udienza di prima comparizione
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Udienza di prima comparizione e trattazione della causa

La verifica della regolarità del rapporto processuale e della procedibilità della domanda

L’articolo 183 c.p.c. descrive la cosiddetta udienza di prima comparizione e trattazione della causa.
All’udienza fissata per la prima comparizione delle parti e la trattazione, il giudice istruttore verifica d’ufficio la regolarità del contraddittorio e, quando occorre, pronuncia i provvedimenti previsti. Si tratta di provvedimenti relativi alla regolarizzazione dei vizi sanabili. Il giudice verifica se ci sono difetti di rappresentanza della parte.

Una delle attività più importanti imposte al giudice è quella richiamata dall’articolo 182 c.p.c, vale a dire verificare d’ufficio la regolarità della costituzione delle parti. Quando, infatti, rileva un vizio di rappresentanza o di assistenza o di autorizzazione il giudice deve adoperarsi per far sì che a questo si possa rimediare. In tal caso assegna le parti un termine perentorio per la costituzione della persona alla quale spetta la rappresentanza o l’assistenza. Quando pronuncia tali provvedimenti il giudice fissa una nuova udienza di trattazione. Se invece il rapporto processuale appare regolare l’udienza assume la funzione di prima udienza di trattazione della causa.

Per le controversie in materia di mediazione, la trattazione della causa è subordinata alla previa verifica, da parte del giudice istruttore, dell’esperimento del procedimento di mediazione. Se verifica che il tentativo non è stato eseguito il giudice fissa il termine di 15 giorni per il deposito della domanda di mediazione e rinvia direttamente a una successiva udienza da tenersi dopo la scadenza del termine di tre mesi. Se non si rispetta il rinvio alla mediazione il procedimento non può entrare nel merito della causa. Ove rilevi che la mediazione è già iniziata, ma non si è conclusa, il giudice rinvia l’udienza a data successiva alla scadenza del termine di durata massima del procedimento di mediazione, tre mesi. In caso di esito positivo dell’esperimento di mediazione il verbale di accordo chiude la controversia e costituisce titolo esecutivo e nessuno si presenterà all’udienza fissata ad hoc dando luogo all’estinzione del processo.

La trattazione della causa davanti al giudice istruttore è orale, tale principio di oralità è temperato da numerose previsioni che prevedono la presentazione di memorie scritte. Il processo può svolgersi in più udienze oppure se la causa si presenti obiettivamente matura per la decisione e si imponga quindi alle parti la necessità di fissare definitivamente le proprie conclusioni, non c’è da svolgere l’istruzione probatoria.

L’interrogatorio libero e il tentativo di conciliazione

L’articolo 185 al primo comma prescrive che giudice istruttore, in caso di richiesta congiunta, fissa l’udienza per la comparizione personale delle parti, al fine di interrogarle liberamente e di provocarne la conciliazione. Solo quindi in presenza di richiesta, il giudice è vincolato a fissare l’udienza, ma egli può sempre discrezionalmente decidere di interrogare le parti liberamente. Tale interrogatorio è detto libero perché lo si contrappone al cosiddetto interrogatorio formale che è un mezzo di prova volto ad ottenere la confessione della parte. È un espediente volto al chiarimento dello stato dei fatti e delle posizioni delle parti.

L’articolo 185 prosegue prescrivendo che, disposta la comparizione personale, le parti hanno la facoltà di farsi rappresentare da un procuratore generale o speciale il quale deve essere a conoscenza dei fatti della causa. La procura deve essere conferita con atto pubblico o scrittura privata autenticata e dare attribuzione al procuratore del potere di conciliare o transigere la controversia. Tale conciliazione giudiziale trova spazio dove si tratti di diritti disponibili. La conciliazione effettuata davanti al giudice non è atto processuale in senso stretto, ma atto negoziale; ha riflessi però sulla prosecuzione del processo stesso. Quando la conciliazione riesce assuma il valore particolare del titolo esecutivo, c’è la cessazione della materia del contendere.

Il giudice anche in sede di giudizio d’appello, valutata la materia della causa, lo stato dell’istruzione e il comportamento delle parti può disporre l’esperimento di mediazione. L’esperimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale anche in sede di appello, il provvedimento è adottato prima dell’udienza di precisazione delle conclusioni o quando tale udienza non è prevista, prima di discutere la causa.

La trattazione della causa

Il giudice richiede alle parti, sulla base dei fatti allegati, i chiarimenti necessari e indica le questioni rilevabili d’ufficio delle quali ritiene opportuna la trattazione. Lo scopo delle indicazioni alle parti delle questioni rilevabili d’ufficio è quello di tutelare il principio del contraddittorio.

Se il giudice ritiene di porre a fondamento della decisione una questione rilevata d’ufficio, il giudice riserva la decisione, assegnando alle parti, a pena di nullità, un termine non inferiore a 20 giorni e non superiore a 40 giorni dalla comunicazione, per il deposito in cancelleria di memoria contenenti asserzioni sulla medesima questione.
Il comma 5 dell’articolo 183 lascia spazio ad ulteriori allegazioni delle parti, sicché la materia del contendere potrà dirsi completata solo al termine dell’udienza.

Si distinguono due tipi di nuove allegazioni possibili: un tipo di allegazioni dipendenti dallo svolgimento dialettico del processo, cioè dall’esigenza di adeguare la propria linea agli sviluppi di quella avversaria e un tipo di allegazioni indipendente dallo svolgimento dialettico, in cui le parti hanno la facoltà di modificare le proprie posizioni indipendentemente dalla posizione assunta dalla controparte.

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Le novità dipendenti dallo svolgimento dialettico del contraddittorio

Al primo tipo di novità appartengono le richieste che l’attore può fare in funzione della domanda riconvenzionale o delle eccezioni sollevate dal convenuto; se sollecitato, il giudice concede alle parti un termine perentorio per proporre le domande e le eccezioni che sono la conseguenza delle domande ed eccezioni già proposte.

L’attore ha iniziato la causa ma l’ultimo a parlare è il convenuto. L’attore però può, altresì, replicare a condizione che le repliche si presentino come conseguenza dell’attività del convenuto, cioè siano dipendenti dalle domande e dalle eccezioni proposte da quest’ultimo. Il quadro si amplia quando l’attore di fronte alla riconvenzionale del convenuto prone una riconvenzionale della riconvenzionale, la cosiddetta reconvenzio reconvenzionis. La sede per la reconventio reconventionis è proprio la prima udienza. Un’altra possibilità per l’attore è che esso può chiamare in giudizio un terzo se la esigenza è sorta dopo le difese del convenuto

Le novità indipendenti dallo svolgimento dialettico del contraddittorio

Le parti possono, inoltre, precisare e modificare le domande, le eccezioni e le conclusioni già formulate. Le parti hanno sempre la possibilità di affinare le loro posizioni: non possono cambiare certo le carte in tavola ma possono rettificare il tiro, cioè adeguare la propria linea difensiva a quanto accaduto nel frattempo. Si possono aggiustare le conclusioni già formulate purché siano appunto già formulate.
La cosiddetta mutatio libelli è la trasformazione della domanda formulata in una diversa azione in giudizio. Essa è vietata in corso di causa. Ad esempio, nel caso di una azione per risarcimento del danno chiesto nel processo con fondamento il difetto del consenso informato, non si può trasformare in azione per risarcimento del danno fondata sulla colpa professionale.

Per modificazione si intende l’introduzione di fatti secondari cioè di fatti complementari ai fatti già indicati negli atti introduttivi. La modificazione, c.d. emendazioni belli, consiste in un aggiustamento della domanda o delle conclusioni ma in un senso più incisivo della precisazione. La precisazione, invece, consiste in una specifica di qualcosa di implicitamente contenuto in quello che si era già detto fino a quel momento. La modificazione mira, d’altro canto, ad attuare lo stesso risultato perseguito ma individuando una via diversa per raggiungerlo. Solo le intervenute modificazioni saranno anche notificate al contumace, non le precisazioni.

I termini per le memorie

Il comma 6 dell’articolo 183 regola la possibilità di concedere un termine (perentorio) alle parti, se chiesto da queste, per svolgere l’attività di integrazione della materia del contendere in un momento successivo.

Tali termini sono:

  • 30 giorni per depositare memorie relative alle sole precisazioni o modificazioni della domanda, eccezioni e conclusioni già proposte;
  • 30 giorni per replicare alle domande ed eccezioni nuove o modificate dall’altra parte, per proporre eccezioni che sono conseguenza della domanda ed eccezioni medesime e per indicare mezzi di prova e produzioni documentali;
  • 20 giorni per le indicazioni di prova contraria.

Gli atti come le memorie devono rispettare la trasmissione telematica. Dietro richiesta di parte il giudice è tenuto a concedere i termini per la presentazione di tali apposite memorie. In merito alla indicazione di nuovi mezzi di prova è permesso alla parte di integrare la propria produzione istruttoria attraverso il deposito di nuovi documenti e la richiesta di nuovi mezzi di prova. Si è visto che citazione e comparsa di risposta devono indicare i mezzi di prova; l’articolo 183 comma 6 conferma però che tali indicazioni non debbano essere fatte a pena di decadenza negli atti introduttivi ma possono ancora essere svolte nel termine perentorio fissato dal giudice su richiesta fatta all’udienza di trattazione.

Il giudice provvede sulle richieste istruttorie fissando l’udienza per l’assunzione dei mezzi di prova ritenuti ammissibili e rilevanti.
Se provvede mediante ordinanza emanata fuori udienza questa deve essere pronunciata entro 30 giorni. Con tale provvedimento la trattazione della causa cambia oggetto, passando dalla fase dell’istruzione cosiddetta preliminare alla fase cosiddetta dell’istruzione probatoria. Si chiude quindi la prima fase del processo. Può essere, inoltre, che ci siano modifiche ulteriori nell’ambito del processo, come ad esempio le sopravvenienze o sentenza dichiaratoria di incostituzionalità.

Nel caso in cui l’ordinanza disponga anche l’ammissione di mezzi di prova d’ufficio, ciascuna parte può dedurre, entro un termine perentorio assegnato dal giudice, con la medesima ordinanza, i mezzi di prova che si rendono necessari in relazione ai primi, nonché depositare memorie di replica nell’ulteriore termine perentorio parimenti assegnato dal giudice che si riserva di provvedere ai sensi del settimo comma dell’articolo 183.

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Fonti normative:

  • Codice civile: art. 182, 183, 185