire sulla posizione giuridica del subacquirente Sempronio.
Il rapporto giuridico rappresenta una figura centrale all’interno della più ampia categoria delle situazioni giuridiche. La norma giuridica prevede fattispecie a cui collega specifiche conseguenze giuridiche; quando una fattispecie si realizza, avviene un cambiamento nel mondo dei fenomeni giuridici: lo stato di cose precedente viene sostituito, secondo la valutazione compiuta dall’ordinamento giuridico, da una nuova situazione giuridica. Questa nuova situazione può manifestarsi come un rapporto giuridico o come una qualificazione di persone (capacità, incapacità, ecc.) o di cose (demanialità, ecc.).
Situazioni soggettive attive (diritto soggettivo, potestà, facoltà, aspettativa, status)
Il soggetto attivo di un rapporto giuridico è colui che è titolare di un diritto soggettivo.
Con l’attribuzione del diritto soggettivo si realizza la protezione giuridica di un certo interesse del singolo al quale, al tempo stesso, si riconosce una situazione di libertà, in quanto, di regola, il titolare di un diritto è libero di decidere se esercitarlo o meno, e di reagire oppure no nel caso di lesione del diritto da parte di altri.
Pertanto, il diritto soggettivo può essere definito come il potere di agire per soddisfare un proprio interesse individuale, tutelato dall’ordinamento giuridico.
L’aspetto della tutela è dunque fondamentale per qualificare un interesse personale come contenuto di un diritto soggettivo. Molti interessi individuali, infatti, sono giuridicamente irrilevanti e non ricevono protezione da parte dell’ordinamento (ad esempio, l’aspettativa che gli altri rispettino le regole di cortesia). Al contrario, un diritto soggettivo esiste solo se l’ordinamento giuridico salvaguarda la soddisfazione dell’interesse del singolo, attraverso la propria autorità e l’attivazione degli strumenti coercitivi di cui è dotato.
In alcuni casi il potere di agire per il raggiungimento di un certo risultato pratico è attribuito al singolo per realizzare un interesse altrui. Per esempio ai genitori è attribuito un complesso di poteri concessi nell’interesse dei figli. Queste figure di poteri che al tempo stesso sono doveri si chiamano potestà o uffici. Mentre l’esercizio del diritto soggettivo è libero, in quanto il titolare può perseguire i fini che ritiene più opportuni, l’esercizio della potestà deve sempre ispirarsi alla cura dell’interesse altrui.
Le facoltà (o diritti facoltativi) sono, invece, manifestazioni del diritto soggettivo che non hanno carattere autonomo, ma sono in esso comprese (ad es., costituisce una delle espressioni del diritto di proprietà la facoltà che ha il proprietario di chiudere il fondo in qualunque tempo o di farvi apporre i confini). Dalla mancanza di autonomia delle facoltà deriva che esse si estinguono soltanto se viene meno il diritto del quale sono espressione.
L’acquisto di un diritto può derivare dal concorso di più elementi successivi. Se solo alcuni di questi si verificano si ha la figura dell’aspettativa. Consideriamo, ad esempio, un’eredità lasciata a una persona, subordinata alla condizione sospensiva che questa consegua la laurea. La persona non acquisterà il diritto all’eredità finché non si sarà laureata. Nel frattempo si trova in una posizione di attesa tutelata dall’ordinamento; infatti può compiere atti conservativi o cautelari per proteggere il suo diritto. L’aspettativa è quindi un interesse individuale tutelato in modo provvisorio e strumentale, cioè come mezzo per garantire la possibilità del sorgere di un diritto.
La figura del diritto soggettivo che si viene realizzando attraverso stadi successivi viene considerata, oltre che dal lato del soggetto (la cui situazione psicologica è di attesa: perciò, aspettativa), anche dal punto di vista oggettivo della fattispecie. Si parla, infatti, di fattispecie a formazione progressiva per indicare che il diritto si realizza gradualmente: prima l’aspettativa, poi il diritto vero e proprio; l’aspettativa rappresenta un effetto preliminare della fattispecie.
Alcuni diritti e doveri sono legati alla qualità di una persona, derivante dalla sua posizione in un gruppo sociale (come lo Stato o la famiglia). Lo status è quindi una qualità giuridica che riflette la posizione dell’individuo nella collettività. Lo status può essere di diritto pubblico (ad esempio, lo stato di cittadino) o di diritto privato (come lo stato di figlio o di coniuge).
L’esercizio del diritto soggettivo
L’esercizio del diritto soggettivo da parte del suo titolare consiste nell’uso dei poteri di cui tale diritto si compone. Ad esempio, il proprietario esercita il diritto soggettivo di proprietà utilizzando il bene, percependone i frutti, delimitando i confini, ecc.
È importante distinguere l’esercizio del diritto soggettivo dalla sua realizzazione, quest’ultima consiste nella soddisfazione materiale dell’interesse protetto. Tuttavia, spesso i due fenomeni possono coincidere (ad esempio, il proprietario che raccoglie i frutti del bene esercita il diritto di godimento e contemporaneamente soddisfa il suo interesse materiale).
La realizzazione dell’interesse può essere spontanea o coattiva: quest’ultima si verifica quando occorre far ricorso ai mezzi che l’ordinamento predispone per la tutela del diritto soggettivo.
Chi esercita un diritto soggettivo, anche se ciò può causare frustrazione o lesione degli interessi di altri soggetti, non è obbligato a risarcirli per gli eventuali pregiudizi derivanti dal corretto esercizio di tale diritto.
Tuttavia, alcune disposizioni legislative (artt. 833, 844, 1175 c.c., ecc.) vietano l’abuso del diritto soggettivo, cioè l’uso anomalo delle prerogative che la legge concede al titolare del diritto. Si parla di abuso quando il titolare del diritto utilizza le facoltà e i poteri che gli sono concessi non per perseguire l’interesse che forma oggetto del diritto e che l’ordinamento riconosce come meritevole di tutela, ma per scopi ulteriori, eccedenti l’ambito dell’interesse protetto.
Questo principio è da tempo oggetto di dibattito: alcuni ritengono che abbia carattere generale, mentre altri sostengono che debba applicarsi solo nei casi espressamente previsti. La legge, infatti, è intervenuta in situazioni rilevanti, con il divieto degli atti di emulazione e delle immissioni (artt. 833, 844 c.c.), per quanto riguarda il diritto di proprietà, e, circa il diritto di credito, stabilendo che debitore e creditore devono comportarsi secondo correttezza (art. 1175 c.c.). Tuttavia dove la legge non dispone nulla, affidare al giudice il compito di definire i confini di liceità nell’uso “normale” del diritto potrebbe minare l’esigenza di certezza che è fondamentale nell’ordinamento giuridico.
Parte della dottrina ritiene quindi che l’abuso del diritto sia inoperante al di fuori dei casi in cui il medesimo è considerato e represso dalla legge; altri, invece, ed è la posizione che oggi si sta affermando, ne sostengono un’applicazione più ampia, basata sul carattere generale dei principi di solidarietà, correttezza e buona fede, pur richiedendo un uso attento e sorvegliato di questo strumento.
Un freno all’esercizio abusivo del diritto è ravvisato nell’exceptio doli generalis seu praesentis; è un istituto di origine romana adottato dalla nostra giurisprudenza come rimedio generale che impedisce l’uso fraudolento o sleale dei diritti assegnati dall’ordinamento: in alcuni casi la pretesa del titolare del diritto può essere paralizzata, e la relativa domanda rigettata dal giudice, quando appunto la pretesa, pur corrispondente al contenuto di un diritto, appaia proposta in modo contrario a correttezza, o in contrasto con precedenti condotte del titolare, o comunque in mala fede.
Alcune norme, poi, considerano e reprimono specifici casi di abuso di particolari situazioni materiali di vantaggio in cui un soggetto possa venire a trovarsi: si parla, per esempio, di abuso, da parte di un contraente, della situazione di dipendenza economica nella quale l’altro si trovi rispetto al primo, oppure di abuso di posizione dominante, come condotta vietata dalle norme a tutela della concorrenza.
La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (Carta di Nizza) all’art. 54 vieta l’abuso di diritto.
Categorie di diritti soggettivi
Se io sono proprietario di un bene, ho il potere di escludere tutti gli altri dalla facoltà di godimento e di disposizione del bene stesso (art. 832 c.c.). In questo caso il mio diritto soggettivo è in generale rivolto verso tutti gli altri consociati, che sono tenuti a non interferire con il godimento della cosa che mi appartiene. Al contrario se ho dato in prestito una somma ad una persona, il mio diritto alla restituzione della somma non può rivolgersi che verso quella persona: essa sola è tenuta a ridarmi il danaro.
Inoltre, mentre posso esercitare il mio diritto di proprietà senza bisogno di alcuna cooperazione di altri, invece per realizzare il diritto di credito è necessaria la cooperazione del debitore: dipende dal comportamento di quest’ultimo se l’obbligazione sarà adempiuta.
Questi esempi chiariscono la prima distinzione dei diritti soggettivi in diritti assoluti, che garantiscono al titolare un potere che egli può far valere verso tutti e diritti relativi, che gli assicurano un potere che egli può far valere solo nei confronti di una o più persone determinate.
Tipici diritti assoluti sono i diritti reali, che sono diritti su una cosa (res). Questi diritti conferiscono al titolare una signoria, che può essere piena (proprietà) o limitata (diritti reali su cosa altrui), su un bene. La caratteristica principale è la relazione immediata tra il soggetto e la cosa.
Gli altri consociati devono semplicemente astenersi dall’interferire con l’esercizio pacifico di questa signoria. Questo perché l’interesse del proprietario è mantenere la disponibilità del bene e poterlo utilizzare senza essere disturbato nel godimento esclusivo della res.
Oltre ai diritti reali, la categoria dei diritti assoluti comprende anche i diritti della personalità, come il diritto all’integrità fisica, al nome e all’immagine, che sono tutelati per ogni individuo nei confronti chiunque.
Occorre puntualizzare che i soggetti passivi del diritto reale non sono “tutti”, ma solo coloro che possono effettivamente entrare in contatto con la cosa e interferire con la posizione del titolare del diritto. Pertanto, quando un estraneo si impossessa della cosa, la danneggia o la distrugge, si verifica una lesione del diritto del proprietario; di conseguenza l’ordinamento giuridico interviene mettendo a disposizione opportuni strumenti di tutela per consentire al proprietario di ottenere la restituzione del bene o il risarcimento del danno subito.
Nel rapporto obbligatorio (o di credito), invece, il comportamento di un altro soggetto (soggetto passivo) è determinante per la realizzazione dell’interesse del titolare del diritto (soggetto attivo). Il soggetto passivo deve compiere una determinata prestazione (dare, fare, non fare) verso il soggetto attivo, che ha quindi bisogno della cooperazione altrui per soddisfare il proprio interesse.
Questo distingue i diritti relativi, che richiedono la cooperazione di soggetti specifici, dai diritti reali, che possono essere esercitati senza tale cooperazione.
I diritti relativi includono principalmente i diritti di credito, chiamati anche personali, perché si riferiscono a una persona, obbligata a un comportamento specifico nei confronti del titolare del diritto.
A fronte di un diritto reale tutti i consociati hanno un dovere negativo, di astensione dal compiere qualsiasi atto volto ad impedire o limitare il godimento del bene da parte del proprietario; mentre a fronte di un diritto di credito una o più persone determinate hanno l’obbligo di eseguire una determinata prestazione o tenere un certo comportamento, funzionale alla soddisfazione dell’interesse del creditore.
Esistono anche situazioni in cui al potere di una persona non corrisponde un dovere, ma uno stato di soggezione. Ad esempio, nella comunione di beni ciascun comproprietario può chiedere la divisione senza che gli altri possano opporsi. Queste considerazioni permettono di individuare un’ulteriore categoria di diritti soggettivi, ovvero la categoria dei diritti potestativi, che permettono di modificare la situazione giuridica di un altro soggetto con la sola iniziativa del titolare. Il comportamento del soggetto passivo è irrilevante.
Infine, i diritti personali di godimento, che consistono nella situazione in un cui un soggetto si è obbligato a far godere di un proprio bene un altro soggetto (per es. nella locazione o nel comodato), sono generalmente considerati diritti di credito verso chi concede il godimento.