Nell’ambito del diritto privato viene individuato un complesso di norme rivolte al soggetto imprenditore, ovvero a colui che esercita professionalmente un’attività economica organizzata finalizzata alla produzione e allo scambio dei beni e dei servizi.
È la stessa nostra Costituzione a riconoscere la proprietà privata e la libertà di iniziativa economica (artt. 42 e 41), così da individuare un modello di sviluppo economico basato sull’economia di mercato.
Pertanto, i singoli possono dedicarsi alla produzione e alla distribuzione di ciò che potrebbe servire alla collettività in un sistema basato sulla convivenza di più operatori economici. Quindi l’attività imprenditoriale è il fulcro dello sviluppo economico.
Il diritto commerciale odierno non è solo il diritto del commercio e dei commercianti; esso riguarda anche tutte le altre imprese, come quelle industriali, bancarie e assicurative.
L’evoluzione storica del diritto commerciale
Un vero e proprio sistema organico di diritto commerciale viene fatto risalire al basso Medioevo, momento in cui tramonta il sistema feudale. Pian piano le città si popolano e si organizzano in veri e propri Comuni, cresce il mercato e l’economia di scambio. Artigiani e mercanti si organizzano in associazioni definite: Corporazioni di Arti e Mestieri. Nasce così il diritto commerciale: un diritto dei mercanti, ben distinto dal diritto comune ovvero il diritto romano e il diritto canonico. Il sistema
giuridico romano (ius civile) non ricomprendeva, infatti, norme organiche volte alla regolamentazione dell’attività commerciale (ius mercatorum).
Il diritto dei mercanti trova la propria espansione anche grazie alle nuove scoperte geografiche che si sono susseguite nel tempo.
Si realizza così una vera e propria rivoluzione commerciale.
Le controversie tra mercanti venivano risolte da appositi organi di giustizia (i consoli) formati proprio all’interno delle Corporazioni. Tali organi decidevano secondo equità e regole consuetudinarie.
E proprio tali regole venivano trasfuse negli Statuti delle Corporazioni e la loro applicazione veniva man mano estesa a tutti coloro che esercitano la mercatura, anche se non iscritti nei ruoli delle Corporazioni.
Nascono, poi, alcuni nuovi contratti (come il contratto di cambio, antecedente della cambiale), nuovi istituti (come le scritture contabili) e la procedura fallimentare (tipico modo di definizione del dissesto dei mercanti).
Tale diritto, speciale, viene definito nelle sue linee essenziali. Vengono, infatti, individuate le fonti del primo diritto commerciale e gli organi di giustizia, entrambi ben distinti da quelli di diritto comune. (specialità formale) e vengono disciplinati i singoli atti mercantili nonchè l’intera attività mercantile
(specialità sostanziale). Un diritto definito anche “di classe” in quanto espressione del ceto mercantile e dell’autonomia corporativa.
La fine dell’autonomia normativa delle Corporazioni mercantili si ebbe con la formazione degli Stati monarchici e con l’affermarsi della loro politica interventista. Il diritto commerciale diventa statale e
nazionale. La prima legislazione organica, a carattere nazionale, ci fu con le ordinanze francesi del 1673 sul commercio di Luigi XIV.
Quindi l’attività economica diventa uno strumento di accrescimento dello Stato. Ed è proprio in tale contesto che nascono le società per azioni e le borse valori.
Sulla base di queste premesse nasce la codificazione dell’Italia unificata. Secondo il prototipo francese vengono emanati due distinti codici: il codice civile del 1865 e il codice del commercio del 1882.
Una concreta manifestazione di tale distinzione fu l’istituzione, con il R.D. 5 dicembre 1865, n. 2626,
dei tribunali di commercio, particolari organi che giudicavano in prima istanza e in appello le cause di natura commerciale. Furono, poi, soppressi con l’intento di unificare la giurisdizione commerciale a quella civile.
Il codice del commercio regolava gli atti di commercio e l’attività dei commercianti e compiva un decisivo ampliamento della sfera di applicazione dei principi di diritto commerciale. La rivoluzione industriale, infatti, poneva al centro della vita economica la produzione industriale di massa e non più la produzione artigianale.
In relazione ai singoli atti negoziali che possono essere compiuti e ai loro effetti, la materia è, però, disciplinata sia dal codice di diritto privato sia dal codice di diritto commerciale (è il caso della vendita o del mandato).
Il sistema dualistico, codice civile e codice di commercio, termina con l’entrata in vigore del codice civile del 1942, unico codice che si sostituisce al codice civile del 1865 e al codice del commercio del 1862.
La figura del commerciante scompare e la disciplina delle attività commerciali ruota intorno alla figura
dell’imprenditore commerciale. Viene così delineata la nozione generale e unitaria di imprenditore (art.2082 c.c.) che ricomprende anche quella agricola, artigiana e pubblica e si definisce una disciplina molto ampia dell’“impresa in generale”. Un’ulteriore novità è la scomparsa della distinzione tra atti
civili e atti commerciali, fra obbligazioni civili e obbligazioni commerciali.
Si può quindi parlare, secondo alcuni, di un diritto privato (speciale) delle imprese.
Il diritto commerciale odierno
Dal 1942 ad oggi il quadro legislativo, ma anche sociale, è molto cambiato. Tra le fonti odierne del diritto commerciale, infatti, possiamo ritrovare (oltre al codice civile vigente) anche la Costituzione repubblicana del 1948. La Carta fondamentale ha ribadito la libertà di iniziativa economica privata (art.41, 1 comma), la tutela e lo sviluppo dell’artigianato, la tutela del risparmio e molti altri aspetti fondamentali della disciplina.
Nel 1990, invece, con l’opera di privatizzazione di alcune imprese pubbliche è cambiato l’assetto e gli interessi da tutelare; è il caso dei consumatori, dei risparmiatori e della collettività in generale.
Ancora più forte è stata l’esigenza di una uniformità sovranazionale del diritto commerciale. Il processo diventa particolarmente significativo dopo la seconda guerra mondiale con l’inserimento nel nostro paese nella Comunità Europea. I trattati comunitari tendono, infatti, a garantire un sistema antimonopolista rivolto alla tutela della libera concorrenza nel mercato comune. Tale obiettivo si realizza con l’individuazione di appositi organi, come la Commissione, il Tribunale di primo grado e la Corte di Giustizia.
Un ruolo fondamentale lo ha anche il diritto consuetudinario internazionale volto alla globalizzazione dei mercati.