sequestro nave da parte di Israele
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Operazione navale di Israele: intervista all’Avv. Marco Cundari

Nel contesto delle sempre più frequenti crisi umanitarie e militari che coinvolgono l’area del Medio Oriente, le azioni degli Stati sul mare aperto devono essere valutate non solo alla luce delle circostanze politiche, ma anche — e soprattutto — in base al diritto internazionale.

Il recente caso che ha coinvolto una nave di attivisti diretta verso Gaza con aiuti umanitari, intercettata da forze israeliane mentre si trovava in acque internazionali, ha suscitato forti polemiche e rilanciato il dibattito sulla legittimità di simili interventi.

Un’analisi puntuale della vicenda ci arriva dalle parole dell’Avv. Marco Cundari, intervistato qualche giorno fa dal giornale radio di Radio Popolare. L’avvocato mette in luce la doppia violazione commessa da Israele: sia del diritto internazionale del mare, sia del diritto internazionale umanitario.

Di seguito riportiamo integralmente le parole dell’intervistato, che offrono uno spunto di riflessione giuridica rilevante.

Le parole dell’avvocato

Dal punto di vista proprio del diritto internazionale, non si tratta di un’azione legittima perché la nave degli attivisti si trovava in acque internazionali che, come il diritto internazionale ci insegna, è una sorta di “zona franca”, dove chiaramente ogni Stato, rappresentato dalla bandiera battente sulle varie imbarcazioni, può transitare, può trasportare merci o persone senza ledere, ovviamente, il medesimo diritto degli altri Stati. Quindi, da questo punto di vista certamente l’azione dello Stato di Israele è illegittima.

Il problema reale, però, è che questa operazione presenta una violazione “secondaria”, che però risulta di maggiore importanza rispetto alla prima. 

Cioè: già il non aver consentito a un’imbarcazione di transitare in acque internazionali rappresenta certamente un atto illegittimo, però aggravato dal fatto che questa imbarcazione trasportava attivisti disarmati che portavano degli aiuti umanitari nel territorio di Gaza.

Quindi, questa operazione di Israele non solo viola il diritto internazionale e il diritto della navigazione internazionale, quanto anche il diritto internazionale umanitario che, come ben sappiamo, è molto stringente nelle sue norme e assolutamente non contempla l’ipotesi di intercettazione di aiuti umanitari destinati a popolazioni che ne hanno bisogno: proprio questo rappresenta veramente il cuore del problema di questa operazione”.

 Il primo profilo di illegittimità: la libertà di navigazione

Secondo la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS), le acque internazionali — o “alto mare” — sono aperte a tutti gli Stati, siano essi costieri o privi di sbocco sul mare.

La libertà di navigazione è un principio cardine e non può essere violata da altri Stati, salvo in casi eccezionali previsti dal diritto internazionale (come la repressione della pirateria o il blocco navale in stato di guerra, che richiede tuttavia presupposti molto rigidi).

L’intercettazione di una nave civile in alto mare, non armata e battente bandiera straniera, rappresenta quindi una chiara violazione di questa libertà, a meno che non sussistano prove concrete e riconosciute di comportamenti illeciti secondo il diritto internazionale.

Il secondo e più grave profilo: l’ostruzione agli aiuti umanitari

Alla violazione della libertà di navigazione si aggiunge un elemento più grave, evidenziato chiaramente nell’intervista: l’interferenza con una missione umanitaria.

Il diritto internazionale umanitario, codificato in particolare nelle Convenzioni di Ginevra, tutela l’invio e la distribuzione di aiuti umanitari a popolazioni in stato di necessità. Ogni ostacolo a queste attività, specialmente se perpetrato con l’uso della forza, può configurare una violazione grave e, in certi casi, persino un crimine di guerra.

Se la nave trasportava effettivamente beni di prima necessità per una popolazione civile sotto assedio, l’intervento di Israele non può essere giustificato da esigenze di sicurezza generiche, ma richiederebbe una base giuridica eccezionalmente solida che, in base alle informazioni disponibili, sembra mancare.

Dunque, l’episodio citato non solleva solo interrogativi politici o morali: pone di fronte alla comunità internazionale una vera e propria sfida giuridica. La difesa della legalità internazionale passa anche — e soprattutto — dalla tutela di principi fondamentali come la libertà di navigazione e il rispetto del diritto umanitario.

In tempi di conflitto, è proprio la fermezza del diritto a rappresentare l’ultima difesa contro l’arbitrio. E in questo caso, le parole dell’intervistato ci ricordano che la legittimità delle azioni di uno Stato non può mai essere valutata prescindendo da questi standard internazionali.

 

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