responsabilità patrimoniale del debitore e cause legittime di prelazione
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Responsabilità patrimoniale del debitore e cause di prelazione

Nozione

Qualora il debitore non adempia la prestazione dovuta, il creditore, previa verifica giudiziale dell’inadempimento, può avviare un processo esecutivo sui beni del debitore, facendoli espropriare secondo le regole dettate dal codice di procedura civile (art. 2910 c.c.).

In alcuni casi il creditore può ottenere l’esecuzione forzata del proprio credito in forma specifica (artt. 605 ss. c.p.c.), come nel caso di obbligo di consegna di un bene determinato (art. 2930 c.c.), obbligo di fare fungibile (art. 2931 c.c.), obbligo di concludere un contratto (art. 2932 c.c.) o obbligo di non fare, qualora la violazione si sia tradotta nella realizzazione di un’opera (art. 2933 c.c.).

Il caso più frequente è quello della sentenza che condanna il debitore al pagamento di una somma di denaro, sia che questa costituisca l’oggetto della prestazione originariamente dovuta, sia che rappresenti la liquidazione del risarcimento del danno per inadempimento. Se la sentenza è esecutiva attribuisce al creditore il diritto di promuovere l’espropriazione dei beni del debitore, cioè il diritto di farli vendere giudizialmente per soddisfarsi sul ricavato.

Tutti i beni del debitore, di cui lo stesso risulti titolare al momento dell’inizio dell’esecuzione, anche se acquistati successivamente al sorgere dell’obbligazione, possono essere espropriati dal creditore. Questo è il principio stabilito dall’art. 2740 c.c., secondo cui “il debitore risponde dell’adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri”.

Quindi, l’intero patrimonio del debitore costituisce una sorta di garanzia generica del creditore. Tuttavia, se un bene fuoriesce dal patrimonio del debitore, ad esempio, perché viene venduto, il creditore non ha più diritto di sottoporlo ad azione esecutiva.

In linea generale, ciascun soggetto dispone di un unico patrimonio su cui possono rifarsi tutti indistintamente i suoi creditori. Tuttavia, la legislazione più recente ha introdotto con crescente frequenza la possibilità che alcuni cespiti o categorie di cespiti, pur continuando a far capo ad un medesimo soggetto, siano costituiti come “patrimonio separato” rispetto agli altri cespiti facenti parte del residuo patrimonio dello soggetto stesso. Sui cespiti inclusi in tale patrimonio (ad es. sui beni costituiti in fondo patrimoniale, artt. 167 e seguenti c.c.) possono esercitare azione esecutiva esclusivamente i creditori indicati dalla legge (nel caso del fondo patrimoniale, soltanto i creditori che avevano ragione di ritenere che il debito fosse contratto per soddisfare bisogni familiari: art. 170 c.c.); mentre gli altri creditori possono rivolgersi esclusivamente al patrimonio residuo del debitore.

Il principio stabilito dall’art. 2740, comma 1, c.c. trova inoltre eccezione, in considerazione della loro natura o funzione, con riferimento a taluni beni (si pensi, ad es., ai vestiti, alla biancheria, al tavolo per la consumazione dei pasti, ecc.), che sono sottratti all’espropriazione: c.d. beni impignorabili (artt. 514 ss. c.p.c.).

Concorso di creditori e cause legittime di prelazione

Se più creditori intervengono tempestivamente nella procedura esecutiva, ciascuno ha diritto a soddisfarsi in egual misura sul ricavato della vendita dei beni del debitore (art. 2741 c.c.) c.d. par condicio creditorum. Ad esempio, se un creditore vanta un credito di 100 e un altro di 50, ma il ricavato della vendita dei beni del debitore è di soli 135, entrambi subiscono una riduzione proporzionale del 10%: il primo riceverà 90, il secondo 45.

Tuttavia, ad alcuni creditori la legge assicura il soddisfacimento a preferenza degli altri, riconoscendo loro una c.d. “causa legittima di prelazione”. Riprendendo l’esempio precedente, se il creditore di 100 vanta una causa legittima di prelazione, egli riceverà 100, mentre il creditore di 50 dovrà accontentarsi dei 35 residui.

Sono cause legittime di prelazione:

  • i privilegi (artt. 2745-2783-bis c.c.);
  • il pegno (artt. 2784-2807 c.c.);
  • l’ipoteca (artt. 2808-2899 c.c.).

Quando il bene su cui grava il diritto di prelazione perisce, il creditore perde la possibilità di esercitare tale diritto.

Tuttavia, le somme eventualmente dovute dagli assicuratori a titolo di indennizzo per la perdita o il deterioramento del bene sono soggette alla surrogazione reale, ossia vincolate al pagamento dei crediti assistiti da privilegio, pegno o ipoteca, secondo l’ordine di preferenza a ciascuno spettante, salvo che vengano impiegate per riparare la perdita o il deterioramento del bene stesso (art. 2742 c.c.). Peraltro, il  credito all’indennità non si trasferisce in capo al creditore munito di cause di prelazione; quest’ultimo, per ottenere il relativo pagamento, potrà agire nei confronti dell’assicuratore solo in via surrogatoria (Cass. 14 febbraio 2013, n. 3655).

Derogano al principio della par condicio creditorum anche le sempre più frequenti ipotesi di postergazione di taluni crediti rispetto ad altri, per cui i crediti postergati possono essere soddisfatti solo dopo quelli di rango superiore.

Il privilegio

Il privilegio è la preferenza che la legge attribuisce a determinati crediti in virtù della causa che li ha originati (art. 2745 c.c.). In altre parole. il legislatore considera alcuni crediti (c.d. crediti privilegiati) meritevoli di speciale tutela in ragione delle motivazioni che ne hanno determinato il sorgere, e prevede che, nella distribuzione del ricavato dalla vendita forzata dei beni gravati da privilegio, essi debbano essere soddisfatti prioritariamente rispetto agli altri crediti (c.d. crediti chirografari).

La costituzione del privilegio non necessita di accordi tra le parti né particolari forme di pubblicità (art. 2745 c.c.): il credito nasce privilegiato, perché così vuole il legislatore.

Infatti, la valutazione circa l’opportunità di preferire determinati crediti rispetto ad altri è rimessa esclusivamente al legislatore. Di conseguenza, le disposizioni in materia di privilegi possono essere oggetto di interpretazione estensiva (Cass. 12 agosto 2016, n. 17087), ma non di applicazione analogica (Cass., sez. un., 17 maggio 2010, n. 11930; Cass. 17 febbraio 2012, n. 2320); inoltre, il principio di tipicità impedisce alle parti di creare nuovi privilegi oltre quelli previsti dalla legge.

Allo stesso modo, l’ordine di preferenza tra i vari crediti privilegiati è stabilito dalla stessa legge e non dipende dall’anteriorità del credito.

Il privilegio si distingue in generale, gravante su tutti i beni mobili del debitore, e speciale, riferito a determinati beni mobili o immobili (art. 2746 c.c.).

Il privilegio generale costituisce una qualità del credito e non conferisce il diritto di sequela. Pertanto, può essere esercitato, di regola, solo finché i beni mobili fanno parte del patrimonio del debitore (art. 2747, comma 1, c.c.).

Il privilegio speciale, invece, costituisce un diritto reale di garanzia. A differenza del privilegio generale, il privilegio speciale sui beni mobili può esercitarsi anche in pregiudizio dei diritti acquistati dai terzi posteriormente al sorgere del privilegio stesso (art. 2747, comma 2, c.c.).

Tuttavia, in alcuni casi l’esistenza del privilegio dipende dalla permanenza della cosa in un determinato luogo, come nel caso del privilegio sui frutti agricoli, esercitabile finché i frutti restano nel fondo (art. 2757, comma 2, c.c.), o dalla materiale disponibilità della stessa da parte del creditore, come accade per il c.d. privilegio possessuale (art. 2756 c.c.).

Viceversa, se la cosa è mobile e il terzo acquirente è in buona fede, secondo l’art. 1153, comma 2, c.c., la proprietà e gli altri diritti si acquistano liberi dai diritti altrui; e, quindi, anche dai privilegi.

In linea generale, il pegno prevale sul privilegio speciale sui mobili, mentre il privilegio speciale sugli immobili è preferito rispetto all’ipoteca (art. 2748 c.c.).

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Riferimenti:

  • Torrente, Schlesinger, Manuale di diritto privato, Giuffrè, XXV ed.

Fonti normative:

  • Art. 167 c.c. ;
  • art. 170 c.c. ;
  • art. 514 e ss. c.p.c. ;
  • art. 605 e ss. c.p.c. ;
  • art. 1024 c.c. ;
  • art. 1103 c.c. ;
  • art. 1108, commi 3 e 4, c.c. ;
  • art. 1153, comma 2, c.c. ;
  • art. 1350 c.c. ;
  • art. 1851 c.c. ;
  • art. 1936 c.c. ;
  • art. 2650, comma 3, c.c. ;
  • art. 2740, comma 1, c.c. ;
  • artt. 2741-2743 c.c. ;
  • artt. 2744 c.c. ;
  • art. 2745-2783-bis c.c. ;
  • art. 2784-2807 c.c. ;
  • artt. 2792-2794 c.c. ;
  • art. 2796 c.c. ;
  • art. 2798 c.c. ;
  • art. 2800 c.c. ;
  • art. 2808-2899 c.c. ;
  • artt. 2910-2911 c.c. ;
  • artt. 2930-2933 c.c.