Nozione
La società in accomandita semplice rientra nella categoria delle società di persone ed è disciplinata agli artt. 2313-2324 c.c.
Una delle sue principali caratteristiche è la presenza di due categorie di soci: i soci accomandatari che, come per i soci nella società in nome collettivo, rispondono illimitatamente per le obbligazioni sociali e i soci accomandanti che, invece, rispondono limitatamente alla quota conferita.
Questi ultimi sono obbligati a conferire in società, ma i creditori sociali non possono proporre azione nei loro confronti.
Inoltre, l’amministrazione della società compete esclusivamente ai soci accomandatari, gli accomandanti non possono compiere atti di direzione dell’impresa sociale (salvo particolari situazioni).
La società in accomandita semplice si connota per delle caratteristiche simili alla società in nome collettivo, ma si differenzia dalla società in accomandita per azione; qui la disciplina è modellata esclusivamente sulle società per azioni.
La più importante peculiarità di questo tipo di società è proprio la coesistenza di due tipi di soci all’interno di una stessa impresa collettiva, ma con caratteristiche e ruoli differenti. Si badi, infatti, che tale società crea una situazione per cui alcuni soci non sono esposti al fallimento personale. Nonostante tale aspetto può succedere che i soci accomandanti utilizzino un socio accomandatario “di paglia” per cumulare i benefici delle società di persone (esercizio personale dell’attività di impresa) e della società per azioni (responsabilità limitata).
Bisogna evitare, sì, che si faccia un uso distorto di questo tipo di società ma anche che si garantisca una non esclusione dalla società ai soci accomandanti.
La costituzione della società e la ragione sociale
Per procedere alla costituzione della società si seguono le stesse regole prevista per la società in nome collettivo. L’atto costitutivo dovrà, però, indicare chi sono i soci accomandanti e chi i soci accomandatari (art. 2316 c.c.). Esso dovrà essere iscritto nel registro delle imprese; l’omessa iscrizione comporterà, però, una mera irregolarità.
Per quanto riguarda la ragione sociale, invece, ci sono delle differenze rispetto alle società in nome collettivo (art. 2314 c.c.).
Essa, infatti, deve essere formata con almeno un nome di un socio accomandatario e con l’indicazione del tipo sociale. Non può essere inserito il socio accomandante. L’accomandante che consente che il suo nome venga inserito nella ragione sociale risponde davanti ai terzi illimitatamente e solidalmente, insieme ai soci accomandatari, per le obbligazioni sociali, ex art. 2314 comma 2 c.c. Quindi il socio accomandante perderebbe il beneficio della responsabilità limitata per tutte le obbligazioni sociali e per qualsiasi creditore sociale. È come se diventasse un socio accomandatario, tranne che per le regole riguardanti l’amministrazione della società. Tutte queste conseguenze ci saranno se si presuppone che il suo nome sia inserito nella ragione sociale col suo consenso.
I soci accomandati
Come sopra accennato, dal potere di gestione e di rappresentanza sono esclusi i soci accomandanti. Ciò non toglie che, però, gli sono riconosciuti alcuni poteri di carattere amministrativo in senso lato.
In primo luogo i soci accomandanti possono concorrere, anche se in posizione non paritetica, con gli accomandatari per la nomina e la revoca degli amministratori (ciò quando la nomina deve essere fatta con atto separato rispetto all’atto costitutivo).
In questo ultimo caso è necessario il consenso di tutti i soci accomandatari e l’approvazione dei soci accomandanti che rappresentino la maggioranza del capitale sottoscritto (art. 2319 c.c.).
Necessario, infine, è il consenso di tutti i soci, accomandatari e accomandanti, per la revoca dell’amministratore nominato nell’atto costitutivo.
Inoltre, il generale divieto di non ingerenza nell’amministrazione è temperato da alcuni riconoscimenti (art. 2329 comma 2 e 3 c.c.); gli accomandati: possono trattare e concludere affari con la società (a mezzo di procura speciale per singoli affari); possono prestare la loro opera (manuale e intellettuale) nella società sotto la direzione degli amministratori e non autonomamente; possono dare autorizzazioni e pareri su determinate operazioni e compiere atti di ispezioni e controllo.
Poi essi hanno diritto ad avere la comunicazione annuale del bilancio e del conto di profitti e perdite; possono controllare l’esattezza degli stessi consultando documenti e libri della società (art. 2320, terzo comma c.c.).
Secondo opinione maggioritaria della dottrina, gli accomandanti concorrono all’approvazione del bilancio e ciò non implica alcuna violazione del divieto di immistione.
Il divieto di immistione degli accomandanti
L’art. 2320 c.c. stabilisce che gli accomandanti non possono compiere atti di amministrazione, né trattare o concludere affari in nome della società, se non con procura speciale per i singoli affari. L’accomandante che non rispetta tale norma assume responsabilità illimitata e solidale verso i terzi per tutte le obbligazioni sociali. Può anche essere escluso dalla società a maggioranza degli altri soci. L’accomandante non può neanche, in linea di principio, agire per la società nei rapporti esterni.
Con riferimento all’amministrazione interna l’accomandante è privo di potere decisionale autonomo in merito alla condotta degli affari sociali; non può decidere da solo alcun atto di impresa, né partecipare alle decisioni degli amministratori o condizionarne l’operato.
Invece, è ammessa la possibilità che i soci accomandanti possano collaborare nell’amministrazione della società sotto le direttive degli accomandatari e in subordinazione rispetto a questi ultimi (art. 2320 secondo comma c.c.).
In relazione all’amministrazione esterna, come già specificato è necessaria un procura speciale per singoli affari; quindi l’accomandante ha più possibilità di avere un ruolo più incisivo. I singoli affari devono essere predeterminati, così da garantire un margine di potere da parte degli accomandatari. Una volta effettuato questo passaggio l’accomandante ha una propria autonomia decisionale, propria del mandatario con rappresentanza.
Tale soggetto, però, non può agire nei confronti di terzi come procuratore generale o istitore. Se viene violata questa disposizione, l’accomandante risponde di fronte a terzi illimitatamente e solidalmente per tutte le obbligazioni sociali imputate alla società.
La società, invece, in relazione agli atti posti in essere dall’accomandante è obbligata solo se quest’ultimo ha agito in base a regolare procura e il suo operato è stato ratificato dagli amministratori.
Rimane fermo l’assunto che l’accomodante che abbia violato il divieto di immistione perde il beneficio della responsabilità limitata e potrà essere esposto anche all’ulteriore sanzione dell’esclusione della società.
Il trasferimento della quota sociale
Qualora l’atto costituivo non disponga nulla il trasferimento, per atto tra vivi, della quota degli accomandatari può avvenire solo con il consenso di tutti i soci (accomandanti e accomandatari). Per la trasmissione mortis causa è necessario, anche, il consenso degli eredi.
Per il trasferimento della quota degli accomandanti mortis causa non è necessario il consenso dei soci superstiti; per il trasferimento per atto tra vivi è necessario il consenso dei soci, sia accomandanti che accomandatari, che rappresentano la maggioranza del capitale sociale, salvo che l’atto non disponga altrimenti.
Lo scioglimento della società
La società in accomandita semplice si scioglie per le stesse cause previste per la società in nome collettivo o anche quando rimangano solo soci accomandati o solo soci accomandatari, sempre che nel termine di sei mesi non sia stato sostituito il socio che è venuto meno, ex art. 2323 c.c.
In questi mesi, se sono venuti meno gli accomandanti, l’attività della società continua normalmente; se sono venuti meno gli accomandatari gli accomandanti nomineranno un amministratore provvisorio che può compiere solo atti di ordinaria amministrazione.
Se nel termine di sei mesi non viene ricostituita la compagine societaria o non inizia il procedimento di liquidazione, l’impresa collettiva si trasformerà, tacitamente, in una collettiva irregolare (sempre che ci siano almeno due soci).
La società in accomandita irregolare
Tale società non ha provveduto a iscrivere l’atto costitutivo nel registro delle imprese. Ciò, come per la società in nome collettivo, non impedisce la nascita della società.
Anche nella società in accomandita irregolare gli accomandanti rispondono limitatamente alla loro quota, salvo che abbiano partecipato alle operazioni sociali, ex art. 2317 secondo comma c.c.
Dalla lettura della norma sembrerebbe che la portata del divieto di immistione sia più ampia e per l’attività esterna sia addirittura assoluto.
Con riferimento alla restante disciplina, invece:
- i creditori sociali possono agire direttamente nei confronti dei soci illimitatamente responsabili e, incombe su questi l’onere di chiedere la preventiva escussione del patrimonio sociale indicando i beni su cui i creditori possono essere soddisfatti
- i creditori particolari del socio possono chiedere in ogni tempo la liquidazione della quota del loro debitore, provando che i beni di questo sono insufficienti a soddisfarli.