società occasionali e tra professionisti
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Le società occasionali e le società tra professionisti

Premessa

I caratteri richiesti dall’art. 2082 c.c. vengono rispettati, nella maggioranza dei casi, all’interno di ogni società; ovvero viene posta in essere un’attività produttiva con metodo economico, con professionalità e organizzazione, finalizzata allo scambio o alla produzione di beni e servizi.

Ciò nonostante l’art. 2247 del codice civile non prevede obbligatoriamente che debba trattarsi di un’attività svolta “professionalmente”, ovvero in via abituale. Infatti, le società possono, in taluni casi, svolgere attività produttiva anche occasionale. Quindi esisterebbe una società senza impresa, cui, quindi, non si applica la disciplina dettata per gli imprenditori.

Sono due i casi di società senza impresa nell’ordinamento: le società occasionali e le società tra professionisti.

Le società occasionali

Generalmente non si ha “né società né impresa” nel momento in cui un affare si concretizza nel compimento di un solo atto economico o di più atti senza che vi sia un coordinamento dei medesimi.

Infatti, se due soggetti vendono insieme una macchina non vi è né società, né attività di impresa. Si ha “sia società sia impresa” se due soggetti realizzano un singolo affare complesso, come la realizzazione di un immobile: in questo caso vi è attività produttiva e creazione di un apparato organizzativo che, appunto, esclude il carattere occasionale e non coordinato dei singoli atti.

Professionalità e “unicità dell’affare” non sono incompatibili; quindi, l’esercizio in comune, in questo caso, dà vita alla società, ma vi è anche impresa.

Ad ogni modo le società occasionali, nella prassi, sono difficilmente configurabili, potendosi molto spesso confondere con società in cui non difetta affatto l’attività di impresa.

Le società tra professionisti

Le professioni intellettuali non appaiano come un’attività imprenditoriale per libera scelta del legislatore: il professionista intellettuale esercita professionalmente un’attività economica organizzata volta alla produzione di un servizio intellettuale. Per tale motivo dovrebbe essere definito un imprenditore; il legislatore italiano, però e a differenza di quanto previsto in altri Paesi e dalla stessa disciplina comunitaria, lo pone su un piano diverso e nega il suo assoggettamento alla normativa in materia di impresa.

Quindi, vi è l’esercizio in comune di attività economica, ma non si può parlare di attività imprenditoriale. Nonostante ciò, il dibattito sulla possibile esistenza delle società fra professionisti ha interessato gran parte della dottrina e della giurisprudenza; tanto che il legislatore è stato più volte “chiamato in causa” per la risoluzione della questione.

Gli art. 2229 e ss., dedicati alle professioni intellettuali, individuano il carattere strettamente “personale” dell’attività del professionista e il coordinamento di sostituti e ausiliari, qualora egli ne abbia; ciò escluderebbe la possibilità di dar vita a una società con altri professionisti. La l.1815/1939 ha sempre previsto la possibilità dei professionisti di associarsi in studi tecnici, legali, commerciali, contabili, amministrativi o tributari, ma anche l’impossibilità di dar vita a diverse “forme di esercizio associato”, ma escludendo direttamente la creazione di società fra professionisti.

Pertanto, per molto tempo vi sono state pronunce di nullità di tali società per violazione di norme imperative, nonché la nullità di tutti i contratti d’opera posti in essere, con l’impossibilità di percepire dei compensi.

Nel 2001 il legislatore ha disciplinato le società fra avvocati e nel 2006 le società tra professionisti per la prestazione di servizi interdisciplinari; manca però un intervento generale.

C’è necessità di distinguere tra le società fra professionisti e gli altri fenomeni associativi che nulla hanno a che vedere con le prime. Vengono individuati alcuni criteri:

  • INCARICO CONGIUNTO: l’assunzione congiunta di un incarico da parte di più professionisti non implica un esercizio in comune di attività economica. I professionisti si impegnano personalmente a realizzare una prestazione con distinte attività professionali e non un’unica attività in comune e percepiscono tra l’altro due compensi magari differenti;
  • SOCIETA’ DI MEZZI: differente dalla società tra professionisti è anche il caso delle società di mezzi, ovvero società di “produzione di servizi” (non di attività intellettuali), create da due o più professionisti per condividere strumenti volte alla realizzazione di singole attività svolte, ma che non contemplano una gestione unica dell’aspetto professionale. È il caso dell’acquisto di macchinari da parte di tre dentisti, strumentali all’esercizio delle tre differenti attività; vi è attività d’impresa commerciale, ma non società tra professionisti;
  • SOCIETA’ DI SERVIZI IMPRENDITORIALI: sono società di servizi composte da un numero elevato di professionisti intellettuali, che realizzano un prodotto complesso di cui le prestazioni intellettuali sono esclusivamente una parte, avendo carattere strumentale (anche in tal caso) rispetto al servizio unitario offerto dalla società. È il caso delle società di engineering, in cui le progettazioni di ingegneria sono una porzione del servizio offerto, che si estende al reperimento dei fondi e alla vendita degli impianti.

Le società fra professionisti intellettuali

Sono società che, a differenza dei fenomeni associativi analizzati, hanno oggetto unico ed esclusivo l’esercizio in comune di un’attività professionale. È tale società ad assumere gli incarichi e ad obbligarsi alla realizzazione di prestazioni intellettuali, agendo tramite i soci, obbligati a loro volta a eseguire la prestazione verso la società. La dottrina distingue tra professioni intellettuali protette, per cui serve l’iscrizione in appositi albi, e professioni non protette per cui non serve nessuna iscrizione. E ancora la stessa dottrina specifica la possibilità per gli esercenti professioni non protette di creare società fra professionisti (è il caso di una società di agenti pubblicitari) e l’impossibilità di creare società altri professionisti, perché la legge 1815 del 1939 attribuiva solo ad essi la disciplina del contratto d’opera intellettuale, contenente il principio della personalità della prestazione.

Infatti, la creazione di un ente impersonale a cui imputare tutti i rapporti giuridici crea automaticamente “spersonalizzazione” delle prestazioni professionali, impedendo che le stesse si riferiscano direttamente ai soci professionisti, che possono sfuggire a qualsiasi forma di responsabilità personale e diretta nei confronti dei terzi, data la stipulazione del contratto d’opera con la società e non con i singoli soci.

Tuttavia, comparirono, nel 2001, le società fra avvocati e con la L.183/2011 è stata abrogata completamente la L.1815/1939 così da consentire la creazione di società per l’esercizio di attività professionali.

Quindi, oggi è possibile creare i vecchi “studi professionali”, ma è lecito esercitare in comune professioni protette, optando tra l’altro per qualsiasi modello societario (non più la sola società di persone). A tali società possono, oltretutto partecipare anche “soci non professionisti”, per somministrare prestazioni tecniche o per finalità di investimento.

La legge fissa i requisiti di tali società:

  • PRINCIPIO DI ESLCUSIVITA’ DELL’OGGETTO SOCIALE: l’esercizio di attività professionale da parte dei soci, deve essere l’oggetto esclusivo di tali società;
  • PRINCIPIO DI ESCLUSIVITA’ DELLA PARTECIPAZIONE: il socio di una società tra professionisti non può essere al contempo socio di altra società similare;
  • la denominazione deve indicare “società fra professionisti”;
  • deve osservarsi il codice deontologico del rispettivo ordine (come per gli avvocati e i commercialisti), sia da parte della società che dei singoli soci;
  • PRINCIPIO DI INDIVIDUAZIONE DEL PROFESSIONISTA INCARICATO DELLA PRESTAZIONE: l’utente può chiedere che la prestazione sia eseguita da un determinato socio, altrimenti ne viene designato un altro, la cui scelta viene comunicata per iscritto al cliente. In questo modo, individuando il soggetto lo si rende direttamente responsabile, in solido con la società, per l’inadempimento della prestazione professionale.
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Riferimenti:

  • Campobasso, Diritto delle società, vol. II.

Fonti normative:

  • Artt. 2082, 2229 e 2247 c.c.;
  • L.1815/1939;
  • L.183/2011.