Rappresentanza dei lavoratori e rappresentanza del sindacato. Cenni storici
La presenza delle azioni sindacali nei luoghi di lavoro è fondamentale in quanto sussiste la contrapposizione tra prestatori di lavoro e datori (un tempo si sarebbe parlato di differenza tra capitale e lavoro). Questa presenza ha varie forme di espressione; ad esempio nella coalizione occasionale spontanea di un gruppo di lavoratori costituitosi per una specifica e circoscritta vicenda o nel sindacato strutturato. In alcuni casi è stata fatta distinzione tra rappresentanza dei lavoratori e rappresentanza sindacale dove quest’ultima, tramite l’aggettivo sindacale, viene correlata a una stabile struttura (infatti si fa riferimento a qualsiasi esperienza e tutela dei lavoratori in condizione di debolezza socio-economica).
I due principali modelli di rappresentanza in azienda sono: il modello a canale unico e il modello a doppio canale. Il primo si caratterizza per la presenza di un’unica struttura organizzativa di rappresentanza di tutti lavoratori in azienda, cui sono attribuite l’insieme di attività di tutela dei lavoratori, sia quelle partecipative (ovvero l’informazione e la consultazione) sia quelle di contrattazione. Il secondo modello, a doppio canale, è diffuso in molti paesi europei e vede la contestuale presenza di due strutture: una associativa, in quanto articolazione di specifici sindacati, e l’altra di diretta espressione di lavoratori, normalmente di origine elettiva.
In Italia è prevalente il modello a canale unico.
La storia della rappresentanza dei lavoratori nei luoghi di lavoro inizia con la costituzione delle commissioni interne. Tale organismo è previsto e disciplinato dalla contrattazione collettiva, verrà poi soppresso durante il periodo corporativo. Esse, per un breve periodo, ebbero anche dei poteri contrattuali.
Furono scarsi i successivi tentativi, soprattutto da parte della CISL, di costituire in azienda organismi di diretta filiazione associativa, le sezioni sindacali aziendali (SAS). A un certo punto presero vita i delegati, rappresentanti di gruppi omogenei di lavoratori dell’azienda, e i consigli dei delegati, anche denominati consigli di fabbrica. Essi posero fino all’esperienza delle commissioni interne. Le grandi confederazione si trovano dinnanzi a nuovi organismi sorti dopo accese polemiche.
Statuto dei lavoratori e rappresentanza sindacale aziendale
Lo Statuto dei lavoratori supportò normativamente la presenza e l’attività del sindacato nei luoghi di lavoro. Esso voleva sottolineare il dialogo con le associazioni sindacali riconosciute a livello nazionale, principalmente le storiche confederazioni CGIL CISL e UIL.
L’articolo 19 dello Statuto prevede l’istituzione di rappresentanza nei luoghi di lavoro, ovvero le rappresentanze sindacali aziendali (RSA). Ad esse vengono assegnate funzioni e prerogative particolarmente rilevanti, ossia i diritti sindacali (con il limite delle dimensioni del contesto in cui operano) e, inoltre, vengono individuate con riferimento ad unità produttive con oltre 15 dipendenti (art. 35). Lo Statuto, quindi, introduce un ulteriore livello di tutela sindacale.
Trattasi di una struttura di sostegno del sindacato nei luoghi di lavoro piuttosto che una regolamentare della rappresentanza dei lavoratori. Anziché riaprire la nota e delicata questione di una regolazione del fenomeno sindacale si è ritenuto conveniente operare in questo senso. Ad ogni modo vengono introdotti nello Statuto particolari diritti sindacali volti a rafforzare tale organizzazioni in chiave democratica e il rapporto con le organizzazioni sindacali tramite un costante dialogo. L’obiettivo era quello di dare nuova linfa al sistema sindacale di fatto.
Secondo l’originario testo della norma le RSA potevano essere costituite ad iniziativa dei lavoratori nell’ambito di organizzazione aderenti alle confederazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello nazionale e nell’ambito di altre associazioni sindacali, le quali, pur non aderendo alle predette confederazioni, risultassero firmatarie di contratti collettivi nazionali o provinciali applicati all’unità produttiva in questione.
In tal modo si specificava una rappresentanza storica ed una rappresentanza tecnica.
Rilevanti sono stati gli indici di rappresentatività (che servono a selezionare le confederazioni legittimate a costituire le RSA); essi però non sono stati individuati dal legislatore bensì dalla dottrina. Trattasi ad esempio: del numero degli iscritti, dell’equilibrata presenza di un ampio ventaglio di categorie professionali, della diffusione sul territorio nazionale, dell’esercizio costante dell’attività sindacale nel suo insieme. Tale tipologia di rappresentatività è definita “presunta”.
Il progetto dello Statuto trova conferma e supporto da parte della giurisprudenza anche della Corte Costituzionale, che nel 1974 dichiarò la compatibilità della disposizione (art. 19) tanto con l’articolo 39 che con l’articolo 3 della Costituzione. Ciò nonostante la stessa Corte Costituzionale 1990 pur ribadendo la legittimità costituzionale segnala che i profondi mutamenti dei contesti produttivi e di organizzazione del lavoro devono spingere all’opportunità di dettare nuove regole che garantiscano la possibilità di attribuire i diritti sindacali anche ad altre associazioni sindacali in grado di dimostrare specifici livelli di consenso attraverso una completa incisiva azione sindacale (e non solo alle associazioni sindacali maggiormente rappresentative).
La Corte era ben consapevole della crisi di rappresentatività delle grandi confederazioni maturata negli anni.
Proprio per tale motivo nel 1995 ci fu il referendum sull’articolo 19 e la norma viene completamente riformulata. Viene eliminato il criterio della maggiore rappresentatività confederale. In più viene esteso anche ai contratti collettivi di livello aziendale la possibilità di stipula dei contratti collettivi; quindi viene cancellato l’aggettivo nazionale o provinciale. Si rompe il monopolio dei sindacati confederali favorendo l’intervento di una rappresentatività verificata attraverso il dato tecnico della firma di contratto.
Quindi la norma assume la più generica caratteristica di normativa a sostegno del sindacato firmatario del contratto collettivo di questo o di quel livello applicato nell’unità produttiva. Nonostante ciò dopo il referendum ci si concentra sul rischio conseguente all’allargamento a livello aziendale della contrattazione collettiva che secondo alcuni rimetterebbe al datore l’individuazione della controparte con cui firmare il contratto e quindi di fatto il potere di accreditamento delle RSA. La consulta non accoglie questi dubbi e rigetto la questione di costituzionalità (sentenza 244 del 1996).
Con la sentenza 231 del 2013 originata dalla cruciale sentenza riguardante la FIAT la Consulta accoglie i dubbi di legittimità costituzionale, per contrasto con gli articoli 23 e 39 della Costituzione, pronunciando una sentenza additiva che salva la norma ma ne modifica il contenuto e la portata.
La Corte dichiara l’illegittimità dell’articolo 19 “nella parte in cui non prevede che la rappresentanza sindacale aziendale possa essere costituita anche nell’ambito di associazioni sindacali che, pur non firmatarie dei contratti collettivi applicati nell’unità produttiva, abbiano comunque partecipato alla negoziazione relativa agli stessi contratti quali rappresentanti dei lavoratori dell’azienda”.
In tal modo definitiva e decisiva è la mera partecipazione all’attività negoziale indipendentemente dalla successiva sottoscrizione del contratto.
Autonomia collettiva e rappresentanze sindacali unitarie.
Le difficoltà incontrate dalle grandi confederazioni sindacali e la modifica referendaria dell’articolo 19 portarono ad una riforma della rappresentanza sui luoghi di lavoro. Tale riforma è stata fatta ad opera delle stesse confederazioni. L’autonomia collettiva ha dato luogo a un nuovo modello di rappresentanza nei luoghi di lavoro, così da coniugare l’azione sindacale con l’esigenza di mantenere saldo il raccordo con le grandi confederazioni nel sistema di contrattazione collettiva. Si formarono le RSU rappresentanze sindacali unitarie.
Le RSU hanno fonte negoziale e non hanno prodotto l’abrogazione delle RSA di origine legislativa. Le parti hanno espressamente regolato la possibile concorrenza o il conflitto tra i due modelli prevedendo che la scelta del modello RSU comporta la rinuncia dell’RSA (le organizzazioni sindacali aderenti all’accordo intersindacale istitutivo delle RSU rinunciano a costituire RSA, ex art. 19 St. Lav).
Questo significa anche che, in teoria, potrebbero coesistere RSU e RSA in un’azienda che non aderisce al modello RSU previsto dall’art. 19 dello Statuto dei lavoratori.
È, poi, sempre possibile costituirsi una propria rappresentanza in azienda senza usufruire delle prerogative di RSA e RSU.
Ci sono ulteriori differenze oltre la natura contrattuale e non legislativa delle RSU rispetto alle RSA: la previsione della unicità dell’organismo per ciascuna unità produttiva, (sempre nelle unità produttive con oltre 15 dipendenti) rispetto alla pluralità nella RSA e la natura elettiva.
Per quanto riguarda le elezioni (suffragio universale e voto segreto) l’elettorato attivo è costituito da tutti i lavoratori dell’unità produttiva, quello passivo dai candidati di cui alle liste prestabilite e presentabili: dalle associazioni sindacali aderenti alle confederazioni firmatarie dell’accordo interconfederale istitutivo e da altre associazioni sindacali formalmente costituite con atto costitutivo e statuto che (oltre ad accettare i contenuti del t.u. del 2014) raccolgono un certo numero di adesione dei lavoratori dell’unità produttiva.
Per quanto riguarda l’assegnazione dei seggi essa viene fatta con un metodo proporzionale ai voti ricevuti. La RSU approva il contratto collettivo a maggioranza dei componenti.
In quanto alla natura, la RSU è vicino al canale unico di rappresentanza sui luoghi di lavoro coniuga la matrice elettiva con quella associativa.
Le rappresentanze sindacali nel lavoro pubblico
Nel settore pubblico, in linea di principio trovano applicazione le regole del diritto privato, ma ci sono alcune differenze. Ad esempio nelle pubbliche amministrazioni è possibile dar vita a due differenti strutture rappresentative ma entrambe previste per legge.
È il decreto legislativo 165 del 2001 a prevedere la costituzione di una RSA o di un organismo di rappresentanza unitaria del personale.
In merito al RSA, pur richiamando l’articolo 19 dello Statuto, in realtà è prevista una disciplina differente. Ad esempio per la loro costituzione sono legittimate soltanto le organizzazioni ammesse alla trattativa per la sottoscrizione dei contratti collettivi nazionali e che hanno il requisito del 5% come media tra il dato elettorale e il dato associativo. Le RSU sono attuate e costituite nelle amministrazioni con oltre 15 dipendenti.
Per i poteri all’RSU gli vengono trasferiti diritti e prerogative sindacali delle RSA, nonché gli è attribuita la titolarità dei diritti di partecipazione.
I diritti sindacali ex titolo III dello Statuto dei lavoratori
I diritti sindacali sono attribuiti alle RSA e alle RSU.
Il titolo III dello Statuto dei lavoratori supporta la presenza sindacale in azienda nel quotidiano evolversi delle relazioni con la controparte datoriale. La funzione dei diritti sindacali è quella di individuare, in chiave democratica, il rafforzamento del dialogo tra lavoratori e sindacati.
L’assemblea è il luogo nel quale i singoli partecipano alle decisioni e contribuiscono collettivamente alla formazione delle scelte delle azioni sindacali, anzitutto con riferimento alle strategie contrattuali.
In base all’articolo 20 dello Statuto i lavoratori di ciascuna unità produttiva hanno diritto di riunirsi in assemblea nell’unità presso la quale prestano la propria attività fuori dall’orario di lavoro o nei limiti di 10 ore annue, per le quali ricevono regolarmente la retribuzione, durante l’orario di lavoro, salvo migliori condizioni stabilite dalla contrattazione collettiva.
Essa è indetta singolarmente o congiuntamente dalla RSA alla quale spetta l’atto di impulso.
Qualora nell’unità produttiva ci sia una RSU il diritto alla indizione dell’assemblea è di quest’ultima.
L’assemblea deve avere ad oggetto materie di interesse sindacale e del lavoro ovvero qualsiasi argomento ritenuto rilevante dei medesimi lavoratori. Trattandosi di diritto potestativo dei lavoratori, il datore di lavoro deve sottostarvi e non può entrare nel merito della scelta né può partecipare all’assemblea, a meno che non sia stato invitato.
L’articolo 21 impone al datore di consentire in ambito aziendale lo svolgimento di referendum che, differenza dell’assemblea, deve aver luogo fuori dall’orario di lavoro e su iniziativa congiunta di tutte le RSA con diritto di partecipazione dei lavoratori dell’unità produttiva o che appartengono alla categoria interessata dalla consultazione.
Inoltre l’articolo 22 dello Statuto dei Lavoratori prevede che il trasferimento dall’unità produttiva dei dirigenti delle rappresentanze sindacali aziendali può essere disposto solo previo nulla osta delle associazioni di appartenenza. Ai dirigenti sono equiparati i candidati e i membri delle ormai desuete commissioni interne.
Tale previsione è finalizzata a garantire il libero e incontrastato esercizio dell’attività sindacale nei luoghi di lavoro.
Ai dirigenti delle RSA sono riconosciuti permessi retribuiti per l’espletamento del loro mandato. Per l’esercizio del loro diritto è richiesta una comunicazione scritta al datore di lavoro che deve essere trasmessa 24 ore prima, attraverso la rappresentanza sindacale aziendale.
Viene riconosciuto il diritto a permessi non retribuiti per partecipare a trattative sindacali o a congressi e convegni di natura sindacale in misura non inferiore a 8 giorni all’anno.
Le RSA hanno anche diritto, in base all’articolo 25, di affiggere pubblicazioni, testi e comunicati inerenti a materie di interesse sindacale e del lavoro in appositi spazi che il datore di lavoro è obbligato a predisporre, in luoghi accessibili a tutti i lavoratori all’interno dell’unità produttiva.
Il datore di lavoro può opporre come limite all’esercizio del diritto di affissione solo la necessaria provenienza del materiale dalle RSA, ma non ha il diritto di impedire le affissioni. Il datore può legittimamente spostare in luoghi ugualmente idonei le bacheche già installate.
L’articolo 26 dello statuto dei lavoratori riconosce il diritto dei singoli lavoratori di raccogliere contributi e di svolgere attività di proselitismo all’interno dei luoghi di lavoro purché senza recare pregiudizio al normale svolgimento dell’attività aziendale. Il proselitismo consiste in attività finalizzate ad avvicinare i lavoratori al sindacato e a informarli sulle azioni programmate.
Vi rientra una raccolta delle iscrizioni. Classico esempio di proselitismo è il volantinaggio. La raccolta dei contributi non deve recare pregiudizio alla normale attività aziendale. Nelle unità produttive con almeno 200 dipendenti il datore di lavoro deve mettere permanentemente a disposizione delle RSA un idoneo locale all’interno dell’unità produttiva o nelle immediate vicinanze di essa.