L’ordinamento giuridico
Ogni società, ma anche ogni comunità umana stabile, deve avere un complesso di regole che disciplinino i rapporti tra i soggetti individui (ubi societas, ibi ius) e un sistema di apparati che le facciano osservare.
La cooperazione tra gli uomini fa sì che vengano raggiunti risultati che il singolo soggetto, da solo, non potrebbe perseguire; in questo modo si assicura il soddisfacimento dei bisogni individuali e collettivi.
Non ogni forma di aggregazione umana crea una “societas”; deve costituirsi un gruppo organizzato formato da tre condizioni:
- l’agire dei consociati disciplinato da regole di condotta (così da governare il comportamento che ogni membro del gruppo deve osservare, o da cui deve astenersi, per creare un’ordinata e pacifica convivenza e risolvere i conflitti);
- queste regole devono essere stabilite e attuate da appositi organi (tale compito è affidato in base a precise regole di struttura, di competenza o organizzative);
- che le regole di condotta e quelle di struttura siano osservate (principio di effettività).
Con riferimento all’ultimo punto è bene precisare che è inevitabile che talune regole vengano trasgredite da singoli individui, altre cadano in desuetudine, altre vengano modificate o diversamente interpretate col passar del tempo. Il principio di effettività, però, segna il limite entro il quale un complesso di regole (ordinamento) disciplini un gruppo.
E l’ordinamento giuridico è tale, quindi, se c’è una autorità capace di attuarlo, di farne rispettare le regole. La legittimazione di quell’autorità a creare tali regole si ricava, nei sistemi democratici, dal consenso dei consociati.
Le regole mediante le quali è organizzata una collettività prendono il nome di “diritto”; (dal latino directus) e lo svolgimento della vita sociale costituisce “l’ordinamento giuridico”. Da ciò ne deriva che questa denominazione mette in evidenza la finalità del fenomeno giuridico, ovvero ordinare la società.
L’ordinamento di una collettività è il suo diritto in senso oggettivo; il diritto soggettivo, invece, è la situazione giuridica appartenente ad un determinato individuo (come il diritto di proprietà).
L’ordinamento giuridico dello Stato e la pluralità degli ordinamenti giuridici
Gli uomini creano varie organizzazioni per realizzare fini specifici di differente natura; è il caso di partiti politici, sindacati o organizzazioni culturali. Tali organizzazioni devono essere realizzate in modo pacifico e ordinato.
L’organizzazione politica, con riferimento a queste situazioni, ha dei compiti importanti; i suoi compiti sono ampi, non sono più limitati a garantire l’ordinato svolgimento della vita sociale, l’applicazione delle leggi, la sicurezza contro le minacce, ma si orientano a formare le condizioni per “il pieno sviluppo della persona” (art. 3 Costituzione) promuovendo lo sviluppo sociale ed erogando servizi (il c.d. stato sociale). Essa interviene anche nella vita economica.
Le società politiche hanno assunto forme diverse nella storia: dalle comunità primitive alle tribù nomadi, dalla polis agli imperi, dalla società feudale ai regni. Oggi è centrale la nozione di Stato; ovvero una certa comunità di individui (i cittadini di quello Stato), stanziata in un certo territorio, sul quale c’è la sovranità dello Stato. Il sistema di tale Stato è l’ordinamento giuridico.
Il diritto privato studia il diritto dell’ordinamento italiano; un ordinamento giuridico si dice originario quando la sua organizzazione non è soggetta a un controllo di validità da parte di un’altra entità.
Nel nostro Stato esistono una pluralità di ordinamenti giuridici come nel caso degli ordinamenti sportivi.
Gli ordinamenti sovranazionali. L’Unione Europea
Con riferimento alla questione dell’ordinamento giuridico anche la partecipazione dell’Italia alla comunità internazionale è fondamentale. Si tratta infatti di una intensa collaborazione fra gli Stati per il mantenimento della pace e la diffusione dello sviluppo economico.
L’art. 10 della Costituzione sottolinea il principio per cui “l’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute“. Il diritto internazionale, è l’insieme di regole che disciplinano i rapporti fra gli Stati (che sono sovrani e non riconoscono superiori autorità); ha fonte essenzialmente consuetudinaria, ovvero trae origine dalla prassi delle relazioni tra gli Stati, o pattizia, ossia nasce da accordi di carattere bilaterale o plurilaterale che ogni Stato stringe con altri e che si impegna a rispettare.
L’art. 11 della Costituzione stabilisce che l’Italia “consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo“. Il principio è fondamentale perché rende ammissibile la sottoposizione dello Stato alle norme di un’organizzazione sovranazionale, con una limitazione della “sovranità” dello Stato. Quest’ultima è ammessa dalla Costituzione stessa per favorire la pace e purché gli altri Stati si sottopongano ad identiche limitazioni della propria sovranità.
La norma, infatti, ha avuto rilevanza in considerazione della partecipazione dell’Italia all’Organizzazione delle Nazioni Unite e ai fini del contributo della medesima al processo di unificazione dell’Europa. L’adesione dell’Italia alle Comunità Europee ha implicato l’accettazione di limiti alla sovranità dello Stato.
Il processo di “integrazione europea” è stato lungo e difficoltoso; l’Unione europea ha posto le basi per l’unione economica e monetaria dell’Unione europea, ma anche per l’estensione delle politiche comuni ben oltre l’originario ambito della Comunità Europea.
I principi fondamentali dell’Unione, oltre i profili organizzativi, sono contenuti nei vari trattati (tra cui quello di Nizza del 2000).
La Carta di Nizza non va confusa con la CEDU (Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali), che è un trattato internazionale del 1950 dai paesi aderenti al Consiglio d’Europa, che predispone un sistema di tutela internazionale dei diritti dell’uomo, dando la possibilità ai singoli soggetti di invocare il controllo giudiziario sul rispetto dei loro diritti rivolgendosi alla Corte europea dei diritti dell’uomo.